Le interviste della Cri

UNA COLOMBIANA IN GIRO PER IL MONDO IN MOTO CONTRO LA VIOLENZA: LA STORIA DI YANETH.

Ho incontrato Yaneth ad agosto in un campeggio a San Marino, eravamo entrambe in tenda ed in moto. Era impossibile non notarla con la sua Honda CB 500 F tappezzata di adesivi di ogni dove, con i suoi peluches e col suo casco variopinto. Ma allora non conoscevo la sua storia. L'ho riconosciuta casualmente in un post su Facebook poco tempo dopo dove ho letto della motivazione che la stava spingendo a portare un messaggio ben preciso in giro per il mondo. Ecco la sua storia.



Da quanto tempo manchi dal tuo paese?  

Ho lasciato il mio paese a luglio 2016 e da allora non sono più tornata.

Vuoi raccontarmi qual è il messaggio che stai portando in giro per il mondo?  

Il mio messaggio invita a dire no alla violenza sulle donne. Invita, a riconoscere gli uomini che combattono al nostro fianco e che si prendono cura di noi e ci proteggono.
 Invito i padri e le madri a combattere, a implementare il rispetto del genere nei loro figli, perché è lì che risiede la nostra speranza, a non continuare a sostenere l'orribile flagello del femminicidio.  Il femminicidio, che finisce con la vita delle famiglie e di ciascuna vittima, ovviamente.

Invito la società a sostenere coloro che fanno la differenza Invito a non far sparire la parola vittima, perché questo fa sì che la legge non venga rafforzata, che vengano inasprite le condanne per gli aggressori.Vi invito a combattere con la V per vittima, ma anche con la V per Valiente, per continuare a lottare per i nostri diritti.Invito la donna a rinascere dalle proprie ceneri. La mia moto è un omaggio ai bambini vittime di abusi sessuali, che, come me, hanno dovuto vivere, l'inferno degli abusi sessuali. Il mio casco è un omaggio a tutte le donne, vittime di femminicidio che ora sono in paradiso.
Vi invito a porre fine a questa guerra sessista per unirvi in una sola voce.
Invito ogni donna a continuare ad essere femminile, dolce e bella. Perché possiamo lottare per i nostri diritti, solo essendo autentiche. 
Anche se rispetto chi la pensa diversamente, il mio è un invito a cercare insieme la strada che ci permetta di rinascere. 
Parlo della mia storia, ma solo come elemento che dia forza ad altre donne. Il mio discorso principale si concentra sulla forza di ricominciare da capo e la rinascita è l'opzione migliore, nonostante il dolore.

Quali sono i prossimi paesi che ti sei prefissata di visitare, sempre col fine di far arrivare il tuo messaggio? 

 
Ho

visitato 30 paesi e vorrei continuare senza fermarmi, ma la pandemia COVID 19 non può passare inosservata e sta diventando sempre più difficile perché il cerchio si sta chiudendo e il protocollo COVID si fa sempre più duro. La cosa migliore è non lasciare il Paese, perché può rappresentare un rischio altissimo, non solo per la mia vita, ma per quella di tutti.


Hai dovuto fare delle rinunce a causa dell'emergenza sanitaria che tutti abbiamo vissuto?  

Ho dovuto rinunciare a molte cose. Sono uscita da un'esperienza difficile con la mia situazione dei documenti e non ho potuto fare nulla per due anni, fino a quando i miei documenti

non sono finalmente risultati pronti. Quando ho ricominciato dopo due anni, era proprio il giorno in cui è iniziata la quarantena e da lì la mia situazione si è complicata, perché mi mancava l’aria, non potevo rimanere chiusa nello stesso posto.
La mototerapia è il mio progetto principale. Consiste nell'andare avanti, mano nella mano con la teoria, ascoltando esperti in questioni di abusi sessuali e violenze, mentre mi sposto attraverso ogni territorio sulla mia motocicletta colombiana.

Sei in contatto con i tuoi familiari in Colombia, quando pensi di rivederli?  

Siamo sempre in contatto. Ci saremmo visti il 9 aprile, ma la pandemia ha fermato tutto. Non c'è giorno in cui non sogno di rivederli. È molto difficile per me, ogni giorno senza di loro. È quasi invivibile. È un dolore che porto sempre nella mia anima.

Do la colpa alla violenza che ho vissuto, perché mi hanno rubato più di quanto molti credano. Hanno rubato la mia innocenza, anche se non hanno mai rubato la mia purezza. Anche così, è difficile per me andare avanti, perché ho incontrato sulla mia strada esperienze alle quali nessuno crederebbe e conservo solo per me. Ho vissuto cose belle, incredibili, uniche, come in una favola, ma niente e nessuno può togliermi il dolore di non essere con la mia famigliaAvere perso l'opportunità di vedere crescere i miei nipoti e di assistere ai momenti più belli della vita adulta dei miei figli è qualcosa che non riuscirò mai a superare. Nessuno potrà restituirmi il mio tempo e questo mi rende impotente. Non è giusto, perché noi vittime abbiamo il diritto di rinascere e il mondo dovrebbe renderci tutto facile. È giusto. La vita mi ha rubato molto, e anche se Dio mi ha dato così tanto, tanto, gli chiedo, lo prego, di darmi l'opportunità di abbracciare i miei figli, i miei nipoti e tutta la mia famiglia.Vorrei che un giorno qualcuno facesse tutto il necessario per farmi vedere i miei figli. a Ho fatto di tutto, di tutto, ma forse ho bisogno della forza di una società che combatte al mio fianco. Sono molto fortunata e ho avuto quasi tutto quello che ho sognato, ma il mio grande sogno è vederli faccia a faccia. Piango di emozione quando scrivo queste righe.

Come è vista in Italia una donna che viaggia da sola a bordo di una moto? E negli altri paesi che finora hai visitato? 

Il problema non è per lo più territoriale. Perché in tutto il mondo ci sono menti chiuse e sono certa che dipenda anche dal contesto che circonda ogni persona nella sua fase di sviluppo e crescita. Amo l'Italia, ma devo dire che non mi aspettavo che la questione del machismo fosse così di alto livello. La cosa più triste è vedere, come tante volte, la stessa donna accetta e inconsciamente

promuove questi comportamenti. Inizialmente sono stata criticata dalle donne che mi giudicavano. Ho dovuto ascoltare mille volte: arriva la colombiana, sa bene come si guadagna da vivere, viene dalla Colombia, un paese di prostituzione, donne calde ecc. Vengo da un paese pieno di guerrieri e combattenti, vengo da uno dei paesi più belli del mondo, con persone dolci, amorevoli, sincere che, nonostante tanta guerra, vivono con il sorriso ogni giorno. In Italia ho vissuto cose belle, positive, incredibili. Ho goduto di esseri umani fantastici, che mi hanno mostrato la vera bellezza dell'Italia.
In tutto il mondo ci sono belle persone e la cosa più importante è che siamo noi stessi a permettere al negativo di influenzarci. Per questo non mi fermo alle piccole cose e mi allontano da ciò che non mi appartiene, perché preferisco andare alla ricerca di nuovi angeli, che non mi giudichino, che mi aiutino, mi abbraccino, mi regalino momenti unici. Per me il negativo è solo un elemento che mi dà esperienza e mi allena ad amare fortemente il positivo. Per me basta un sorriso sincero. Penso che il mondo sia grande e il tempo sia poco, per questo mi godo ogni minuto, anche con le grandi difficoltà che mi hanno lasciato le violenze sessuali e psicologiche. Voglio alzarmi ogni volta più forte di prima e attrarre solo cose belle.





Cosa vorresti dire alle donne che stanno leggendo in questo momento questo articolo?  

Voglio dire a ogni donna che la capisco. Ho pianto come la tua donna, ho sofferto spietatamente. La depressione è un fantasma che va e viene. L'impotenza di non poter gridare la verità al mondo è orribile, ma ho capito che la cosa più importante è non tacere. Se non abbiamo la forza di denunciare, lo capisco, perché la società è il nostro peggior giudice. Anche così, invito ogni donna a rinascere, a rompere il silenzio,

anche se solo con la sua famiglia e la società vicina. Invito la donna a sorridere, ad essere bella ogni giorno, a capire che l'amore più importante è l'amor proprio. Invito le donne a combattere, in primo luogo, per loro stesse, in secondo luogo, per i propri ideali, in terzo luogo, per tutto ciò che la rende forte, in modo che in seguito possa rafforzare la sua famiglia e coloro che ama. Il nostro corpo è il nostro territorio e nessuno può appropriarsene come oggetto. Siamo figure d'amore, di cura, di vita e questo dovrebbe essere sufficiente per essere rispettato. Combattere contro una società tradizionale non è facile, ma dobbiamo continuare senza dubitare delle nostre capacità. Possiamo muovere il mondo, ma, devo dire che il lavoro più forte che abbiamo è lavorare per non continuare a lottare, contro le stesse donne. Questo è il nostro problema più grande, perché siamo piuttosto conflittuali e negativi con noi donne, con noi stessi. Questo è il problema della nostra lotta. Ci distruggiamo, ci critichiamo, ci giudichiamo tra le donne ed è lì, quando il nostro discorso perde forza e la nostra battaglia si complica. Questo è il problema principale, al quale dobbiamo trovare una soluzione. Non possiamo parlare di giustizia, se siamo nemici delle idee, di un'altra donna.
Non spegniamo la luce di nessuno per accendere la nostra, ma camminiamo mano nella mano con altre donne che hanno bisogno di noi. Niente più egoismo tra di noi. Impariamo ad abbracciare, con sincerità, le idee ei pensieri di un'altra donna, a vedere il positivo in un'altra donna, a vedere la bellezza di una donna e a dirle cose belle ogni giorno. Perché se non ci aiutiamo a vicenda, come possiamo chiedere agli uomini di combattere se vedono che la nostra guerra è spietata?

______________________________________________________________________

ANDREA ED IL GIRO D'ITALIA IN SOLITARIA IN MOTO:  RINASCITA E RIVINCITA DOPO LA MALATTIA.

Ho fatto due chiacchiere con Andrea, 34enne triestino, grande appassionato di sport che si è trovato a combattere, all'età di 30 anni, con una diagnosi che nessuno di noi vorrebbe mai sentire: linfoma. La lotta contro la malattia, la vittoria e la rinascita, anche attraverso un viaggio in solitaria a bordo della sua Transalp lungo tutta la nostra penisola. 



Quando è nata la tua passione per le moto?

Più che passione è stata una scoperta. A parte un Ciao, quando avevo 17 anni, non ho mai avuto altro.
La moto è stata una scoperta nata quasi per caso, in un settembre di 4 anni fa. Avevo bisogno di stimoli
e cose nuove. Iniziai parlandone con gli amici, finché uno mi disse "perché non ti compri una moto?".
Complice un lavoro a 30 minuti di strada da casa ed un appartamento in pieno centro, decisi di cercare
un mezzo agile con cui spostarmi e, perché no, farmi qualche viaggio, essendo io un appassionato dell'avventura. Iniziai a cercare tra i blog e youtube, video, consigli, storie su due ruote, fino a trovare il canale di Gionata Nencini. Non sapevo nulla di moto, ma l'esperienza mi diceva che più semplice è il mezzo e più semplice sarebbe stato fare lunghe percorrenze. Venni stregato dal fatto che qualcuno avesse percorso quasi 300 mila km con una Transalp degli anni 90. La scelta era oramai fatta e comprai un Transalp pure io.

Quale il viaggio più memorabile che hai fatto finora sulle due ruote?

Sicuramente il giro d'Italia su due ruote in solitaria.

Parlami, se vuoi, dell'arrivo della malattia; quanti anni avevi e come te ne sei accorto?

Avevo 30 anni ed ero molto sportivo. Mi dedicavo assiduamente a diverse discipline e sports: arti marziali, basket, allenamento funzionale, calcio. Insomma, ero ben allenato. Durante una partita di basket iniziai a percepire una stanchezza insolita: non riuscivo a giocare sull'intero campo, ritrovandomi a camminare spesso senza fiato. Era una cosa abbastanza insolita. Poi iniziarono i primi dolori al petto,
andai in pronto soccorso e mi diagnosticarono una rara forma di linfoma che, per pura fortuna, non si era estesa ad altri tessuti. Da lì il processo fu quasi immediato e venni ricoverato, fino ad iniziare la chemioterapia, la quale avrebbe occupato i prossimi 4 mesi e mezzo della mia vita, tra effetti collaterali molto fastidiosi, ma tutto sommato tollerabili con una buona forza di volontà. In quel periodo continuai l'attività fisica, andando delle volte a correre (cortisone permettendo).

Come ha cambiato il tuo approcciarti alla vita?

Ne uscii sicuramente più forte di prima, ma la ricaduta e la terapia sperimentale che mi ha salvato la vita, hanno messo a dura prova, non solo la mia forza d'animo, ma anche la mia autostima, sensibilizzandomi sempre più sul problema dei tumori e finendo per empatizzare molto con le persone più sfortunate. Alla fine di tutto il tempo passato tra ospedali, controlli e terapie, mi è scattata una
specie di molla ed ho iniziato a percepire il mondo in modo completamente diverso, sentendo come il tempo fosse la cosa più preziosa che una persona possa avere nella vita. Ora so che, come tale, il tempo non va sprecato ed ogni giorno è una occasione per ripartire e rialzarsi senza guardarsi troppo indietro.

Adesso so che l'hai sconfitta e sono molto contenta per te, so cosa vuol dire. Cosa vorresti
dire a chi si sta soffermando a leggere questa tua intervista, cosa ti porti dietro di tutta
questa vicenda che ti è accaduta?

Vorrei rivolgermi soprattutto a chi ha avuto il contatto con la malattia, sia come diretto interessato che come persona che ha vissuto a stretto contatto con un malato.
Vorrei dire che la malattia può abbattere, graffiare, rompere e, a volte, distruggere psicologicamente una persona. Non bisogna lasciarle questo spazio. E' necessario reagire sin da subito, ponendosi al di sopra di essa, continuando a vivere, accettando che la malattia è una parte di sé, ricordando che ogni momento preso per sé stessi, ogni cosa bella che si è venuta a creare grazie alle persone che ci circondano, sono ciò che ogni giorno fa alzare al mattino, fa stare bene e ci permetterà di dire "non ho sprecato nemmeno un minuto della mia vita".

Parlami del tuo ultimo viaggio in solitaria, avevi un tracciato in mente o sei andato all'avventura? Moto e tenda?

Fino alla Calabria/Sicilia avevo una idea abbastanza generale degli itinerari. Partivo senza prenotazioni, tenendo in considerazione che ogni tappa potesse essere cambiata o improvvisata, anche sulla base delle persone che avrei conosciuto durante il viaggio e che mi avrebbero consigliato nuovi itinerari. Non avevo prenotato nessun biglietto per
il traghetto tra Sicilia e Sardegna, lasciando al caso anche questa traversata.
Diciamo che sono partito piuttosto all'avventura, cosa facilitata sicuramente dal fattore COVID-19 che ha praticamente svuotato l'Italia di turisti, dando grossi margini di improvvisazione.
Infine in Sardegna mi sono lasciato andare: non ho prenotato nulla per 14 giorni, girando esclusivamente in bivacco notturno. Ammetto che all'inizio fui disorientato, ma dopo il quarto giorno iniziai a farci l'abitudine. Il vero problema del bivacco notturno è che di notte c'è un'alta probabilità di venire a contatto con cinghiali ed animali in cerca di cibo, quindi è bene essere attrezzati e sapere che forse non si dormirà molto bene!

Ed ora che progetti hai per il tuo futuro?

Il mio progetto più ambizioso è trovare un modo per combinare il viaggio-avventura con la ricerca fondi per la lotta contro
i tumori. Vorrei trovare un simbolo, qualcosa che possa essere trasportato lungo il viaggio e lasciato lì dove c'è la meta,
in modo da dare un significato anche alla traversata. Se qualcuno dovesse avere idee, è il benvenuto! :-)

_____________________________________________________________________________

THOMAS E LA TRANSALP: IN VIAGGIO VERSO LA LIBERTA'.

Cosa ha spinto Thomas a mettersi in sella alla sua Honda anni orsono, ed a macinare oltre centomila km, in un viaggio che si prospetta al momento infinito, alla scoperta di nuovi mondi, di nuovi orizzonti, della vita più autentica, quella che non ha bisogno di frivolezze o di beni materiali per far provare la tanto ambita "felicità"? Scopriamolo attraverso le sue parole!


Ciao Thomas, viaggio e libertà: due concetti che hai fatto diventare parte integrante della tua vita. Cosa ti ha spinto a lasciare tutto e ad imbarcarti in questa grande avventura?

Ciao Cri.
Guarda, ti rigiro la domanda: cosa avrebbe potuto trattenermi? Intendo: una volta che hai la lucidità di valutare la cosa e giudicarla fattibile... che scelta avevo?
Mi piace viaggiare e mi piacciono le moto. Nel 2006 feci il mio primo lungo viaggio in Asia che doveva durare un mese e ne è durati 4, e mi è sembrato un modo molto sensato di trascorrere la mia vita. L'uomo è diventato stanziale quando ha iniziato a coltivare la terra mi pare, e vedi, Cri, io non coltivo... Quindi ho messo da parte dei soldi ho comprato una moto e nel 2011 sono partito verso est. E insomma il mondo è poi tondo dunque è facile che un viaggio così duri a tempo indeterminato.... E guarda fammi specificare subito una cosa che su internet c'è troppa democrazia e a volte i commenti vanno alla deriva: non sono ricco, semplicemente lavoro e spendo poco. Qua dove sono ora le mie spese base sono di 1000 euro... all'anno! La casa la pago 300 euro (sempre all'anno). Poi ovvio non c'è il cinema e non c'è il Negroni... ma ognuno ha poi la sua scala dei valori. C'è chi dice che per viaggiare bisogna poterselo permettere, io mi domando come potrei mai permettermi di vivere a Milano. Quando ho bisogno di soldi lavoro col computer, sono laureato in ingegneria informatica e faccio software di intelligenza artificiale per un'istituto di ricerche. Lavoro qualche mese all'anno.


Dove ti trovi attualmente e quanti km hai macinato dalla tua partenza?

In Indonesia, a Sumatra. Sono su un'isola, in un lago, dentro al cratere di un vulcano! 🙂
I km esatti non li so dato che il coso si è rotto un paio di volte... diciamo 100 mila? 
Ma una cosa che ho imparato è che un viaggio si misura in tempo non in km: c'è chi è arrivato qui dove sono io ora in 70 giorni, io ci ho messo 7 anni...


Cosa ti spinge nella scelta dei luoghi dove di tanto in tanto decidi di stabilirti e come scegli quelle che saranno le tue dimore del momento?

Eh, cosa ti devo dire, capita. Qua dove sono ora sono arrivato in moto sulla sommità di questo super vulcano per trovaci dentro questo enorme lago e un'isola verdissima... cosa dovevo fare? ormai son qui da più di un anno. Prima abitavo sempre su un'isola ma in Tailandia: mi ero imbarcato per una pausa di due settimane senza moto e... prima della fine di 2 settimane avevo già affittato una casa in legno di teak e sono tornato prendere la moto. Insomma certe cose si decidono poi da sole. 




La tua Transalp si sta rivelando essere una buona compagna di viaggio?

La migliore! Soddisfatto della mia scelta: volevo una moto bicilindrica dei primi anni '90. Comoda, super-sexy, indistruttibile e la manutenzione la faccio ovunque con quello che trovo. 
E poi non si lamenta mai...


Quali sono i pro e i contro dell'affrontare un'avventura del genere in solitaria? Inizialmente eravate in due..

Viaggiavamo in 2 per i primi 3 anni. Poi da fine 2014 viaggio da solo. Agata è in Italia.

PRO: 
1° (ASSOLUTO): non posso dare la colpa a nessuno di quello che mi capita;
2° mi permette di cogliere al volo qualunque opportunità senza sentire di dover aderire ad un piano concordato o dare spiegazioni;
3° meno bagaglio e la moto è più felice.

CONTRO:
1. Campeggio di meno: in due ha più senso stare per diversi giorni in fila isolati da tutto e da tutti, da solo difficilmente faccio più di 1 notte di campeggio nello stesso posto;
2. se ci fossero problemi in una delle mille deviazioni off-road in aree remote (che a volte durano per settimane), diciamo sarà un'esperienza più intensa ecco;
3. come immaginerai non avere una ragazza con sè porta dei contro ma anche dei pro, sicuro mi ha spinto a essere più sociale, dato che io da solo sto benissimo. (A dirla tutta non so perchè lo sto mettendo tra i contro... credo per un diplomatico 3-3)




Durante un'esperienza come quella che stai vivendo tu, è inevitabile che venga rivoluzionata la scala di valori personale che si aveva prima della partenza, cosa ne pensi?

Si sono d'accordo. Io per esempio mi accorgo che prendo la vita meno sul serio: nella nostra società tutto ha un alone così grave... Se dovessi pretendere il livello di sicurezza standard europeo qui non uscirei nemmeno di casa. 
Poi si da più valore alle cose semplici: immagina il piacere di avere una casa dopo tanto tempo che sei in viaggio, o anche solo una tenda e delle patate bollite quando sei on the road e infuria il monsone... non ha prezzo davvero. Poi suppongo ti porti a vivere più nel presente e a dare più valore alle persone e alle relazioni.


Esiste un luogo incontrato finora dove hai lasciato il cuore?

Questa è difficile... credo di essermi innamorato di un sacco di posti! Sicuro non mi sono mai fermato così tanto come qui dove sto ora a Sumatra, altri posti notevoli in ordine cronologico sono: Turchia, la zona montuosa dove convergono Hindu Kush, Karakoram e Himalaya, Nepal, Tailandia e Laos




Thomas, cosa rappresenta per te il mondo visto da dietro la visiera?

Ahah, bella domanda. Prima di tutto perchè sottolinea l'importanza dell'impatto visivo di un viaggio: l'esperienza vissuta da un'automobile sta a quella in moto come la TV sta al cinema. Magari non tutti ci pensano, ma quando passi molte ore in viaggio vuoi essere stimolato, non chiuso in una scatola senza cielo. Inoltre mette in luce un altro aspetto: tra te e il mondo non c'è niente: non ci sono porte, pareti, serrature... quando piove ti bagni, quando c'è freddo tremi, quando ci sono odori li puoi percepire. E' viaggiare a 360°, solo a piedi o in bici puoi avere la stessa esperienza.

Ma soprattutto la risposta che voglio darti è che il mondo visto dalla visiera è la mia forma di meditazione: il cervello è impegnato in un compito automatico cosicchè la tua mente è libera di viaggiare senza fatica... Guardi fuori, ma sei completamente nudo sia a livello mentale che materiale... guardi fuori ma un po' ti guardi dentro... rendo l'idea?


Questi sono i siti di Thomas: http://longaterra.net/300kg/ e http://longaterra.net

Cri
___________________________________________________________________________

FEDERICO E GIULIA ED IL GIRO D'EUROPA IN 80 GIORNI IN SELLA AD UNA VESPA!

Una coppia ed un grande progetto in serbo: quello di andare a Caponord in sella alla loro Vespa P150X, attraversando 17 stati in 80 giorni. Un progetto di libertà, un progetto da vivere insieme, un progetto per crescere. Mettendosi alla prova viaggiando. 





Ciao Federico, ci parli dell'avventura che vivrai a breve insieme  a Giulia ed alla tua Vespa?

Ciao a tutti! Verso fine Giugno, io e Giulia partiremo in sella ad una Vespa P150X classe 1982 per arrivare fino a Capo Nord in 80 giorni, 17 Stati e 16.000 Km (più o meno). Partiremo da Viareggio e passeremo da Trieste per visitare la vicina Slovenia. Saliremo verso Nord passando per Vienna, Bratislava e Budapest. Continueremo sempre a Nord in Polonia passando per Auschwitz e Varsavia. Attraverseremo i paesi baltici per arrivare fino in Russia, a San Pietroburgo. Da li', diretti fino a Capo Nord, per tornare in giù lungo i fiordi norvegesi. Abbiamo deciso pero' di rendere la cosa un po' più particolare: dalla Danimarca, ci imbarcheremo per le Isole Faroe dove trascorreremo 5 giorni. Al ritorno visiteremo Amsterdam e scenderemo a zig-zag per tutta la Germania per poi tornare a casa (forse) passando dalla Svizzera. Per affrontare questo viaggio, abbiamo avuto il supporto di varie aziende Italiane che hanno fornito sotto forma di sponsorizzazione, il loro aiuto: RDV per i ricambi della Vespa, Nisa Selle che ci fornira una sella artigianale idonea al tipo di viaggio, Cast Helmet per i caschi, Tucano Urbano per l' abbigliamento, Bertoni Tende che fornirà tenda da campeggio e sacchi a pelo, Visa & Travel per i visti per la Russia ed infine Technology Italia che fara' lavorazioni sul cofano per migliorare le prestazioni del motore. Inestimabile il supporto di mio cugino Simone che ha progettato l' itinerario nei minimi particolari venendo incontro alle nostre richieste. Saremmo ancora in alto mare con la pianificazione senza il suo aiuto!




Hai mai affrontato un viaggio di questo genere o è la prima volta?

E' la prima volta che sia io che Giulia affrontiamo un viaggio del genere. Possiamo dire che abbiamo "girato" molto in Vespa: siamo stati in giro per toscana 5 giorni per un totale di 1000 Km, che allora ci sembravano tantissimi! Abbiamo fatto Corsica e Sardegna, e su e giù per la costa Ligure. Tutte cose relativamente semplici sia dal punto di vista dell'organizzazione che dall'impegno del viaggio in se', dato che avevamo sempre la certezza che un comodo letto ci avrebbe aspettato a fine giornata e nel peggiore dei casi, un trancio di pizza da qualche parte. Queste "escursioni" pero' ci hanno fatto apprezzare il modo di viaggiare con un mezzo come la Vespa e ne siamo rimasti letteralmente innamorati: velocità a 60 Km/h e strade strettamente urbane, ti fanno apprezzare paesaggi e persone che non avresti la possibilità di apprezzare facendo un tratto di autostrada a 130 Km/h. Organizzarsi con il necessario e imparare a cavarsela con poco "spogliandosi" di tutto il superfluo. Valorizzare quel poco che ci portiamo dietro ed averne ottima cura. Niente sprechi e pochi fronzoli. Per quanto possa sembrare strano, dimenticarsi di guardare il cellulare per tutta la giornata perche' sei impegnato a guidare, e' una cosa bellissima. Staccare gli occhi da uno schermo e tenere lo sguardo all' orizzonte, la' dove la strada si congiunge con il cielo o sparisce dietro una collina, ti fa realizzare cose e vivere emozioni che nessuna foto su Instagram di qualche paesaggio sperso in capo al mondo, potra' mai essere in grado di fare.




Cosa vi spinge a cimentarvi in un viaggio di questo tipo?

Vogliamo metterci in gioco e spingerci al limite. Vogliamo cavarcela con poco ed avere poche certezze, al di la' del fatto che arriveremo a Capo Nord e torneremo verso casa. Vogliamo ritrovare il contatto con l' essenziale e lo spirito del viaggiare. Vogliamo conoscere la gente e sentire le loro storie ( motivo per il quale abbiamo deciso di fare couchsurfing ). Vogliamo scoprire il contatto con la natura facendo free camping  laddove ci sara' consentito. Tutti valori o esperienze che l'ambiente urbano di oggigiorno ci ha tolto o nel migliore dei casi, fatto dimenticare.
Due telefonini a persona, 3 tablets, aperitivo il fine settimana, shopping, internet no limits ed il privilegio dato per scontato di avere un pasto caldo in tavola ed un tetto sulla testa. Non ci rispecchiamo molto in questa societa' ed abbiamo bisogno di "disintossicarsi", ritornando un po' alle origini di quando eravamo bimbi ed eravamo felici con poco.

In che modo attrezzerete la Vespa?

Avremo due zaini da 50 lt ciascuno dove metteremo tutto il vestiario per affrontare la calda e secca estate del Centro Europa con 30 gradi fino alla più umida e piovosa del Nord Europa, con temperature minime di 9 gradi. Una tenda e due sacchi a pelo, una tanica da 10lt per l' olio della miscela, un bel set di attrezzi e pezzi di ricambio. Pannelli solari, per ricaricare quella poca tecnologia che avremo: luce da campeggio, telefono per l' immancabile navigatore e batterie per la fotocamera. Ci porteremo una sola lente per la macchina fotografia che ci permettera' di coprire il maggior numero di situazioni possibile (16-300 f5.6-f6.4 ) ed una sacca per il carburante di riserva che sara' utile nelle lunghe tratte del Nord Europa. Immancabilmente ci porteremo dietro un paio di libri che saranno i nostri compagni di viaggio per tutto il tempo. E come dimenticare la classica cartina d' Europa di La Repubblica. Immancabile. Nel caso ci servisse altro, ne faremo approvvigionamento durante il percorso. Nel caso avessimo portato troppo, ci fermeremo al primo ufficio postale e spediremo a casa il superfluo.




Pro e contro dell'affrontare un avventura del genere in coppia, secondo voi?

Happines is real only when shared (Into the wild). Condividere le emozioni di un viaggio del genere, con la persona che si Ama lo considero un privilegio. Quando parlo di emozioni, parlo di tutte quelle che vivi quando guidi su una strada spersa nelle colline Toscane con la luce del tramonto di una sera d'estate, o il sale sulla pelle, quando torni da una giornata al mare in Corsica. Emozioni di cui io e Giulia con la sola reciproca vicinanza riusciamo a condividere l' uno con l' altro. Tacitamente ma in modo intimo. Giulia e' una compagna straordinaria, abbiamo sempre condiviso la stessa passione per le avventure a bordo della Vespa. Si mette sempre in gioco e si adatta a qualsiasi situazione, mai rifiutandosi di fare 350km in un giorno che ci sia sole o che piova. Sente le emozioni del viaggio fino al midollo e condivide la gioia del senso di liberta' con chi le sta vicino. Sempre fiduciosa che in qualsiasi occasione riusciremo a cavarcela. E' un supporto indispensabile per me. Siamo in sintonia su tutto. Facciamo "squadra". Non sarebbe la stessa cosa viaggiare da soli.




Cosa vi aspettate da questo viaggio?

Ci aspetteremo di tornare persone "cresciute" con una diversa consapevolezza di cosa sia necessario ed importante nella vita di tutti i giorni. Porteremo con noi un bagaglio di emozioni che ci spingeranno ad affrontare un nuovo viaggio l' anno successivo e poi ancora un altro ed un altro ancora. Sempre con l'essenziale per non avere distrazioni o perdersi esperienze. Il mondo sembra tanto grande ma quando apri una cartina su un tavolo, e con un dito segui linee ininterrotte che si estendono da una parte all'altra del globo, capisci che il mondo e' li' tutto per te. Devi solo andare a prendertelo. Go get it!

Ragazzi cosa ne pensate del mondo visto da dietro alla visiera?


Viaggiare su due ruote da' un senso di liberta' ed indipendenza unica: si pensi alle Harley-Davidson che furono pensate a soddisfare l'esigenza di coprire le miglia infinite di strade americane che vanno dal Pacifico all'Atlantico. Pensiamo alla Vespa, primo simbolo di indipendenza e mobilita' negli anni 60. I mezzi a motore su due ruote sono stati concepiti per sentirsi liberi, e liberi ci si sente ogni volta che li si guida. L'uomo purtroppo, ha estremizzato la cosa progettando auto che hanno comforts di un hotel a 5 stelle, portandoti a "regredire", a perdere la manualita' e l' intraprendenza nell'affrontare anche i problemi piu' semplici. Automobili che hanno 10 volte lo spazio che quotidianamente ci server per andare da un posto, nelle quali passiamo ore incolonnati nel traffico mentre la' fuori il mondo gira. Cinquemila turbo diesel per fare casa/lavoro. Da dietro un parabrezza non si potra' mai sentire il profumo dell' aria, ne farti godere lo spirito e l'avventura del viaggio. A chi non lo avesse mai provato, lo consiglio caldamente: un fine settimana in qualche posto vicino casa a bordo di un mezzo a due ruote. E se viaggiare dietro una visiera non vi regalerà emozioni,  provate ad aprirla e vivere l' emozione della liberta' che vi scivola sul volto.




Cri
_____________________________________________________________________________



UN FIORENTINO IN SELLA ALLA CONQUISTA DEL PAESE DEL SOL LEVANTE!

"Primavera 2014. Il sole fa capolino da dietro la montagna, la sensazione di calore è immediata. (..) Guardo la moto. Tutto è sistemato, tutto è in ordine; esito un po'. Chiudo l'ultima fibbia degli stivali, calzo i guanti; un ultimo sguardo, un pizzico di nostalgia. Giù la visiera, devo andare." ..così Francesco ci descrive la sua partenza alla volta di Tokio, in sella alla sua Yamaha Super Tènèrè. Scopriamo insieme a lui come ha vissuto questa grande avventura.




Ciao Francesco, nel 2014 ti sei avventurato in un viaggio che ti ha portato sino in Giappone in sella alla tua Super Tènerè. Qual'è stato il motore che si è innescato in te e ti ha spinto nel cimentarti in questa impresa?
Fin da piccolo ho viaggiato in tutta Europa con i miei in camper, e spesso senza decidere dove dormire per tempo ci ritrovavamo dove capitava in attesa del giorno seguente.
Crescendo poi ho fatto le mie esperienze, interessandomi ai motori prima con il motocross e poi enduro e maxi enduro.
Ad un certo punto dei miei 20 anni in cui non ero moto munito, con la ragazza di allora pianificavamo un altro tipo di viaggio, in aereo in Giappone...poi qualcosa andò storto e ci lasciammo, ma il pallino del Giappone, di cui mi ero incuriosito, non mi abbandonò.
Così feci un sogno, dove univo tutte le mie passioni e curiosità: viaggiare...moto...Estremo Oriente...perché no!

Come hai attrezzato la tua Yamaha per la partenza e si è rivelata essere un'affidabile compagna di viaggio?



Ultimo anno di università, la tesi è dietro l'angolo quando comincio a lavorare sulla moto per prepararla al viaggio; da lì in poi ogni fine settimana per 7 mesi l'officina diventa la mia seconda casa, dove grazie a Fabio Goffi riesco a trasformare un'XTZ 750 Super Ténéré nella ribattezzata 850 Hyper Ténéré. Gli interventi sono molti e volti soprattutto a renderla più compatta e leggera, affilandone le linee con una nuova carenatura/colorazione in alluminio, sostituzione del motore con uno più recente, realizzazione di telaietti appositi per alloggio borse in alluminio etc.
La moto si è rivelata molto affidabile, sfortunatamente le strade asiatiche non sono state altrettanto amichevoli e lo stress subito in Mongolia e in Russia orientale ha portato all'incrinatura del telaio in 2 occasioni, prontamente riparato da un tuttofare incontrato in un villaggio sperduto di poche anime lungo la transiberiana. 

Viaggiare in solitaria: pro e contro?
Per me che sono un tipo un po' solitario sono tanti i pro, si ha tutto il tempo che si vuole a disposizione per pensare, fare le cose col proprio ritmo, evitare arrabbiature conseguenza di errori altrui...il rovescio della medaglia è che ovviamente da soli si rischia di più, perciò in Mongolia ho accettato ben volentieri di viaggiare con 3 compagni (italiani!) di avventura conosciuti in frontiera: quando tra un villaggio e l'altro ci sono 300km di deserto è meglio essere in compagnia per aiutarsi a vicenda.

Hai riscontrato particolari problematiche durante il viaggio (visti, dogane, imprevisti particolari..)?
2 sono stati gli imprevisti che hanno condizionato il viaggio, di cui uno in modo più influente.
Ho avuto un'"incidente di percorso" in Turchia presso il Tuz Golu, un lago salato nei pressi di Aksaray, dove mi sono addentrato per scattare una foto commemorativa di quelle che si potrebbero scattare al Salar de Uyuni, dove non si vede il confine tra il cielo e la terra; sfortuna volle che il lago non fosse ancora asciutto nonostante la stagione calda e secca. Risultato: sono rimasto impantanato e per uscire ho dovuto camminare 5km senza acqua sotto il sole a 40 gradi tra i campi arati per raggiungere la strada principale, chiamando poi un trattore e trattando cifre folli per fargli tirar fuori la moto dal pantano. Sia io che la moto siamo usciti abbastanza malconci, ma questo mi ha dato la forza di continuare con ancor più energia.
Il secondo imprevisto è accaduto in Russia, dove appena entrato dalla dogana non mi è stato consegnato il certificato di immigrazione temporanea che poi ho dovuto implorare di ottenere presso il consolato, pagando pure una mazzetta all'ufficio di immigrazione locale, per non avere problemi con le autorità locali. 




Una volta raggiunto il paese del Sol Levante, qual'è stata l'emozione che ti ha travolto?
Ricordo ancora vividamente la bandiera giapponese sul ferry tra Sakhalin ed Hokkaido, i primi giapponesi incontrati a bordo e lo sbarco in terra nipponica presso Hokkaido, allora l'emozione fece scoccare un brivido lungo la schiena e scendere qualche lacrima, per aver realizzato un sogno durato anni.

Il ricordo più bello che questa avventura ha lasciato dentro di te?
Sarò scontato, ma direi senz'altro le persone incontrate che hanno condiviso con me parte della loro bontà, spesso senza chiedere niente in cambio, le persone a casa che mi hanno sostenuto caldamente, e una riscoperta dei valori della famiglia che ho sempre sentito vicinissima nonostante i km che mi separavano, e separano tutt'ora da loro dopo aver ricominciato una vita qua in Giappone dal 2014.




Francesco, cosa pensi del mondo visto da dietro la visiera?
Marcel Proust diceva che “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”, ed ecco, vederlo da dietro la visiera regala un po' questa sensazione, è come guardare il mondo con nuovi occhi.

Se volete leggere di più a proposito della sua grande avventura, questo è il sito di Francesco: http://www.sognandoriente.it/

Cri

_____________________________________________________________________________

UNA COPPIA ED UN VSTROM 650: ALLA RICERCA DELLA LIBERTA'!

Loro si chiamano Jackie e Pisel, modenesi, forti del fatto che il mondo non sia quello che ci propinano in tv sono partiti in sella alla loro Suzuki per andare a scoprire con i propri occhi che cos'è davvero là fuori, facendo esperienze, tastandolo con mano. Loro sono in viaggio, alla ricerca della loro libertà!



Ciao ragazzi, dove vi trovate oggi mentre mi scrivete? 
Ciao Cristina, oggi ti scriviamo da Valparaiso in Cile dove stiamo attendendo la nostra moto al porto.

Com'è nata l'idea di mettervi in viaggio, obiettivo giro del mondo a bordo del vostro V-Strom 650? 
La curiosità di scoprire cosa c'é al di là del nostro naso c'é sempre stata, come anche la comune curiosità di conoscere nuove culture, i profumi e i gusti di luoghi finora sconosciuti ed ignorati. Stanchi della nostra realtà quotidiana, quindi, abbiamo deciso di riprenderci un pezzo del nostro tempo per spenderlo al meglio e realizzare il nostro sogno nel cassetto.

Come si sta comportando il vostro mezzo finora e come l'avete attrezzato alla partenza?
Zuki, la nostra moto, si sta comportando che è uno spettacolo. Anche dopo alcune cadute,  tanti river crossing e con i suoi 150.000 km, va alla grande. È una moto a basso prezzo che abbiamo comprato usata un anno prima del viaggio e abbiamo lasciato originale, ma per ora ci ha portati fin qua quindi siamo super contenti. Alla partenza e tutt'ora Givi ci aiuta molto con le borse rigide e tutto il kit per il viaggio.




Cosa ci vuole per cimentarsi in un'avventura simile alla vostra, oltre al coraggio di dire "partiamo"?
Bisogna avere la voglia di prendere in mano la propria vita per ritornare a immaginarsi la libertà di scegliere. Una volta detto partiamo, comunque, il resto viene da sé. Sicuramente bisogna essere in grado di levarsi quelle catene al piede che ci rendono schiavi e adattarsi, come per tutto, se vuoi raggiungere i tuoi obiettivi.

Che accorgimenti prendete affinché questo viaggio possa essere definito "low cost", come voi stessi dichiarate che esso sia? 
Ovviamente cerchiamo viaggiare evitando le strade a pagamento, nei paesi ricchi cuciniamo con il nostro fornellino, ed infine dormiamo sempre in tenda accampandoci nei boschi e nei luoghi più belli dei paesi che incontriamo. La cosa bella è che in moto ci sta solo l'indispensabile per vivere!

Quale popolazione sino ad ora vi ha colpito positivamente, avete un aneddoto da raccontarmi?
I mongoli. Vi prendo qualche stralcio del nostro diario di viaggio.
"Dopo molti chilometri sulla strada sabbiosa viene l’ora del tè, così per non sprecare l’acqua in questo tratto di terra molto caldo, decidiamo di rifugiarci in una ger. Dall’esterno sembra piccola, e in realtà non è infatti molto grande ma ospita una famiglia di almeno 8 persone che condivide lo stesso spazio, la stessa tavola, e lo stesso letto tutti i giorni. Sotto al letto conservano le scorte di acqua, una donna prepara della pasta fatta a mano ed un’altra lava delle tazzine, un bambino si rotola sul letto e un’altro ci osserva mentre beviamo. Comunichiamo a gesti con queste persone fantastiche. La gente nomade non possiede nulla di più dei loro animali, ma vive felicemente di quello che ha. Fin da piccoli, i bambini nomadi che abitano le ger sono infatti dediti alla pastorizia, lasciano pascolare le pecorelle e le mucche tutto il giorno in libertà negli ampi spazi verdi che la natura ci ha donato, e la sera quando inizia a calare il sole, montano a cavallo per ricondurli verso casa. Uno spettacolo magnifico!"


"La cultura mongola non smette di affascinarci, la loro curiosità che inizialmente ci preoccupava, ora è corrisposta. Non vi è mongolo incontrato finora che non ci abbia in qualche modo aiutato in caso di bisogno."

Poi ci hanno colpito anche i popoli del Laos, che risiedono in piccoli villaggi lungo i tornanti delle montagne laotiane ed ogni mattina, poco dopo l'alba, le persone sono già radunate tra la nebbia attorno a dei fuochi fuori dalle proprie capanne. Sembrava un posto magico!




Vi riporto dal nostro diario il giorno in cui scopriamo per caso l'etnia Hmong.

"Già alle prime luci del mattino si vedono i primi bambini cavalcare le mucche, e le bambine, al contrario, sono abbigliate con costumi locali colorati e sgargianti in occasione di una festa di paese.. [..] Seguiamo la folla in abiti tradizionali e arriviamo presto a scoprire un particolare festeggiamento di questo popolo. [..] in ogni angolo c’è una piccola o una giovane Hmong truccata e adornata con collane e bracciali in argento ed altri ciondoli e ornamenti [..] Sento l’atmosfera di festa, come una sorta di backstage in preparazione allo show finale, ma non si tratta di questo. [..] Ci ritroviamo improvvisamente tra centinaia di uomini e donne di etnia Hmong, in piedi l’uno di fronte all’altra, che si gettano delle classiche palline da tennis. Ecco uno dei più importanti rituali del Nuovo Anno Hmong, il corteggiamento. [..] I ragazzi e le ragazze giocano a lanciarsi una pallina di stoffa. [..] se qualcuno perde la palla, deve donare un ornamento o un pezzo del proprio abbigliamento all’altro. [..] Ecco il preludio al futuro appuntamento per i due amanti.. [..] una festività inconsueta da ammirare, ma culturalmente speciale ed affascinante da scoprire."

Tirando le somme, cosa rappresenta per voi ad oggi il mondo visto da dietro le vostre visiere?
Sicuramente non è come viene raccontato in televisione, pieno di persone cattive pronte a farti del male, anzi a differenza di quello che si pensa ci è capitato più volte di essere accolti o aiutati in cambio di un grazie e un sorriso. Come i mongoli appunto, la cui grande curiosità, che inizialmente ci preoccupava, ora è corrisposta. Non vi è stato mongolo incontrato, difatti, che non ci abbia in qualche modo aiutato in caso di bisogno. Abbiamo sempre avuto la fortuna di incontrare persone bellissime anche in Cambogia. Vi racconto quella giornata.

"..dopo una lunga camminata lungo le spiagge cambogiane, fiancheggiando gli scogli, inizia a diluviare. Lampi vicini e tuoni potentissimi..[..]  non ci resta che attendere. [..] L’acquazzone però aumenta. Ci incamminiamo allora in cerca di un riparo. Un’anziana signora da lontano ci fa segno di ripararci sotto ad una tettoia. Gentilmente ci invita dentro ad una costruzione di legno rialzata con un tetto di plasticato. È la sua casa. La donna ci fa salire su una scaletta che porta ad un piano di travi di legno rialzato ad un metro da terra, dove siede anche un signore e sotto una cagna con i suoi cuccioli intanto abbaia prepotentemente. Rimaniamo lì con loro ad aspettare che finisca il brutto tempo, mentre ci mostrano i cuccioli divertiti.




Mi chiedo ancora se avessi mai fatto lo stesso. Diffidiamo sempre dell’estraneo, dello sconosciuto, del diverso ma mi sembra sempre più chiaro che meno hai, più sei disposto a dare."

La cosa più bella di questo viaggio è non solo vedere i posti più mozzafiato della terra come ci eravamo prefissati, ma é sempre una grande sorpresa conoscere fantastiche persone pronte a condividere con te un giorno, un'ora o solo un istante della nostra vita. Ci ricordiamo come se fosse oggi, quel giorno in cui, rilassati sopra un tavolino di bamboo in riva al mare pieno di famiglie di pescatori, conosciamo un cuoco cambogiano. "Ama il cibo vegetariano, ma si interessa molto alla cucina italiana e francese, tanto che non perde l’occasione per chiederci gli ingredienti della pasta alla carbonara e della pizza alla marinara. [..] Apprezza parlare con le persone straniere, è il suo modo di viaggiare. Lui vive e lavora per pagarsi il cibo di oggi e forse di domani e non ha i soldi per conoscere direttamente il mondo.. [..] L’uomo ci ripete più volte che siamo fortunati, e ogni giorno che passa ne siamo sempre più convinti."

Da domani finalmente inizieremo a viaggiare invece il Sud America. Ci piacerebbe molto prima raggiungere la parte più a sud di questa immensa terra e se Zuki vuole chissà, magari riusciamo ad arrivare fino in Alaska.


ll loro sito: www.vagabondinstinct.com

Cri

_________________________________________________________________________________


ROSARIO SALA: LA MOTO, I VIAGGI, IL VOLONTARIATO. SI PUO' FARE.

E' possibile unire la passione per la moto, a quella per i viaggi, al compiere grandi opere di volontariato che portino del bene a popolazioni meno fortunate di noi? La risposta è affermativa e Rosario Sala ci racconta in questa intervista, come.

Ciao Rosario, i tuoi viaggi sono raramente fine a se stessi ma so che in diverse occasioni hai unito la tua grande passione per i viaggi in moto a dei nobili fini sociali. Mi vuoi parlare di questi tuoi progetti?

Parto dal presupposto che mi piace molto cimentarmi in viaggi lunghi ed impegnativi, quei viaggi che quando li finisci ti lasciano addosso una grande soddisfazione. E mi ritengo molto fortunato a poterne fare, sia proprio dal punto di vista del viaggio di per sé, che per quello che l’esperienza ti lascia, a livello interiore. Ho pensato così di poter condividere questa fortuna e di portarne un po’ a chi non ne ha. Di solito definisco un tracciato, dopodichè mi metto in contatto con alcune associazioni, per lo più delle onlus, per sviluppare dei progetti ed aiutare determinate popolazioni a realizzare qualcosa di cui ci sia bisogno. E così si avvia la macchina che mi porterà poi, a raccolta fondi raggiunta con successo (sempre tramite l’associazione prescelta) ad andare in loco per poter documentare a chi ha contribuito alla realizzazione del progetto stesso dando un aiuto, per mostrare che l’opera è stata effettivamente realizzata.




Quali sono i progetti più importanti che hai realizzato finora?

In Perù ho contribuito ad un progetto che ha permesso di far crescere l’erba e le piante in un ambiente
che ormai era desertico e ha dato modo ai bambini che frequentano le scuole di vivere in un ambiente più sano, in Bolivia abbiamo costruito delle cisterne per la raccolta di acque piovane ad uso alimentare, che in certi paesi dove le persone e soprattutto i bambini erano abituati a fare km e km a piedi, in zone del tutto impervie a 2500 metri di altitudine, con i secchi, per recuperare l’acqua. In precedenza, durante un viaggio in Africa, ho deciso di appoggiare un progetto che ha avuto come obiettivo quello di costruire un villaggio in Tanzania. In Nepal invece abbiamo contribuito a dare delle vere e proprie case a dei bambini orfani che abitavano in delle vere e proprie baracche di lamiera ed è stata un’emozione andare lì e poterli incontrare e vedere di persona come la loro vita era effettivamente migliorata, vedendo anche in che condizioni terribili erano costretti a vivere prima.

Immagino che organizzare dei viaggi e dei progetti simili sia molto complicato e difficile: hai mai incontrato delle difficoltà insormontabili che ti abbiano fatto desistere dal proseguire in qualcosa che ti eri prefissato?

No, mai. Sono una persona molto determinata che non si ferma di fronte alle difficoltà. E ti assicuro che in questo campo se ne trovano molte. Ma nei progetti che ho, come nei viaggi, e come nella vita alla fine, a volte è necessario fare delle deviazioni se la strada non è tutta dritta come ce la si era immaginata. Ma l’importante è arrivare e raggiungere l’obiettivo che ci si era prefissati. E finora l’obiettivo l’ho sempre raggiunto.




Quale sarà quindi il tuo prossimo obiettivo da raggiungere?

La costruzione di un pozzo in Congo, proprio nel centro dell’Africa, ai confini con l’Uganda. La meta prefissata è quella di raggiungere i 7.000,00 € da destinare in questo progetto, non appena questi saranno raggiunti, si parte. Più avanti vorrei contribuire a qualcosa di ancora più grande, la realizzazione di un ospedale in Togo, ma quella sarà una storia che vi racconterò più avanti, è meglio concentrarsi su un progetto alla volta!





Ti fa molto onore tutto quello che fai. Alla base di questo però c’è anche una grande passione per i viaggi in moto, oltre che per il sociale, quando è nato questo tuo amore?

Premetto che per me l’aiutare gli altri non è una cosa legata al viaggiare in moto, ma è una cosa che ho sempre
avuta nel dna, infatti faccio parte da sempre della protezione civile e faccio da sempre parti di associazioni di volontariato. Poi si, sono anche un motociclista e mi piace molto viaggiare in moto, anche se ho iniziato tardi a farlo, da giovane usavo la moto in modo molto più scanzonato, come fanno spesso i ragazzi, senza curarmi del viaggio di per sé. Poi ho scoperto quanto sia bello viaggiare in questo modo. E successivamente, arrivato verso i 40, mi sono guardato alle spalle e mi sono detto: ok, cosa ho fatto nella mia vita fino ad ora? Ho sempre lavorato, ho preso una casa, ho preso una moto… ma di tangibile, per gli altri, cosa sono riuscito a fare? Allora ho deciso di far combaciare la voglia di fare qualcosa per aiutare chi è meno fortunato al fatto che io ami i viaggi in moto. Ed il gioco è presto fatto. C’è da dire che però da giovani si hanno determinate forze ed anche un determinato fisico, ora mi rendo conto che è sempre più impegnativo viaggiare con una moto a pieno carico, ed oltre a questo viaggiare nel modo in cui piace a me, ossia a stretto contatto con la gente dei luoghi, stando più possibile con loro, dormendo magari da loro, condividere i posti in questo modo per me è una grandissima soddisfazione, ma ovviamente non è il viaggio comodo da turista. Per questo motivo non voglio più perdere nemmeno un anno di tempo e viaggiare più che posso, aiutando gli altri per come mi è possibile.


http://rosariosala.it/it/ qui trovate anche tutte le indicazioni per contribuire ai progetti di Rosario.

Cri

_________________________________________________________________________________

TASTE THE WORLD - UN GIOVANE CHEF ALLE PRESE COL GIRO DEL MONDO IN MOTO. PER CONOSCERE, PER SCOPRIRE, PER ESPLORARE, PER METTERSI ALLA PROVA. OVUNQUE.

Carlo, 20 anni, tanti sogni e tanta voglia di scoprire il mondo. Talmente tanta che decide di fare i bagagli e di partire per un'avventura che lo porterà in ogni angolo del globo, con in tasca l'entusiasmo tipico della sua giovane età. 

ciao Carlo, dove ti trovi in questo momento e quanti km hai percorso dal giorno della tua partenza?

Ciao Cristina, ad oggi mentre ti rispondo mi trovo in Thailandia, in un bellissimo resort 5 stelle insieme a due altri ragazzi con I quali ho completato il tour del Myanmar pochi giorni fa, ma non potendomi permettere la stanza mi ritrovo a scriverti direttamente dal pavimento , dove dormo con il sacco a pelo e il frigorifero accanto a me che durante la notte fa un casino micidiale ahah! Sono entrato in Thailandia ieri pomeriggio, dopo  essere partito 26 mila chilometri fa dalla mia città natale Firenze,  8 mesi e 15 paesi prima..




Mi spieghi il tuo progetto di giro del mondo, quali obiettivi ti sei prefissato?

Non mi sono prefisso alcun obbiettivo ambizioso fino ad oggi, devo ancora capire molte cose di me stesso e di quello che voglio diventare. Ad oggi punto ad immagazzinare quante più esperienze possibili, brutte e belle, imparare l’inglese al meglio e crearmi le mie proprie idee sul mondo e sulle culture che lo popolano, liberandomi da qualunque pregiudizio o preconcetto inevitabilmente insito nella mia (ignorante “che ignora”)cultura occidentale. Completato questo grosso step di crescita potrò pormi I migliori obiettivi possibili...

Sei molto giovane ed ambizioso, questa tua voglia di scoprire il mondo in questa modalità non è da tutti alla tua età. Con quali ingredienti speri di arricchire il tuo bagaglio di esperienza, al termine di questa avventura?

Circa due anni fa, durante ancora gli ultimi anni di liceo, decisi di pormi un obiettivo, realizzare il sogno di viaggiare sulla mia moto in giro per il mondo, alla scoperta di quello che di più bello questo ha da offrirci, contatti, panorami, persone e culture, cercando di far mie quante più esperienze possibili, sia di vita che in campo culinario... sì, in cucina, la mia seconda grande passione che ho intenzione di mettere alla prova e ampliare attraverso questo lungo viaggio che mi darà la possibilità di entrarvi dentro e studiarla da diversissimi punti di vista! Taste The World nasce proprio da qui, da questa innata voglia di mettere alla prova le mie passioni e testarle nel contesto più ampio possibile.
Dunque terminato il Liceo mi misi subito alla ricerca di un qualsiasi lavoro che mi permettesse,in circa due anni, di finanziarmi questo progetto..sapevo che uscendo da un  liceo classico e con così poco tempo a disposizione mi sarei dovuto inventare e adattare a qualunque  lavoro avessi trovato e la sensazione era fantastica, sarei entrato in un mondo che non conoscevo affatto e ne avrei fatto il mezzo per raggiungere il mio sogno. -” 
il mio sogno nasce principalmente dalla moto e dal pensiero di quanto possa essere bello visitare il mondo in lungo e largo in sella ad essa, un viaggio difficile e provante, pieno di inconvenienti e bellissime storie. Il lato romantico era ed è ancora questo, il lato più intimo del mio sogno è anche un po’ il distacco da quello che la mia generazione sta lentamente diventando in Italia, concentrata troppo sul futuro e sulle proprie spesso futili aspettative di un futuro roseo, felice e pieno di soldi e sempre meno focalizzato sul momento   presente. 
Crediamo in sempre meno cose e sempre meno sono I  sani valori che vengono posti alla base della crescita dei giovani e non appena mi resi conto che questo stava avvenendo anche a me e che ci stavo sprofondando in maniera  spaventosamente naturale, decisi che non ne avrei voluto prendere parte ma che avrei voluto, invece, cercare di farmi portavoce in un certo senso di quello che un giovane oggi può davvero fare, ceracndo di ispirare altri giovani come me a perseguire I propri obbiettivi con tutte le armi che la nostra “perfetta”società ci offre ma che non vuole farci usare, le nostre energie, le nostre menti libere ma sempre meno consce di esserlo.
 Realizzai ben presto che il mio viaggio non sarebbe stato un semplice lungo giro di boa per tornare a casa, lasciare qualcosa che poi si ritroverà al ritorno, sinceramente non programmo alcun ritorno per adesso e non credo di voler tornare indietro a niente, se non ai miei genitori e amici più cari, credo di fare di questa esperienza la base della mia vita futura, accrescere le mie idee e le mie consapevolezze, affrontare le mie paure e chi lo sa… so che adesso la prossima grande tappa sarà l’Australia dove mi fermerò 2 anni a lavorare.

Due grandi passioni, quella per la cucina e quella per i viaggi in moto. Cosa vuoi fare da grande? 

Ahh bella domanda, alla quale però non so rispondere, e non credo di voler farmi piani mentali sul mio lavoro, le strade da percorrere e scoprire sono ancora troppe.  
 Quando ero in italia con in tasca I miei 18 anni comunque ,vedevo davanti a me pochissime strade se non quella dell’università, o del cuoco ma ad oggi dopo solo 8 mesi ho imparato talmente tante cose riguardo me stesso, mi sono scoperto forte in alcune cose e debole in altre, ho scoperto che una cosa magari non mi è mai piaciuta veramente mentre una che scartavo mi ha dato passioni,  ho conosciuto viaggiatori che hanno fatto 20 o 30 lavori differenti in giro per il mondo, seguendo le stagioni o inventandosi qualche mercatino o foodtruck, conosco tour leader di moto viaggi, travelcooks, bloggers, influencers, proprietari di ostelli e ristoranti, chi acquista una barca e ci fa un ostello sul Gange, insomma il range di possibilità si è ingigantito a livelli enormi, e ad oggi ho solamente voglia di fare più esperienze possibili, e le possibilità per farle sono migliaia ed ovunque, basta avere l istinto e la caparbietà di non abbattersi, dico sempre che oggi mi piacerebbe fare il cuoco a chi lo sa magari domani scopro che produrre ciabatte mi rende felice e apro uno store di flipflop in un’ isola indonesiana...chi lo sa.

Parlami della tua Tenerè 660: si sta rivelando essere una buona compagna di viaggio? 

Ad oggi, Novembre 2018, questa è la domanda peggiore che potevi farmi! NOO la mia moto è piena di problemi in questo periodo, ogni giorno un problema,sia a causa della mia “budget manutenzione”, che da sfortuna ed inconvenienti. 
Fino ad un mese fa non avrei detto quasi niente di negativo riguardo ad essa, pochi problemi e molta robustezza(si è bevuta deserti a 53 gradi In Pakistan e passi sopra I 5400 metri in India senza battere ciglio). La moto purtroppo si sta rivelando una spesa veramente pesante da mantenere, ed ad oggi necessito di altri 400 euro di pezzi di ricambio.
Comunque tutto è iniziato dall acquisto di un amuleto religioso in un tempio buddhista in Ladakh, nell’india del nord, e da quel momento tutto è andato storto in un certo senso.
 all’inizio non me ne rendevo conto ma quando lo ho poi spostato sulla moto, dopo aver avuto febbre e sfortune su di me, queste si sono riversate sulla moto, rompendomi in 5 giorni un tubo del freno, una pompa benzina e il  radiatore. l’ho quindi gettato in un fiume che corre vicino ad un tempio buddhista e dal giorno stesso alcune cose sono girate nel modo giusto... Se lo trovate non prendetelo ahaha!!
mi dispiace parlarne male, ma dopo 58 mila km di uso intenso si sta rilevando un po troppo fragile in alcuni punti. Sto programmando comunque un check abbastanza invasivo per farla tornare agli splendori, nuovo cerchio anteriore, nuova catena di distribuzione, nuovi dischi freno e qualche check dentro l motore. Vedremo!

Come l’hai attrezzata per affrontare questa avventura?

La moto di per se nasce quasi pronta ad affrontare un viaggio simile secondo quello che è il mio stile, gli ho cambiato le molle delle sospensioni ant e del mono posteriore con delle progressive e messo un filtro aria lavabile, tubi freno in treccia e manubrio da 28 e disco wave posteriore tutto qui, per il resto qualche accessorio tecnico come 2 prese da 12v , un voltometro per tenere sott occhio il livello di carica della batteria (fondamentale).
Decisi poi dopo svariate cadute da fermo nei primi mesi di utilizzo,di metterci alcune protezioni prima di sfasciarla ancor prima dell partenza e montai I paramani, un crash bar della heed e un paracoppa in alluminio per non precludermi qualche sterrato un po più tecnico.
Ho infine sostituito la sella poco prima della partenza con una più comoda, prodotta dai miei amici di BF tappezzerie a Firenze.



Ti senti di voler dare un consiglio a chiunque volesse cimentarsi in un viaggio simile al tuo? Da dove partire?

Certo! Partite con pochi soldi e con una moto non adatta o quantomeno vecchia e scassata. 
Come dice Ted Simon il viaggio non sono le percorrenze ma le interruzioni. Io sono grato di essere partito con pochi soldi, poca esperienza, niente supporto di sponsor e quant altro ma con Tantissimo tempo a disposizione. Quando si hanno tanti soldi è facile finire ad utilizzare principalmente quelli per tirarci fuori dall'80 percento dei problemi che sopravvengono (lo dico perchè spesso ne ho sentito la necessità pur non potendo permettermelo), precludendoci così la possibilità di utilizzare la nostra astuzia, furbizia e intelligenza, facendo compromessi e dovendo fare cose pazze e spesso incredibili per uscirne. Dico spesso che “amo I problemi”, chi mi segue lo sa, ogni volta che rompo o mi succede qualcosa, ho sempre quel sorriso sulla faccia perchè so che dovrò inventarmene una bella anche questa volta, cercando di spendere il meno possibile, nel meno tempo possibile e spesso in posti molto remoti, ma so già che incontrerò persone fantastiche, ci divertiremo a trovare una soluzione e quant altro. Credo che senza nessun problema mi sarei già annoiato pesantemente, girare l’acceleratore e conoscere persone per volontà e non per casualità non fa sempre per me... Molti dei motoviaggiatori che ho incontrato in viaggio spesso non riuscivano a credermi, anzi si arrabbiavano perchè non capivano come potessi rimanere tranquillo, dicendomi spesso “io sarei impazzito”...questo a mio parere succede quando si programma tutto troppo, tutto è in una schedule precisa e un piccolo intoppo che ci piomba dentro sembra essere un problema insormontabile e impossibile da risolvere.  
Viaggiare con pochi soldi ti permetterà inoltre di capire I veri prezzi di un paese, per quanto riguarda il cibo e le facilità..
(riattaccando il discorso dei soldi)

Non avrei inoltre utilizzato così tanto couchsurfing e grazie a dio che non l’ho fatto, grazie ad esso ho conosciuto le più belle persone del mondo, non avrei dovuto portare la mia moto da meccanici sperduti nel deserto ed aggiustare la moto con loro tra una tazza di te e l altra, sarei andato dai carissimi e tristi shop Yamaha e comodi hotel. Quando si hanno soldi per esempio in Asia capita spesso di smettere di pensare e ragionare, tutto si paga e tutto si aggiusta, non ci sono inconvenienti che I soldi non possano risolvere, e allora cosa ci sto a fare io? Insomma ragazzi, una cosa ve la posso dire, Non ha senso venire fino in Iran, India, Pakistan, ecc se ci si vuole portare dietro la nostra civiltà e I nostri confort, sarebbe un bagaglio troppo pesante e ingombrante che vi farebbe vivere il tutto in maniera pressochè uguale a quella di starsene seduti su un bel divano fresco a guardarsi un documentario. Se si vuole viaggiare il mondo in moto ad oggi è facilissimo, non ci sono problemi che non sono stati risolti in precedenza, le moto sono tutte perfette, elettroniche e quant altro, abbiamo I gps, abbiamo I segnalatori di emergenza, abbiamo tutto a portata di mano ed ecco che tutto sta a Voi adesso, al vostro mind set,alla vostra voglia di adattarvi, a sacrificarvi in nome della sana e sempre più rara avventura, di quella paura del non sapere se ce la farete o se ne uscirete vivi... rischiate!!, prendete il rischio di provare e andare sull incerto più che sul sicuro... questo deciderà che esperienze farete e se tornerete a casa potendo raccontare qualcosa che un documentario non dice.

Andate a trovare Carlo sul suo blog: https://tastetheworld.blog/

Cri

_________________________________________________________________________________

IL CICCA E LA SERE, UNA COPPIA ALLA CONQUISTA DELL'ASIA!

Un uomo, una donna, un Honda Africa Twin, tanta voglia di esplorare nuovi posti, un pizzico di coraggio ed una buona dose di spirito d'avventura: questi gli ingredienti che muovono il Cicca e la Sere nei loro viaggi. In questa intervista ci parlano in particolar modo della loro avventura vissuta nel continente asiatico in un viaggio lungo 13000 Km.



Ciao ragazzi, quando vi siete accorti di essere appassionati di viaggi sulle due ruote?


 Francesco: Vado in moto da sempre, anche quando ancora non ce l’avevo. Nella realtà le rombanti moto dei sogni si trasformarono in un CIAO e  poco dopo in una Vespa 50 che mi aprirono le porte all’esplorazione del mondo.  Da lì un susseguirsi di moto passando dalla gloriosa ammiraglia VFR800 con cui ho intrapreso i miei primi veri viaggi all’attuale “nostra” Africa Twin, regina indiscussa e compagna  affidabile dei nostri ultimi viaggi.
Serena: Ho iniziato ad andare in moto alla veneranda età di 33 anni, quando Francesco mi ha proposto di fare un giro di una settimana tra Toscana e Umbria durante le vacanze di Pasqua, e poi nell’estate dello stesso anno quando abbiamo girato i Balcani un mese. Prima di conoscere lui al massimo mi ero spinta con il mio motorino fino al mare o fatto un giro sulle montagne dietro casa; non proprio quello che si può definire un viaggio in moto!

Come avete maturato la decisione di cimentarvi nel viaggio che vi ha visto attraversare 11 paesi dall'Asia centrale sino in Italia, per la bellezza di 13000 km?
Ci affascina l'Est e dopo aver esplorato Turchia e Caucaso, volevamo veder cosa c'era al di là del Mar Caspio negli stati dai nomi impronunciabili che finiscono con STAN. Su tutto due mete:  il Pamir, uno dei luoghi meno accessibili al mondo, costituito da un altopiano desertico in cui è difficile scendere sotto i 3000mt, e Samarcanda, la mitica città sulla antica Via della Seta che già da sola avrebbe potuto valere il viaggio. Ammettiamo che ci è voluto coraggio, venuto meno in altre occasioni, ma dopo aver conosciuto altri moto viaggiatori che ci erano stati, l’entusiasmo ha vinto sulla paura e siamo partiti. Un viaggio molto particolare, fatto di una veloce andata in aereo , la moto spedita in Kirghizistan con un camion, ed un lento ritorno via terra  a casa. In ognuna delle nazioni attraversate abbiamo poi  scoperto luoghi e persone che per svariati motivi ci rimarranno nel cuore.






Quali sono le cose fondamentali da fare prima del giorno della partenza per un viaggio così importante ed impegnativo?
Anche se scontato la prima cosa fondamentale  è  mettere la moto nelle migliori condizioni possibili, il che significa fare il tagliando nell’officina in cui lavora il meccanico che ci segue da anni, cambiare le gomme e procurarsi le camere d’aria di scorta, preparare il kit di valige che ci accompagnerà nel viaggio e dovrà essere sottoposto a molte sollecitazioni.  Inoltre è necessario entrare nella mentalità che l’inconveniente può capitare e per questo preparare un adeguato kit di attrezzi da utilizzare in caso di forature e piccoli guasti. Altra cosa fondamentale sono i passaporti: molti stati che abbiamo visitato necessitano di un visto da richiedere in anticipo e ottenibile solo spedendo i passaporti nelle ambasciate sparse per l’Europa.  Per fortuna in questo ci ha aiutato una ragazza russa che lavora presso un’agenzia di viaggi vicino casa, la quale ha pensato sia a compilare i moduli, rigorosamente scritti in russo, sia a tenere i contati con gli uffici che rilasciavano i visti. E’ importante muoversi per tempo, a noi per ottenere tutti i visti sono serviti circa 4 mesi. Ultima cosa fondamentale è stata la preparazione del miglior percorso da seguire per raggiungere i luoghi che volevamo visitare e di un eventuale “piano B” nel caso ci fossero inconvenienti.  In Asia centrale la condizione delle strade cambia continuamente per gli eventi atmosferici e gli interventi dell’uomo. Molte strade sono sterrate  e possono diventare impraticabili a causa di un ponte crollato, di un fiume straripato o di una frana. Inoltre abbiamo riscontrato incongruenze tra alcune mappe online e quelle cartacee e non è stato facile capire quale delle due avesse ragione. Questo ha messo in crisi il nostro spirito di “ragionieri del viaggio”, ma passare serate tra guide, cartine e tanti consigli di amici moto viaggiatori è stato un bel modo di avvicinarci alla partenza.





So che non amate particolarmente le strade sterrate. Questo ha comportato qualche difficoltà in particolare durante questa esperienza, dove immagino che in certi tratti di percorso avrete avuto a che fare necessariamente con lunghi tratti di offroad?
E’ vero, l’off road non rappresenta per noi il miglior modo di viaggiare! In questi anni, tuttavia, abbiamo fatto di necessità virtù, dato che per raggiungere buona parte dei luoghi che abbiamo visitato abbiamo dovuto percorrere tanti chilometri su strade sterrate.  Procediamo lentamente e questo dilata i tempi di percorrenza, ma a volte i panorami e le sensazioni provate fanno passare in secondo piano difficoltà e stanchezza. La sensazione è quella della sicurezza che aumenta man mano che passano i Km come se fosse la strada stessa a farci imparare ad apprezzare la  guida in off road. Comunque sia, anche se in questo viaggio eravamo preparati a percorrere km di strade che dalle nostre parti sarebbero poco più che mulattiere, ci sono stati momenti nei quali la fatica si è fatta sentire. Un episodio su tutti: dopo 240 km e 8 ore di guida su una strada con asfalto rotto, tutta buche, sulla quale la velocità di crociera difficilmente superava i 30km/h, Serena ha perso la testa e voleva scendere dalla moto per proseguire a piedi per gli ultimi 10 km. Dopo essersi resa conto della follia della cosa, mentre Francesco rideva come un pazzo perché ormai vicini alla meta, si è calmata ed è rimontata in sella raggiungendo così la destinazione.
La vostra Africa Twin si è rivelata essere un'affidabile compagna di viaggio?
50000 km in due anni e mezzo sono una buona percorrenza per poter trarre conclusioni sul’affidabilità della nostra Africa. Nei viaggi precedenti non era successo niente, ma le sollecitazioni ricevute in questa occasione hanno portato a problemi che abbiamo cercato di risolvere con soluzioni talvolta fantasiose. Oltre ad un paio di forature risolte a suon di forza per stallonare le gomme e con una rondella piegata sulla camera d’aria per tappare il buco, c’è stata la rottura del telaietto che regge  il cupolino e la necessità di cambiare uno dei cuscinetti della ruota posteriore. Un paraolio rotto e la vite d’acciaio spezzata  che regge la pedalina del passeggero e le borse laterali, completano il quadro. Guasti dovuti sicuramente al carico trasportato e alle condizioni delle strade, che non hanno risparmiato moto  di ogni tipo e di ogni età, come abbiamo potuto constatare dall’unico meccanico specializzato in moto presente in tutta l’area. Se ad oggi ci chiedessero se la scelta di questa moto è stata giusta risponderemo di sì al volo, ma non negheremmo i problemi rilevati. Se ci avesse tradito con elettronica o guasti meccanici irreparabili non potremmo dire la stessa cosa. Per noi una moto non è mai solo una moto: condivide con noi esperienze belle e brutte, ne porta i segni addosso. Basta imparare a conoscerla, non oltrepassare i limiti e dargli il minimo di cure che si merita.


Un momento che vi rimarrà impresso per sempre, vissuto durante questa avventura?

Malgrado sia difficilissimo scegliere un singolo momento, in un viaggio di pura emozione lungo 45 giorni, la visione del lago Karakul dall’alto è stata una delle emozioni più grandi. Venivamo dal passo Kizil – Art (4282 mt) che divide il Kirghizistan da Tagikistan percorrendo i primi chilometri della Pamir Highway, circondati da rocce rosse su una strada di terra battuta. Dopo poco una piccola striscia d’asfalto ci ha portato sul secondo passo (Uy Bulok) in un territorio lunare, oltre il quale la vista si è aperta sul lago. Ci siamo fermati nel totale silenzio ad ammirare quelle acque blu circondate da vette innevate che superano i 7000 mt. Non siamo riusciti a trattenere l’emozione mentre scendevamo verso le sue sponde verdi cosparse di sale lasciato dalle sue acque. Intorno al lago solo un piccolo villaggio. Quello,fino ad oggi, rimane per noi  “il posto più bello del mondo”.



Che ruolo ha ognuno di voi durante i vostri viaggi - e non intendo solo materialmente - soprattutto psicologicamente!!

Dal punto di vista pratico Serena si è occupata dell'organizzazione dei bagagli, delle questioni amministrative e della gestione delle finanze. Francesco, il "ministro senza portafogli", è stato invece pilota instancabile, meccanico all’occasione e mirabolante cuoco in grado di preparare ottimi piatti in ogni situazione. Viaggiando in moto per tanti chilometri, trascorrendo tante ore in sella, le esigenze personali passano in secondo piano rispetto a quelle comuni; gli stati d’animo cambiano nel corso della giornata ed è necessario mantenere un giusto equilibrio in ogni situazione. Abbiamo affrontato momenti di esaltazione per essere sopravvissuti ad un passaggio critico, e momenti di sconforto causati da una caduta o da una foratura; abbiamo dovuto collaborare per risolvere diverse situazioni senza perdere la testa. Quando ci sono state scelte importanti da fare, le abbiamo condivise; a turno siamo stati dei “motivatori” quando l’altro sentiva la fatica o veniva preso dallo sconforto, ci siamo fatti forza a vicenda consapevoli che,  per la realizzazione di questo viaggio, era fondamentale il contributo di entrambi.




 Date un consiglio a chi volesse cimentarsi in un viaggio simile al vostro!
Il consiglio è quello di caricare la moto e partire! Ecco però alcuni aspetti da tenere ben presenti: un viaggio in moto significa condividere ogni minuto con chi si ha accanto; quindi, scegliete bene con chi partire perché si rischia di trasformare un’avventura in un incubo.  Il poco spazio a disposizione,  l’essere sempre esposti al caldo, al freddo, alla pioggia, le ore di guida sono tutti elementi che spaventano chi non è abituato, ma in realtà costituiscono l’essenza stessa del viaggio. Prima di definire il percorso potrebbe essere utile porsi alcune domande:  Cosa vi interessa davvero vedere?  E’ più importante la strada o la meta? Conoscere le persone o visitare luoghi? La comodità o il contatto con la natura? Magari scoprirete che è bello assaporare ognuno di questi aspetti, come è successo noi, e che ogni chilometro di strada percorsa verso la destinazione che vi siete prefissati  diventerà  esso stesso  una nuova meta. Inoltre c’è da tener presente che in Pamir non esistono strutture turistiche intese all’occidentale ma troverete tante famiglie che vi ospiteranno e ogni giorno passato con loro sarà una nuova pagina da ricordare del vostro viaggio. Uscire dalla comodità per vedere davvero come si vive in quei luoghi potrebbe essere la principale motivazione  a partire.  Infine è difficile dire davvero cosa portarsi dietro, ma  ci sentiamo di dire cosa non portare: tutti i pregiudizi che nascono spesso dalle idee superficiali che ci siamo fatti di luoghi o persone.







 Nuovi progetti all'orizzonte?
Abbiamo già organizzato il viaggio che ci vedrà partire (ovviamente in moto) alla volta della Tunisia per un paio di settimane a cavallo delle feste di Natale. Sarà un ritorno in Africa dopo il viaggio in Marocco di qualche anno fa. Il sogno che stiamo tentando di realizzare è invece quello di varcare l’oceano per percorrere in sella alla nostra moto le strade del continente americano. Per ora non possiamo svelarvi troppi dettagli un po’ per scaramanzia, un po’ perché  il progetto è tutto in via di definizione.


Per non perdervi i viaggi del Cicca e la Sere, seguiteli sulla loro pagina facebook I viaggi del Cicca e la Sere e su instagram cercando @iviaggidelciccaelasereinmoto  
Cri
_________________________________________________________________________________
 MIQUEL SILVESTRE: LA VITA NOMADE, LA VITA DI SCRITTORE, LA VITA DI PADRE.

Lo spagnolo Miquel Silvestre scopre la sua passione per il viaggiare in moto, è un attimo dall'iniziare dai primi viaggi al non riuscire più a farne a meno, fino ad arrivare a compiere il giro del mondo, prima di innamorarsi, sposarsi, creare una famiglia senza mai abbandonare la sua passione per i viaggi, che ora racconta tramite libri e tv. Oltre al tornare in posti lontani ogniqualvolta può.

Ciao Miquel, puoi dirmi quale è stato il momento della tua vita in cui hai capito che avevi una grande passione per i viaggi in moto?

Avevo 39 anni, mi sono rotto un gomito in un incidente in moto e lì ho dovuto fare una pausa. Sono stato in grado di riflettere molto e di rendermi conto che la mia vita di avvocato non mi soddisfaceva. Ho deciso di fare un viaggio in moto per poi poter scrivere e raccontare ad altri della mia esperienza.





Quando hai fatto il tuo primo viaggio?

Il mio primo viaggio è stato il 15 aprile 2008, un tour in Toscana. Niente fu più lo stesso dopo. A poco a poco, mentre stavo conoscendo diversi paesi, ho capito che questa doveva essere la mia vita.

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di una vita come la tua, quella di un viaggiatore nomade?

Ora non sono più un nomade. Mi sono sposato e ho 2 figli, che sono la cosa più importante della mia vita. Per 10 anni ho viaggiato in totale libertà e quando mi sono innamorato e ho deciso di avere dei bambini, l'ho fatto liberamente. Non ho trovato alcun svantaggio nell'essere nomade, solo che non è compatibile con la cura dei bambini piccoli. Ora viaggio per realizzare la mia serie televisiva, che così tiene viva la passione per i viaggi.



In tutte le avventure che hai vissuto, quale moto si è rivelata il miglior compagna di viaggio finora?

Ho fatto il giro del mondo tra il 2011 e il 2012 con una BMW R 1200 GS 30th Anniversary, che ho chiamato Atrevida. È la moto migliore che abbia mai avuto e funziona perfettamente.

C'è un sogno nel cassetto a proposito di viaggi che non sei ancora riuscito a realizzare?

Ci sono molti sogni che non ho ancora raggiunto, come attraversare la Cina, la Mongolia o l'Australia, ma ce la farò.




E qual è la popolazione che ti è rimasta impressa nel cuore?

Bukhara, in Uzbekistan, sulla Via della seta, quando sono entrato per la prima volta lì mi sono sentito uno scopritore dell'Estremo Oriente. Adoro quella città che sembra magica, così come la sua popolazione.

Se dovessi fermarti un momento e rievocare nella tua mente una cartolina, tra i luoghi che hai visitato in questi anni, quale luogo si avvicina di più alla tua idea di "paradiso terrestre"?

La Dempster Highway nel nord del Canada, 700 chilometri di taiga e tundra che conducono all'estremità artica più lontana che può essere raggiunta dai veicoli all'interno del Canada. Un posto che può essere paradisiaco o infernale a seconda del clima, che varia radicalmente in poche ore.





Dove sei attualmente e qual è il tuo prossimo progetto? 

Ho una moto parcheggiata in Kirghizistan, che è a metà del giro del mondo in moto. Ogni anno guido per circa 10.000 km e parcheggio ulteriormente la mia motocicletta. Quest'anno dovrei riprenderla a Bishkek e portarla fino a Ulan Bator in Mongolia. 

Vuoi dare consigli a chi non ha mai affrontato un "viaggio importante"? 

Esiste una ricetta che permetta a ciascuno di noi di liberarsi delle paure e delle insicurezze della casa e affrontare "il viaggio della vita"? Se stai leggendo questa intervista hai già iniziato a sognare il tuo fantastico viaggio, così finirai per farlo e poi ti chiederai perché non l'hai fatto prima. Il grande viaggio ci cambia dentro, ci dà molta fiducia in noi stessi, ci rende migliori.



Per saperne di più: https://www.miquelsilvestre.com/

Cri

_______________________________________________________________________



LA "CORSA SELVAGGIA"  DI FILIPPO E FRANCESCA A BORDO DI UNA LAMBRETTA IN GIRO PER IL MONDO! 


Una coppia alle prese con il giro del mondo a bordo di una Lambretta ci racconta della loro avventura, tutt'ora in corso, e della sensazione che si prova viaggiando, in due, conoscendo differenti popolazioni, luoghi magnifici, immergendosi totalmente in questa grande avventura che come dono ha quello di saper ripagare il viaggiatore con la felicità..





Ciao Filippo, parlami del tuo progetto di giro del mondo a bordo di una Lambretta. Da cosa è nata questa idea?


Come ogni motociclista ho sempre desiderato fare il giro del mondo con un due ruote ..per i miei 50 anni ho deciso che era arrivato il momento di realizzare questo sogno e così a febbraio ho deciso che era arrivato il momento x e nel giro di tre mesi ,con la mia compagna, abbiamo pianificato il tutto a grandi linee,per es decidendo il percorso in base alle stagioni e al clima e poi contattando ambasciate per ricevere info sui relativi stati, gli spedizionieri per fare due conti di quanto costa per una lambretta sorvolare i mari (ma il più delle volte non rispondono o sparano follie) e cercando qualche sponsor (purtroppo i grossi marchi non legano il loro nome ad un mezzo del genere) ma i piccoli,fortunatamente  sono quelli che in qualche modo hanno voluto  aiutarci..e poi decidere cosa portare e cosa no..

l'organizzazione porta via tantissimo tempo sia prima che durante,mettere a punto il mezzo,preparare tutti i documenti, contattare le istituzioni, cercare informazioni,le risposte dagli uffici son poche e non esaustive..le vere risposte e i consigli pratici le trovi solo da altri viaggiatori conosciuti sui social che magari hanno fatto le tue stesse trafile e poi viaggiando hanno capito e risolto le varie problematiche..loro si che ci stanno aiutando.. persone mai viste ma disponibili, in molti casi si diventa poi amici !
Studi il percorso iniziale ma poi per strada,giorno per giorno ti trovi a fare i conti con delle realtà di sicurezza statale, economiche o imprevisti che ti portano a modificare il tragitto ma si va sempre avanti !
Altro punto é  stato definire lo spirito del nostro viaggio.. la bellezza del viaggio per noi sta  nel vedere le differenze culturali e come si comporta la gente del posto di fronte a un viaggiatore venuto da lontano nella loro terra..sara' disponibile, gentile e ospitale o menefreghista, indifferente e ostile?..) fin ora in particolare in Asia e Australia abbiamo riscontrato tanta solidarietà sopratutto nel mondo di lambrettisti e vespisti.. 
Io mi sono dato il limite di un anno,5 continenti e non meno di 50 stati e almeno 50000km Cosa scegliere per questa avventura ? Nel mio garage ci sono moto, vespe e una lambretta ..quindi molte opzioni possibili ..con la moto troppo facile, con la vespa e' un continuo di persone che partono per il giro del mondo..per renderlo più wild ho deciso di usare una lambretta,mezzo cinquantenne come me, e poi perchè solo una persona (Cesare Battaglini) nel lontano 1956 ha fatto il giro con una lambretta impiegando  tre anni..e a quei tempi la lambretta era un mezzo odierno... con la lambretta sarò il secondo! e cosa importante che ci rende i primi a realizzare un avventura del genere, due persone con un solo mezzo e senza assistenza al seguito.




Viaggi con la tua compagna, Francesca. È facile organizzare un viaggio del genere per due persone? Siete sempre stati concordi su questo progetto?


Affrontare un viaggio cosi lungo in due è molto bello ma diventa molto faticoso..Ci vuole una buona sintonia, pazienza,  adeguarsi alle esigenze reciproche, momenti di incomprensione ci sono ma si superano..Condividendo il mio sogno con Francesca e dividendoci i compiti  sia nella programmazione che durante il viaggio è tutto più semplice..


Come hai equipaggiato la tua Vàlentina (la Lambretta NDR) per questa grande avventura?


Ho deciso di fare questo viaggio con un mezzo quanto più possibile originale.Ho cambiato impianto elettrico e sospensioni (visto il peso ), montato un portapacchi anteriore ed uno posteriore rinforzandoli per far si che durino tutto il viaggio, ho montato una cassetta in metallo centrale sulla pedana dove porto attrezzi. Sul portapacchi anteriore porto una borsa stagna con all'interno pezzi di ricambio e borsa medicine.sul posteriore ho 2 ruote di scorta complete la sacca della tenda e quella dei sacchi a pelo, mentre hai lati ho montato due borse morbide da moto per abbigliamento. Interno scudo ho fatto fare una borsa dove porto antipioggia olio e giacchetti alta visibilità.





Quale il posto incontrato on the road fino ad ora che vi ha lasciato a bocca aperta? E quale il popolo che più vi è rimasto nel cuore?


Ci sono tanti posti on the road che ti lasciano a bocca aperta, abbiamo visto fin ora 25 stati e ognuno ci ha colpito per qualcosa ed ognuno ha qualcosa che per un motivo o per un altro ti lascia a bocca aperta.. mare cristallino, montagne innevate, foreste tropicali, deserti, vulcani fumanti..ce tanto da scoprire a partire dai più disparati paesaggi wild  ai diversi usi e costumi ! (purtroppo tanti paesi hanno il problema dell'immondizia che deturpa la bellezza della natura e poi problemi di igiene e mancanza di educazione civica e sociale) 

I popoli che più ci han colpito sono quelli del sud dell'Asia (Vietnam, Malesia, Indonesia )  per la loro solidarietà e altruismo, per i loro ritmi rilassati e perché li vedi sempre sorridenti e pronti ad aiutarti nonostante le difficoltà di ogni genere..e poi gli australiani per la loro precisione,pulizia,educazione e organizzazione..anche qui il senso di appartenenza a un gruppo,quello dei lambrettisti, è forte e si è fatto sentire!

La più grande difficoltà che avete incontrato in questa avventura?


Fortunatamente fin ora grosse difficoltà non ne abbiamo avute solo Piccoli problemi di meccanica facilmente risolvibili. Unico problema organizzativo é stato creato dall'agenzia in Thailandia che doveva occuparsi dei permessi di ingresso, dopo due mesi che aveva i nostri documenti e il saldo quando siamo arrivati in dogana ci sentiamo dire che il permesso non è pronto e che avremmo dovuto aspettare ulteriori 15 giorni con il fermo in dogana della lambretta. 





Che peso hanno gli sponsor quando si decide di cimentarsi in un'impresa del genere?


In un viaggio del genere farebbero molto comodo degli sponsor economici nel nostro caso gli sponsor che abbiamo trovato ci hanno sostenuto con prodotti tecnici.


Un consiglio per chi volesse affrontare un viaggio del genere?


Il mio consiglio è quello di non lasciare il sogno nel cassetto e di non aver paura di affrontare un viaggio ovunque sia.. informarsi il più possibile, prendere spunti da altri viaggiatori e usare i social  che oggi danno  la possibilità di relazionarci e  di trovare tutto quello che si vuole, io grazie a loro ho avuto info,  ospitalità e consigli. Tu e la tua due ruote in giro per il mondo.. un piacere unico!..realizza i tuoi sogni, sempre!





Nelle vostre foto di viaggio la prima cosa che mi rimane impressa sono i vostri sorrisi ed il senso di serenità che trasmettete. Viaggiare è sinonimo di felicità?


Viaggiare con le due ruote è  libertà, serenità voglia di avventura e di continue nuove emozioni e si certo lo scoprire nuove realtà, immergersi in esse rende felici..colori,odori sapori ti riempiono i sensi e ogni giorno quando togli quel casco ti senti appagato e pieno..i km fatti anche in quel giorno hanno arricchito ancora un poco di più il tuo bagaglio di sensazioni e cosi il viaggio diventa la tua vita,la tua normalità..ogni giorno alla continua scoperta di qualcosa..la felicità dipende da come vivi le situazioni..sta solo a te stesso decidere se essere felice per ciò che hai o meno..e noi siamo felici di vivere questa avventura!


Cosa pensate entrambi del mondo visto da dietro la visiera?


Con una velocità di 50 km/h si ha la possibilità di focalizzare l'attenzione su particolari che a velocità maggiori non noteresti..il mondo da dietro la visiera e un mix di emozioni.. Sotto quella visiera si osserva, si pensa, si medita profondamente..si sorride a chi ti saluta incuriosito, si manda a quel paese  quel camionista indisciplinato che fa di tutto per mandarti fuori strada..si suda dal caldo o si trema per il freddo, si sgranocchia qualcosa per attutire la fame..si aspetta di arrivare alla tappa prestabilita..si vive di momenti e di aspettative.





___________________________________________________________________________

MICHELE E VALENTINA, IN SELLA PER ESPLORARE IL MONDO!

Una coppia, una moto, un progetto chiamato "Motorbye": questi sono gli ingredienti che Michele e Valentina hanno saputo mescolare ed amalgamare, facendo nascere il mix esplosivo di adrenalina che li sta portando a scoprire angoli lontani di mondo, sempre in sella alla loro moto.

Ciao ragazzi, parlatemi del vostro progetto "Motorbye", come è nato?

il nostro progetto Motorbye nasce per gioco , quasi 4 anni fa, quando io e Valentina ci siamo conosciuti. io avevo comprato da poco la mia prima moto, un bmw gs anno 2008 di seconda mano , perciò le proposi subito di fare un viaggetto a fine stagione ... non siamo più scesi dalla moto !!! 😂
Siamo partiti (nell’ordine che segue) con Croazia e Slovenia , Tunisia, Gran Bretagna ,Spagna e Portogallo, dopodichè ci siamo guardati e ci siamo detti, perché non fare il giro del Mondo in moto ?? E così siamo partiti. Abbiamo iniziato lo Scorso anno dal sud America e quest’anno “Direzione est” ci ha visto attraversare tutta l’Asia partendo dall’Italia !
Per il futuro abbiamo già in mentre Australia e Nuova Zelanda , Africa , e Nord America con ritorno a Lima, in Perù, da dove siamo partiti lo scorso anno ! Chissà... speriamo!





Attualmente vi trovate in Cambogia. Come sta andando questa avventura?

un viaggio come L Asia purtroppo prevede tantissime beghe burocratiche: ad esempio paesi come Iran, Pakistan e India prevedono un visto d’ingresso che avevamo fatto da casa, mentre per quanto riguarda il Myanmar abbiamo preferito richiederlo direttamente a new Delhi in India, per non avere i minuti contati prima della scadenza. Inoltre sia in Myanmar che in Thailandia non è permesso attraversare autonomamente con mezzo proprio: esiste l’obbligo di richiesta di un apposito permesso 30 giorni prima dell’arrivo e la compagnia di una guida che organizza precedentemente un tour nel paese secondo le tue richieste (e le tue tasche!) e ti accompagna durante tutto il soggiorno nello stato. Infine, la ciliegina sulla torta è stata la Cambogia che, come ti dicevo prima, ha cambiato le regole di importazione dei veicoli stranieri neanche un mese fa e ha pensato bene di non annunciare l’arrivo della nuova legge, ma ci ha fatto una sorpresa direttamente alla dogana: siamo stati bloccati perché sprovvisti di un permesso adeguato di cui nessuno ha notizie, e di cui perfino gli ufficiali non conoscono le modalità. quindi ci hanno costretti a parcheggiare la moto in Laos e ad andare a Phnom Penh (la capitale) in pullman per fare tutti i documenti necessari all’ingresso del veicolo nel paese... speriamo ci consegnino il tutto in breve tempo !
Ah dimenticavo, avere il carnet de passage è fondamentale! Si tratta di una sorta di passaporto del veicolo, non così semplice da ottenere, e si può fare solo nel proprio paese di origine: è un documento scritto interamente al computer , anche se in Italia lo rilasciano con la data di scadenza scritta a penna , dettaglio che ci è costato caro al confine tra Turchia e Iran, dove per questo motivo ci hanno trattenuti per 7 ore perché pensavano che il documento non fosse valido !!!! Ma fortunatamente con qualche dollaro e una persona che ci ha dato una mano siamo entrati .....

L'anno scorso il Sud America e quest'anno alla volta dell'oriente. Cosa vi ha spinto a scegliere queste due mete in particolare?

siamo partiti lo scorso anno con il sud America perché lo riteniamo il più semplice burocraticamente parlando : abbiamo fatto 12 dogane senza troppi problemi ! E quest’anno l’Asia dato che l’idea iniziale era quella di arrivare in Malesia per poi spedire la moto in Australia, dove sarebbe stata per 8 mesi. Nel frattempo noi saremmo tornati a casa per lavoro per poi ripartire dopo la stagione estiva e quindi raggiungerla. ma questo burocraticamente è molto dispendioso !! Quindi abbiamo cambiato i programmi e la moto ce la riporteremo a casa. La spediremo in Australia a settembre di quest anno ....




In Sud America avete optato per noleggiare una moto in loco o avete spedito la vostra? 

 in sud America abbiamo spedito la nostra moto. diciamo che il maggior problema di spedire un veicolo è quello di trovare uno spedizioniere di fiducia che spedisca in sicurezza, ma soprattutto che non ti faccia trovare sorprese all’arrivo delle moto in loco ! Lo scorso anno ero riuscito a chiudere un container intero con altre 3 moto e a dividere i costi. altrimenti l’alternativa è quella di fare come faremo tra qualche giorno dalla Cambogia: mettere la moto in una cassa di legno che generalmente viene preparata al porto di spedizione e che a sua volta viene collocata in un container a groupage , vale a dire con altre cose all’interno come ad esempio mobili , generi alimentari o quant’altro, ma di questo se ne occupa la compagnia di spedizione ! I costi si aggirano sui 1500 euro a tratta (via mare). per via aerea i costi lievitano ...

Quanto tempo prima del giorno effettivo della partenza inizia la progettazione dei vostri grandi tour?

noi generalmente iniziamo a preparare il viaggio successivo appena rientriamo a casa in quanto consideriamo la preparazione la prima fase del viaggio ! Comunque generalmente ci mettiamo 5 o 6 mesi a preparare un viaggio lungo come questo.




Viaggiate per lo più in coppia: pro e contro di un viaggio in moto in due?

Beh, direi che di contro ce n’è uno solo: essendo in due, la moto è pesante 😊, anche se entrambi abbiamo poco più di 7 kg di bagaglio a testa, ovvero tutto ciò che sta nelle borse laterali , dato che il resto è occupato da attrezzi , ruota di scorta , equipaggiamento da campeggio e viveri ....
I pro sono moltissimi! In primis il fatto che in qualsiasi situazione di difficoltà che si possa presentare, si ha la sicurezza di avere sempre una spalla dove appoggiarsi. Per non parlare della possibilità di condividere il viaggio con la persona che ami!  Valentina è una bravissima cantante e durante la giornata spesso canta nel microfono del casco, così ci teniamo compagnia 😂😂 diciamo che ci completiamo a vicenda .....

Cosa non può mancare nel vostro bagaglio?

nel bagaglio non può mancare nulla di quello che non c’è già, vale a dire lo stretto indispensabile: le nostre valige sono ridotte veramente all’osso...




Quale la popolazione che sino ad ora vi è più rimasta nel cuore?

in realtà non c’è una popolazione in particolare che ci è rimasta nel cuore. Sicuramente abbiamo scoperto che nel mondo c’è TANTISSIMA ospitalità e gentilezza anche e soprattutto da parte di popoli che i media solitamente descrivono come pericolosi !! Un esempio è L’Iran. molti ci dicevano “ma dove andate? c’è la guerra!” Ma quale guerra? L’iran non è altro che uno dei paesi più ospitali e gentili che esista su questa terra!
Sebbene non ci sia nessun popolo che ci sia piaciuto particolarmente ce n’è invece uno che non ci è piaciuto per niente, gli Indiani, soprattutto per il modo in cui trattano la loro bellissima terra che da paradiso naturale è oggi Il paese più SPORCO al mondo !!!

Un consiglio per chi volesse affrontare dei viaggi in moto sulle orme dei vostri..

Beh, che aspettate? Partiteeee 😊😂




Progetti di viaggio futuri?

Da ottobre 2018 a febbraio 2019 Australia e Nuova Zelanda

Cosa pensate entrambi del mondo visto da dietro la visiera?

il mondo visto dietro una visiera ha tutto un altro aspetto , la moto ti permette di vivere al 300 per cento un territorio , ogni singolo momento, ogni singolo chilometro è pieno di sguardi e luoghi che se non fossero vissuti on the road non potresti assolutamente apprezzare !








___________________________________________________________________________




CESARE, IN SELLA PER UNA "MOTOMISSIONE": AIUTARE GLI ANIMALI.

Cesare Ranucci, 34 enne di Pescara, ha saputo far combaciare al meglio le sue più grandi passioni: quella per la moto e quella per gli animali, facendo del suo viaggiare in moto una grande missione con un nobile obiettivo, quello di aiutare gli amici a quattro zampe.

- Ciao Cesare, mi parli delle tue due grandi passioni, quella per i viaggi in moto e quella per gli animali.. come le hai coniugate?
Sono Cesare Ranucci ed ho una spasmodica passione per le moto ed  una spiccata sensibilità verso gli animali. Il mio grande interesse per le moto comincia in tenera età con le minimoto, passando poi ai grizzly (pitbike) e arrivando oggi ad aspettare con ansia la domenica per percorrere i passi di montagna con la moto stradale o salire mulattiere e oltrepassare guadi con l’enduro. Un’altra mia passione è l’amore per gli animali. La mia sensibilità verso di essi mi ha portato fin da piccolo ad averne cura e a portare un aiuto a canili e gattili della mia città, Pescara e dintorni, organizzando periodicamente raccolte fondi e manifestazioni a scopo benefico.



- Stai portando avanti un progetto chiamato "MotoMissione": qual'è la tua missione?
Il progetto    "MOTO MISSIONE" nasce proprio dal voler sposare le mie due passioni, vivere avventure sempre diverse  in moto ed essere attivo nel sociale, con lo slogan #METTIAMOINMOTOLABENEFICENZA.



- Nel 2017 sei stato in Ucraina col fine benefico di aiutare gli animali del Rifugio Italia, questa tua missione è andata a buon fine?
Lo scorso 2017 nel mese di Luglio, durante il mio viaggio in solitaria attraverso tutto l'Est l'Europa, arrivando fino in Ucraina nella  citta' di Kiev sono riuscito a donare ben 1.800 euro al Rifugio Italia KJ2 a Kiev, un rifugio costruito dall'animalista Andre Cisternino dove  si prodiga  ormai da  anni nel  salvare  tantissimi animali da quella  realta' difficile  e  povera  che  e' l'Ucraina.



- Mi parli anche dell'avventura vissuta nel 2016, all'isola di Man?
La mia prima avventura di Moto Missione risale al 2016, anno dove ho potuto vivere uno dei miei piu' grandi  sogni: Isle Of Man TT for charity. Qui ha avuto l'opportunità di percorrere in moto il Mountain Circuit, assistere alle gare e conoscere di persona le leggende delle Road Race,come  farsi autografare  e  stringere  la mano alla  leggenda John Mc Guinness, ma il tutto vestito di sociale e consegnando donazioni economiche a 3 missions benefiche li sull'isola: 1000 euro al Rest Old Horses(pensione  di cavalli), 600 euro al Manx Cats Sanctuary(gattile) e altri 600 al Ron Vine Fund(reparto soccorso piloti). Ogni esperienza accomuna le moto e gli animali, entrambi per me  emblemi ed espressioni massime di libertà, e sono tutte racchiuse nei documentari che realizzo condividendoli nelle mie  pagine  social con l'intento di sensibilizzare  le  persone alla  causa  animale e alla  voglia  di  vivere  incredibili avventure in moto. Tutti i viaggi in moto a scopo benefico sono stati realizzati , studiati e fondi ricercati ,tutto completamente  da  solo !!!!!!!! a partire dalla ricerca degli sponsors, fino ad arrivare alle vere e proprie raccolte fondi da donare per  mezzo  vendita  delle  magliette  del mio format o donazioni libere.



- Quali nuovi progetti di questo tipo hai in serbo?
Da maggio a Settembre partecipero' insieme al mio amico e  grandissimo " manico" , Andrea Ciarma al C.I.V.S.  campionato italiano velocita' salita, e ad ogni tappa raccogliero'  fondi offrendo magliette da me create; e a fine campionato tutti i proventi verranno consegnati al canile di Pescara. Attaverso le mie pagine social,  raccontero' ogni gara e la vita del paddock dal punto di vista di un amatore "compulsivo ", realizzando infine un nuovo documentario con un'enfasi sulla sensibilizzazione alla causa animale e sullo spiegare ai giovani, motociclisti e non, cosa sia la cronoclimbing e cosa significhi andare veloci su strada, ma in sicurezza. Il 20 Febbraio , giorno del mio compleanno annuncero' il mio nuovo progetto Road Race For Charity scrivendo anche  che  saro' alla ricerda  di sponsors e  di donazioni  per la mission benefica 2018 e  successivamente daro' indicazioni  sul come contribuire per chi volo volesse .



- Cesare, com'è per te il mondo visto da dietro la visiera?
il mio mondo dietro la  visiera , bella  domanda . questo mondo  voglio vederlo sempre  con gli occhi da  bambino , con occhi di  chi sogna e  voglio  che  la moto per me sia una  vera  e propia  compagna nella  vita futura , forse  che mi faccia  trovar anche  moglie e  chi lo sa' incontrarla  tra  le ombrelline di qualche  gara in salita :).



________________________________________________________________________

CHRISTIAN, IL VIAGGIATORE VEGANO, ALLA CONQUISTA DELL'AUSTRALIA!



La passione per la cucina, quella vegana, la passione per i viaggi, il coast to coast dell'Australia in moto, compiuto quasi "per caso". Christian ci racconta come ha coniugato al meglio ciò che più gli piace, dando il via al suo modo di viaggiare, quello del "viaggiatore vegano". In moto.



- Ciao Christian, hai da poco portato a termine il coast to coast dell'Australia. Come definiresti questa esperienza?

La definirei inaspettata. Infatti sono volato in Australia, a Brisbane, per una opportunità di lavoro e ho portato con me il casco e la giacca da moto pensando che magari, per un week end, avrei noleggiato una moto, e invece è diventato un coast to coast di 15 mila km. Me ne sono accorto quando sono arrivato a Perth.








- Da quanto tempo manchi da casa e cosa ha fatto nascere in te la voglia di cimentarti con un viaggio così lungo ed impegnativo?

Manco da circa sette mesi, anche se il mio concetto di "casa" è molto esteso. Mi sento a casa ogni volta che pianto la tenda o nella camerata di qualche buon ostello o quando trovo ospitalità in alcune famiglie locali dove vado a fare volontariato in cambio di un letto dove dormire. 

La voglia del viaggio è nata dalla curiosità di scoprire l'Australia, questo continente lontano di cui non conoscevo molto. Comperare una moto di seconda mano è stato estremamente facile, qui la burocrazie è molto snella. C'ho caricato sopra la tenda, il sacco a pelo, poche altre cose di scarso valore ma a cui ci tenevo e mi sono messo on the road scoprendo di giorno in giorno dove mi portavano le strade.



- La tua Kawasaki si sta dimostrando una compagna di viaggi affidabile? Come l'hai attrezzata per l'occasione?

Affidabilissima! All'inizio non mi piaceva, forse perché a casa ho un GS1200 del 2009, che si chiama Fiocco di Neve per via del colore white alpine e che saluto se mi sta leggendo: ciao Fiocco di Neve, mi manchi moltissimo ma tornerò! Se pensi che sia pazzo non hai mai letto quelli che scrivono che cambiano le "scarpette" alla loro "bimba" :) La Kawasaki, invece, si chiama Borbotto, che altro nome ti potevi aspettare per un monocilindro rumoroso e pieno di vibrazioni? Ad ogni modo, strada facendo, abbiamo cominciato ad essere amici e il viaggio assieme è stato piacevole. Ho equipaggiato la moto aggiungendo le valige laterali da 27 lt ciascuna, le barre di protezione laterale che non si sa mai e una sella diversa da quella originale sulla quale era impossibile stare seduti già dopo 50 km. 








- Viaggiare in solitaria: pro e contro?

Pro: vai dove vuoi, non hai vincoli o orari da rispettare, piena libertà di movimento. Contro: non saprei, a volte mi sarebbe piaciuto condividere alcuni momenti con gli amici, ma al giorno d'oggi i social network tendono a limare questa distanza, anche se comunque rappresentano un surrogato delle relazioni umane. Tuttavia quando viaggi in solitaria non sei mai solo, ho incontrato un sacco di persone che hanno arricchito il viaggio, con alcune sono ancora in contatto e chissà se ci incontreremo di nuovo. Forse si, i viaggiatori non si perdono mai di vista.



- Ti definisci "viaggiatore vegano", quanto sta arricchendo la tua cultura culinaria il tuo viaggiare per il mondo?

Ho creato la pagina de "Il Viaggiatore Vegano" su Facebook (www.fb.com/ilviaggiatorevegano) mettendo assieme due delle cose che mi piacciono di più: viaggiare e mangiare. La pagina ha avuto inaspettatamente un buon successo tanto che oggi credo di aver superato i 7 mila follower, di cui mi ritengo molto soddisfatto perché la pagina è cresciuta spontaneamente, non ho mai invitato a condividere, a mettere like, o scritto post con la sola intenzione di attirare internauti (clickbaiting). I contenuti sono reali e autentici. Non ho sponsor e non vendo nulla, voglio solo dare il mio piccolo contributo nel far conoscere il veganismo, una filosofia di vita che si basa sulla non violenza e sul rispetto delle persone, degli animali e dell'ambiente e che vede uno dei sui pilastri nell'antispecismo, ovvero ogni animale merita di essere rispettato al di là della specie di appartenenza.

A volte resto piacevolmente sorpreso nel trovare piatti vegani nei miei viaggi. Ho trovato ristoranti o fast food vegan da Kiev, in Ucraina, al Marocco, passando per la Colombia. Una delle sorprese è stata trovare la versione veg dell’haggis, un piatto tipico scozzese. Originariamente l’haggis sarebbe un insaccato di interiora di pecora (cuore, polmone, fegato), macinate insieme a cipolla, grasso di rognone e sale, mescolati con brodo e bollite nello stomaco dell’animale morto per circa tre ore. Della serie che poi siamo noi quelli strani perché mangiamo il tofu!



- Hai incontrato altri vegani durante il tuo percorso?
Si! Spesso negli ostelli, in cucina, si tende a buttare un occhio nelle pentole altrui e più di qualche volta ho conosciuto altri vegani e siamo finiti a cenare assieme condividendo i nostri pasti. 

- Quale il luogo che ha fatto breccia nel tuo cuore finora?
La Tasmania è un gioiello, avrei voluto rimanere nell'isola di più. C'è così tanto da esplorare in "poco" spazio se comparata all'Australia dove le distanze di centinai di chilometri separano le attrattive. Nell'Australia Occidentale, una delle più belle spiagge che abbia mai visto si trova ad Esperance e la città dove non mi dispiacerebbe una esperienza di vita è Melbourne. Sarà forse perché è vicina alle montagne dove poter andare in moto.



- Christian è cambiato dopo tutti questi km passati in sella? Se si, in cosa?
Non mi considero un vero e proprio motociclista, per me la moto rappresenta l'estensione dell'idea che ho di viaggiare. I km in sella ti aiutano a scoprire il mondo, a metterti in discussione, a pensare che non per forza quello che pensi sia giusto o sbagliato, ma che ci sono altri punti di vista. Viaggiando impari a diventare più tollerante e ti rendi conto che il mondo non è così brutto come ci vogliono far credere, anzi!

- Adesso dove sei diretto? Progetti di viaggio futuri?
Per ora sono a Perth, alla conclusione del viaggio australiano. Vorrei proseguire verso nord, ma non è la stagione giusta. Quindi credo che mi fermerò in Australia ancora qualche mese per lavorare e poi volerò in Nuova Zelanda, visto che è qua "vicino". Il mio sogno resta però quello di raggiungere il Nepal in moto.



- Christian, com'è il mondo per te visto da dietro alla visiera?
E' fatto di strade, persone, incontri, fascino e avventura! Credo che quando sei un motoviaggiatore non riesci più ad immaginare un viaggio in un'altra maniera se non in sella ad una moto!

______________________________________________________________________

PAOLO E LINDSAY: CINQUE ANNI DI VITA NOMADE IN SELLA AD UNA STAR.


- Ciao Paolo, ciao Lindsay. Siete da poco rientrati in Italia dopo 5 anni trascorsi in giro per il mondo in sella alla vostra LML STAR 125, percorrendo la bellezza di 95.000 Km. Cosa vi ha spinto a lasciare quel che avevate qui in Italia e a partire?

Piccolo preambolo: ci siamo conosciuti nell’ormai lontano 2011 mentre stavamo viaggiando nel Sud-est asiatico, a quel tempo senza un mezzo di locomozione proprio. Lì scoccò la scintilla delle due ruote motorizzate, sotto forma di noleggi prolungati in Thailandia, Cambogia, Laos e Vietnam.  Diciamo che la nostra relazione è nata in viaggio e questo ha senza ombra di dubbio influito sulle scelte che abbiamo preso più avanti. I viaggi sono 3. Dal Settembre 2012 a Novembre 2013 abbiamo portato a termine il “Budoia (PN) - Melbourne”, 40.500 km e 14 mesi di viaggio attraversando Grecia, Turchia, Iran, Pakistan, India, Nepal, Thailandia, Malesia, Singapore, Indonesia, Timor-Est e Australia. Il secondo viaggio tra il Settembre 2014 e Maggio 2015 ci ha visto percorrere le strade di Messico e Centro America. Otto mesi, 23.000 km tra Messico, Guatemala, El Salvador, Nicaragua, Costa Rica, Panama, Honduras, Belize. L’ultima tranche è iniziata nel Dicembre 2016 dagli Emirati Arabi Uniti. Dopo 11 mesi e 30.200 km tra Oman, Kirghizistan, Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan, Azerbaigian, Georgia, Turchia, Grecia e la splendida Italia. La passione per i viaggi con l’indipendenza data dalle due ruote, è ciò che ci ha spinto ad organizzare la nostra esistenza attorno al movimento. Persone diverse, culture diverse, paesaggi in costante mutamento. E’ la gioia del viaggio quella che, siamo sicuri, molti motociclisti conoscono in prima persona. A conti fatti non abbiamo “lasciato” nulla né in Italia né in Canada (paese di provenienza di Lindsay), abbiamo invece trovato moltissime cose tra cui spiccano gli incontri con le persone dai più svariati background culturali. 




- Da cosa è scaturita la scelta della Star come mezzo di trasporto? 

Prima di conoscere Lindsay avevo come sogno il viaggiare in bicicletta. Avendo viaggiato parecchio con i mezzi pubblici ero alla ricerca di un salto dal punto di vista dell’indipendenza di movimento. Il tentativo con la bicicletta è naufragato miseramente ma è rimasto il desiderio di autonomia. Della bicicletta non mi garbava l’eccessiva lentezza, avevo bisogno di qualche cosa che mi facesse muovere 20-30 km all’ora più in fretta. Se a questo si aggiunge la mia attrazione verso le forme della Vespa (quella vera ed originale che purtroppo non sono riuscito a rimediare), si arriva alla soluzione LML Star 125 4T (non me ne vogliano i veri vespisti). 

- Come l'avete equipaggiata per affrontare questo viaggio?

Non abbiamo apportato alcuna modifica a parte i due portapacchi (anteriore e posteriore). Con il portapacchi posteriore che a causa del peso eccessivo è stato oggetto di diverse saldature in diverse nazioni. 




- Qual è stato il momento più difficile durante questi 5 anni, mai pensato di voler tornare al vostro "porto sicuro" in Italia abbandonando le idee di vagabondaggio?

Momenti cosi difficili da farci abbandonare l’idea di “vagabondaggio” non ne abbiamo vissuti. Rimanendo a zonzo per periodi lunghi ovviamente capitano imprevisti. Se devo indicare alcune rogne direi: burocrazia sotto forma di visti , qualche guaio tecnico che la mia totale ignoranza in meccanica non mi consente di riparare, giornate con condizioni climatiche avverse. Ma nulla può scalfire ciò che l’emozione del viaggio ti regala.

- Quale il luogo che vi è particolarmente rimasto impresso in mente per la sua bellezza?

La lista rischia di essere molto lunga e di variare in base al momento in cui questa domanda viene posta. In questo preciso istante io (Paolo) dico: Varanasi in India, i monti del Pamir in Tajikistan e le isole di Sumbawa e Flores in Indonesia. Per Lindsay invece le mandrie di cavalli in alcune zone del Kazakistan, le zone di montagna con i villaggi e gli abitanti in Guatemala e la vitalità e l’energia di Città del Messico. 




- Quale la cultura che più vi ha affascinato?

Senza ombra di dubbio i mesi immersi nella cultura indiana (generalizzo in realtà si tratta di un insieme di culture) con le sue mille sfaccettature, sono stati di un’intensità eccezionale. E’ un mondo a sé stante che rapisce il viaggiatore. Riesce a farti infuriare, emozionare, innamorare nel giro di poche ore. 

- Quali i pro ed i contro di affrontare un'avventura del genere in coppia? 

Noi vediamo solo pro. La nostra storia è nata in viaggio e si è sviluppata viaggiando. Pur avendo entrambi viaggiato individualmente prima di incontrarci, abbiamo sviluppato insieme alcune dinamiche che rendono le nostre avventure compatibili con le esigenze di coppia. 




- Qual è la sensazione del rientro in patria, dopo così tanto tempo passato con uno stile di vita nomade, mai sedentario?

C’è un mix di felicità e tristezza. Rivedere parenti e amici dopo tanto tempo è senz’altro una cosa che riempie di gioia. Il rovescio della medaglia è la fine del viaggio; niente più tappe da percorrere, niente paesaggi che variano, fine degli incontri con persone diverse, niente più notti in luoghi sempre diversi ed il taccuino per raccogliere storie e conversazioni che diventa superfluo. La mentalità del nomade, privata delle esperienze/esigenze sopra menzionate, inizia subito a lavorare affinché il movimento torni a fare capolino nella vita di una persona girovaga.

- Progetti futuri di viaggio ce ne sono?

Abbiamo una serie di progetti di diversa lunghezza da gestire in base a come andranno le cose nell’immediato futuro canadese ed ovviamente in base alle stagioni. Taiwan, Russia, Giappone, Balcani, Nuova Zelanda. Una lista in cui ciascun elemento è svincolato agli altri.


  

- Da questa esperienza è nato anche un libro, volete dirmi qualcosa di più a proposito?

Il libro, “Inseguendo le ombre dei colibrì”, narra di parte del secondo viaggio: Messico, Guatemala e El Salvador. E’ un reportage di viaggio che mette al centro le persone che abbiamo incontrato. Le loro vite, i problemi sociali (narcos, emigrazione, gang), la storia delle nazioni con il passato coloniale ed i tumultuosi anni post-indipendenza. Un lavoro che ha richiesto parecchio tempo e che ha dato al viaggio centroamericano una seconda vita.

__________________________________________________________________________

GIULIO ROMITO: "LASCIO TUTTO, PRENDO LA MACCHINA FOTOGRAFICA E VADO A FARE IL MONGOL RALLY."


- ciao Giulio, come è maturata in te l'idea di partecipare al "Mongol Rally"?





Ciao! Ho sentito nominare per la prima volta il Mongol Rally qualche anno fa da un mio amico che lo ha percorso in vespa e mi sono incuriosito. Con un paio di amici era nata l’idea di farlo nel 2016 con una vecchia Samurai ma alla fine mi sono defilato per questioni lavorative mentre loro sono andati avanti…ma continuavo a covare il desiderio di partecipare! Quando sono tornati ed hanno iniziato a raccontare tutto quello che avevano visto e vissuto, dentro di me si è riacceso il fuoco dell’avventura. Da sempre amo imbracciare la mia macchina fotografica e partire in solitaria, credo che sia l’unico modo per addentrarsi in culture nuove e molto diverse dalla nostra. Questa però è stata anche la prima volta che ho affrontato il viaggio per così tanti km e così tante nazioni in sella alla mia moto. Era una nuova sfida per me e la trovavo molto stimolante. Come avrei affrontato i problemi che un viaggio del genere può metterti davanti? In Stati in cui non parlano né la tua lingua né, spesso, l’inglese? L’organizzazione del Mongol Rally, poi, richiede anche una quota d’iscrizione ed una raccolta di 1000£ da dare in beneficenza, 500€ a CoolEarth e 500£ ad un’associazione individuata dal team, nel mio caso GVC-Italia. Io però non volevo fermarmi a quella cifra ed ho cercato di raccogliere più fondi possibili attraverso delle serate ed una campagna di crowdfunding per la quale ho messo a disposizione dei gadget (magliette, felpe, spillette, cartoline, etc), delle foto che avevo già realizzato ed altre che avrei scattato durante il viaggio, ho messo la mia professione a servizio della causa. 

- Hai raggiunto il tuo obiettivo di contribuire al progetto "Gocciaagoccia di GVC"? 


Mi ritengo abbastanza soddisfatto di quanto abbiamo raccolto per il progetto di gocciaagoccia (uso il plurale perché moltissime persone hanno donato). Siamo arrivati ad una cifra di 4340€ per GVC ed altri 560€ per CoolEarth, non male dai…Anche se avrei voluto sfondare la quota di 5000€, ci siamo andati moooolto vicini.


- Mi parli di questo progetto, quale scopo ha?

L’acqua è un bisogno primario, un diritto che non può essere contrattato, perché l’acqua è necessaria per la vita, l’educazione, lo sviluppo e la crescita di ogni essere umano. Da anni, GVC si batte per rendere l’acqua accessibile a tutti. Soprattutto ai più deboli. GVC è presente in Siria da prima della guerra e con l’intensificarsi del conflitto assiste la popolazione con progetti di emergenza legati all’acqua e all’educazione. GVC garantisce l’acqua a migliaia di persone attraverso l’installazione di cisterne per lo stoccaggio e la distribuzione di taniche in diversi dipartimenti di Aleppo, Quneitra, Sweida, Daraa e Damasco. La percentuale di scolarizzazione in Siria oggi è la seconda peggiore al mondo: 2,1 milioni di bambini non possono andare a scuola. Ci sono bambini di 10 anni che non ricordano più cosa significhi vivere senza la guerra, mentre quelli di 5 anni non lo hanno mai saputo. Per questo motivo, ad Aleppo GVC ha riattivato 8 scuole, realizzato 7 aule prefabbricate e distribuito 10.000 kit scolastici, permettendo il rientro a scuola a 12.000 studenti. Anche a scuola, acqua e servizi igienico-sanitari sono una condizione imprescindibile per riportare i bambini in classe. Perché avere accesso all’acqua pulita significa anche avere accesso all’istruzione, alla salute, al cibo, e allo sviluppo, sia economico che sociale. Capito perché ho scelto loro? :)




- Con quale moto hai affrontato questa avventura e come l'hai "agghindata" per l'occasione?

L’ho affrontato con una Honda Transalp 650 del 2006, la prima moto che ho avuto…ed anche l’unica per ora. La preparazione è stata abbastanza frenetica perché ho deciso tardi di partecipare ed avevo una quantità infinita di documenti da preparare per i visti miei e della moto. Ho mandato un po’ di mail in giro per richiedere un aiuto con materiale tecnico a diversi brand legati al mondo delle due ruote. C’è chi ha risposto con entusiasmo (vedi OJ ed LS2) e chi invece non mi ha degnato neanche di risposta, ma me lo aspettavo. La Transalp di per se si presta a questo genere di viaggi, io ho dovuto aggiungere delle valige laterali in alluminio (più resistenti e comode per il carico), un paracarene su cui montare dei faretti aggiuntivi (sarei finito in posti in cui non avrei visto la luce dei lampioni neanche pagando) ed una comunissima presa da 12v. Ho portato con me degli pneumatici tassellati da montare prima del Pamir e qualche pezzo di ricambio per l’evenienza. - Hai riscontrato problematiche particolari lungo il tuo viaggio? Il viaggio è andato relativamente liscio sino a quando non ho spaccato l’albero secondario del cambio alle 18 nel bel mezzo del deserto kazako. Non vi dico che sensazione ho provato quando mi sono guardato intorno ed ho visto una distesa vuota per km e km…prima avevo avuto delle noie alla ventola di raffreddamento in Serbia ed alla centralina in Iran. In entrambi i casi ho trovato due meccanici che mi hanno sistemato il problema e non hanno voluto niente perché volevano contribuire al mio viaggio, gliene sarò per sempre grato e mai li dimenticherò! Il meccanico iraniano mi ha persino ospitato a casa sua per la notte, mi ha dato da mangiare ed i vestiti per dormire…Noi l’avremmo fatto con un perfetto sconosciuto? Ho dei dubbi.


 - La fotografia che più ti è rimasta nel cuore?

Ecco, una sfiga che mi ha condizionato per tutto il viaggio è stata questa: ho rotto l’obiettivo con il quale fotografo di più due giorni dopo essere partito! Sono dovuto correre ai ripari acquistando in Turchia una compattina ma non ho avuto lo stesso feeling che ho con la mia macchina fotografica. Detto questo, che suona un po’ come una scusa :), non ho una fotografia in particolare. Ho visto tanti di quei posti (ne avrei voluti vedere ancora di più, non mi bastano mai) che sarebbe riduttivo, per me, legare il ricordo ad una singola foto… Ce ne sono alcune che mi legano alle persone ed altre solo a me ed alla moto. Nel primo caso direi che quella più rappresentativa l’ho scattata a Shirvan in casa di una famiglia che mi ha ospitato. Mi hanno aperto le porte della loro casa come se fossi stato un amico di vecchia data. Tutta la famiglia si era raccolta a cena perché c’ero io. Nel secondo caso invece, mi piace quella in cui fotografo da dietro il cupolino della moto la strada che mi sto accingendo a percorrere sul Pamir, tutta sterrata ed in mezzo alle montagne. C’era una pace indescrivibile! Pensandoci bene ce n’è un’altra che chi mi conosce direbbe subito che l’ho scattata io. Per caso mi sono ritrovato nel bel mezzo di uno dei raduni mussulmani più sentiti in Medio Oriente, a Masshad, Iran. C’erano tantissime persone in processione e ad un certo punto ho visto una bambina accovacciata e circondata da una moltitudine di donne vestite di nero che mi fissava. Non potevo non fotografarla…




- Il momento che ti ha più emozionato durante questa "missione"?

Ne ricordo due. Il primo è stato quando ho rotto per la prima volta la catena, appena partito da Osh. Era domenica, avevo percorso 50 km ed avevo già dovuto pagare una mazzetta da 50$ perché avevo superato una linea bianca continua. Mentre sorpassavo, nonostante stessi accelerando, la moto saliva di giri ma rallentava facendo dei rumori metallici per nulla rassicuranti. Mi sono fermato di corsa in una piazzola di sosta. Due uomini si sono avvicinati per chiedermi se avevo bisogno di aiuto. Mi serviva un saldatore a tutti i costi. Mi hanno fatto entrare nel loro giardino, mi hanno offerto il pranzo e due parole di conforto mentre aspettavamo un loro amico che avrebbe sistemato tutto. Una volta ultimata la riparazione, mi sono messo in moto pronto per partire ma il proprietario di casa (un uomo modestissimo) mi blocca, corre in casa e ritorna con una forma di pane:” tieni, per il viaggio”. L’altra è stata in Iran, sempre “grazie” ad un problema della moto. Il meccanico che mi aveva ospitato a casa, al momento di pagare mi dice:” Solitamente per questo servizio prendo 300$ ma tu sei mio ospite e quindi sono 150$”. Muovo la mano per portarla al portafoglio ma lui mi blocca:”Non me li dare ora, me li darai al tuo ritorno dal viaggio, potrebbero servirti mentre sei in giro”. Capito? Capito che gente ho incontrato per strada? E tutto perché la moto si è presa un paio di pause…

- Progetti futuri che uniscano la tua passione per la moto e per la fotografia ad uno scopo benefico?

Ad oggi sto aspettando ancora di rimettere la moto in sesto. In testa ho già qualcosa ma non posso svelartela…non perché si tratta di chissà che, ma perché i diretti interessati ancora non lo sanno ahahah. Spero che quest’idea sarà accolta perché sarebbe la realizzazione di un sogno!

- Giulio, com'è per te il mondo visto da dietro alla visiera?


Spesso appannato, in altri casi polveroso, ma non è così che ci piace? :)




________________________________________________________________________

DAVIDE BIGA: DAL GIRO DEL MONDO IN SOLITARIA ALL'AFFASCINANTE SUDAMERICA ATTRAVERSO MILLE AVVENTURE.



- ciao Davide, il mondo visto da dietro la visiera per te ha assunto spesso vari significati: hai viaggiato per il mondo in solitaria, hai partecipato a grandi gare di regolarità - come l'Hard Alpitour e l'Over 2000, solo per citarne alcune - ti sei cimentato nell'Athens - Gibraltar. Quale di queste versioni rispecchia meglio il tuo modo di essere motociclista e di vivere la moto?


- ciao Cristina, per me la moto e' da sempre molto piu' di un mezzo di trasporto o uno strumento per raggiungere dei luoghi o degli obiettivi, per me la moto e' uno "stile di vita", uno strumento per realizzare i propri sogni avventurosi nel migliore dei modi. Le gare, tipo rally, regolarita' ecc, mi hanno affascinato da sempre, fin da bambino ho sempre seguito il piu' possibile quella che un tempo era la Paris-Dakar e che oggi e' la Rally Dakar, mi affascina moltissimo il fatto di essere in moto in spazi immensi e di scoprire il mondo attraverso il casco molto a contatto con la natura che ci circonda, mi piace l'idea di essere in moto con me stesso e anche in mezzo agli altri motociclisti che nella maggior parte dei casi vivono la passione e la moto nel mio stesso modo, diciamo che quando sono in moto mi sento nel mio habitat naturale, nel mio mondo, e se sono con altri motociclisti molto meglio perche' come tu sai c'e' una atmosfera che lega tutti i motociclisti e che li differenzia, siamo una grande famiglia speciale. Sia la HardAlpiTour che la GibraltarRace suscitano in me un fascino molto particolare, principalmente perche' sono gare in off-road in mezzo alla natura, e poi perche' sono "imprese", la HAT sono 24 ore in moto praticamente non stop immersi nei boschi e sulle montagne, il fatto di vedere tramontare il sole, pilotare tutta la notte e poi il mattino vedere l'alba ha un fascino indescrivibile, il tutto in mezzo a tanti amici, e io in piu' ho avuto la fortuna di partecipare alla HAT nel migliore dei modi e con il mio migliore amico con il quale ho condiviso tantissime bellissime esperienze motociclistiche e che purtroppo oggi non e' piu' con noi, percio' la HAT resta per me il top nei miei ricordi e nel suo genere, la GibraltarRace non e' un po' diversa ma non e' da meno, si attraversa l'Europa, e' meno "tirata", ma dura 2 settimane, percio' anche li' e' importante gestire al meglio moto ed energie, entrambe estremamente affascinati.




- Una delle tue più importanti avventure è stato il giro del mondo compiuto in solitaria tra il 2011 ed il 2012: com'è nata l'idea di cimentarti in questo viaggio?


Quella del giro del mondo in moto in solitaria e' stata e penso che restera' per me la mia piu' grande impresa personale, ci ho pensato per anni, mi sono documentato molto, ho letto libri, esperienze di altri, ma sempre e solo per trarre piu' informazioni possibili, poi un giorno ne ho parlato con un paio di amici e ho detto loro che nel giro di 18 mesi sarei voluto partire...c'era moltissimo da fare, studiare un percorso di massima, trovare sponsor, trovare la moto, riuscire a trasmettere le proprie motivazioni ed emozioni, il mio progetto era quello di "unire" Capo Nord e Ushuaia, due mete cult per moltissimi motociclisti, volevo fare il tutto e tornare "a casa" in un tempo di un anno, partire senza un limite di tempo non avrebbe avuto per me molto senso perche' lo avrei reso meno affascinante e meno impegnativo, io volevo pormi un obiettivo, raggiungerlo e dimostrare che la passione e la determinazione ti permettono cose incredibili. Non e' stato facile me alla fine ce la abbiamo fatta. Io il mio giro del mondo l'ho fatto in tenda e sacco a pelo, vivendo molto border-line e senza paure, e' andata molto bene ed e' stata una esperienza meravigliosa, unica e credo per me irripetibile, nel senso che potendo un giorno mi piacerebbe rifarlo, ma con qualche amico, e con al posto di tanti bagagli una carta di credito che ci permetta di stare tranquilli.  




- Con quale moto hai affrontato questa avventura, si è rivelata un'affidabile compagna di viaggi? 


Ho fatto il giro del mondo con una Yamaha XT1200 Super Ténéré, era appena uscita, la moto era una incognita per me perche' appunto era un modello nuovo e nessuno si era ancora cimentato in grandi imprese con questa moto, l'avevo provata e mi era piaciuta subito, mi aveva trasmesso da subito sicurezza e robustezza. In viaggio avevo con me pochissimi ricambi che non ho mai dovuto utilizzare se non per via di una rovinosa caduta in Bolivia, la scelta di questa moto e' stata azzeccatissima e non poteva essere una compagna migliore. Diciamo pure che una buona parte della riuscita del mio progetto nei tempi stabiliti e' stato merito della moto per via della sua affidabilita' e per via della sicurezza che mi trasmetteva sempre.




- Avevi un itinerario ben preciso o ti sei mosso in base alle esigenze del momento?


Avevo un itinerario di massima, come ti dicevo le 2 mete principali erano Capo Nord e Ushuaia, volevo percorrere tutta la transiberiana e le Americhe da Nord a Sud, poi per ragioni di sponsor si sono aggiunte Iwata in Giappone e molti meeting negli USA che mi hanno permesso cosi' di fare due meravigliosi coast to coast e di scoprire piu' di quanto mi ero prefissato. Oltre a questi appuntamenti, tutto il resto e anche i percorsi per raggiungere queste localita' li ho studiati giorno per giorno in base a miei interessi o ispirazioni, e' stato fantastico.


- Hai mai pensato di mollare?


Ho avuto un po' di momenti difficili, e' normale, ma ho pensato di mollare e c'e' mancato davvero pochissimo solo in una occasione, in Bolivia, erano gia' 6 mesi che ero in viaggio, e anche se mi sentivo invincibile una brutta caduta nel deserto nei pressi del salar di Uyuni mi ha fatto tornare con i piedi per terra. Stavo andando veloce su una pista sterrata di terra e sabbia e una brutta caduta mi ha fatto prendere una brutta botta in testa, mi ha fratturato lo scafoide del polso destro, e mi ha semidistrutto la moto. Ero da solo, nel mezzo di una pista del deserto, alle 12, sotto il sole, e con l'impossibilita' di rialzare la moto e di permettermi di tentare di proseguire perche' con lo scafoide fratturato non riuscivo a rialzare la moto. Ho passato una brutta ora da solo, poi per fortuna e' passato un ragazzo in moto e mi ha aiutato a rialzare la moto, abbiamo ricaricato i bagagli alla meno peggio e ho percorso a ritroso i 50 km di pista per arrivare a Oruro, li ho cercato un hotel con WiFi e ho comunicato cio' che mi era accaduto, mi ero reso conto di aver danneggiato molto la moto, e anche di essermi procurato una frattura, ho pensato che tutto era finito, che non mi restava altro che cercare un volo per tornare in Italia. Nella notte non riuscivo a dormire, un po' per il dolore e un po' per il nervoso per dover mollare, ho deciso che no, che avrei dovuto continuare si o si, che il tema di rinunciare non era una alternativa perche' me ne sarei pentito per il resto della mia vita, mi sono cosi' alzato e sono sceso nel parcheggio dalla moto, ho chiamato il guardiano del parcheggio e ho passato con lui l'intera notte per sistemare nel miglior dei modi la moto, al mattino quando sono risalito in camera ho trovato centinaia di mail e di messaggi di amici e di persone a me totalmente sconosciute che mi incitavano a non mollare, mi hanno dato una forza incredibile. Ho chiesto cosi' a Yamaha di inviarmi i ricambi necessari a Santiago Del Cile, dove un gruppo di followers mi stavano aspettando da mesi, ci ho messo 15 giorni per percorrere i 2300 km che mi separavano da Oruro a Santiago e sono stati i piu' dolorosi di sempre con il polso fratturato e la moto semidistrutta, ma e' stata sicuramente la scelta giusta. A Santiago mi sono fermato un mese, ho sistemato moto e polso e poi sono ripartito. Mai mollare.




- La popolazione ed il luogo che più ti sono rimasti nel cuore?


A dire il vero un po' tutte le popolazioni per diversi motivi, in particolare i Sudamericani e i Senegalesi, perche' in questi due luoghi ci sono dovuto restare piu' tempo percio' piu' a contatto. In Sudamerica oltre al tempo fermo dopo la caduta, perche' e' immensa da attraversare, in Senegal perche' sono rimasto un mese a Dakar ad aspettare che arrivasse la mia moto con la nave che aveva avuto un problema e percio' tutto questo ritardo, diciamo percio' che Sudamericani e Senegalesi mi sono rimasti particolarmente nel cuore.


- Qual'è il primo consiglio che ti sentiresti di dare a chi volesse accingersi ad affrontare un viaggio del genere?


Di stare tranquillo, calmo e sereno, prepararsi al meglio prima di partire ma poi di pensare sempre positivo, senza paure, vivendo un sogno. Non sempre tutto filera' liscio, ma guardando sempre avanti tutto si risolvera'. Il 90% del tempo vissuto in una esperienza del genere sara' stupendo, il restante 10% sara' duro e mettera' a dura prova, specie se da soli, ma i momenti difficili si supereranno con passione e determinazione, l'importante e' pensarci bene prima di partire e sentirsi veramente pronto, senza forzature. Tutto verra' da se e sara' in ogni caso una esperienza di vita incredibile.

- Quali nuove avventure motociclistiche hai in serbo attualmente?

Attualmente sono in Sudamerica, ritengo che il Sudamerica sia il continente migliore e piu' affascinante per viaggiare in moto e non  solo perche' offre tantissimo sotto tutti gli aspetti, ho una ditta in Cile che si chiama "Davide Biga Adventure Dream" (www.davidebiga.com) e organizzo viaggi in moto in Cile, Bolivia, Peru' e Argentina, ho sia moto mie per chi desidera vivere una vacanza e fare un viaggio con la formula "fly&drive", sia la possibilita' di far spedire le moto dei clienti dall'Italia, metto a disposizione di tutti, tutta la mia esperienza e tutta la logistica necessaria per permettere di realizzare il proprio viaggio da sogno in Sudamerica nel migliore dei modi possibile in base alle richieste e alle esigenze di tutti. Sono a disposizione di chiunque abbia bisogno di qualsiasi consiglio, ciao a tutti!




_______________________________________________________________________________






COSA NE PENSANO I GRANDI VIAGGIATORI DEL MONDO VISTO DA DIETRO LA VISIERA?

Ecco qui di seguito la raccolta delle risposte dei motoviaggiatori che ho avuto il piacere di intervistare durante questa stagione di appuntamenti settimanali con "i giovedì della zavorrina" alla domanda: cosa ne pensi del mondo visto da dietro la visiera? Vediamo quante sfumature possono esserci del mondo visto a modo nostro.. quello dei viaggiatori sulle due ruote!

Alessandro Manoni: Per come la vedo io "il mondo visto da dietro la visiera" è forse l'unica cosa che conta. Non sto parlando solamente di viaggi in moto: puoi decidere di partire per il Giappone o per un weekend in una città a pochi chilometri,  il mondo dietro la visiera è ogni volta che decidi di dare un taglio con la vita quotidiana, ogni volta che ti incammini in un nuovo percorso ed anche quando decidi di affrontare un problema da un altro punto di vista. La visiera è il tuo mezzo per raggiungere la felicità. 



Danielle Murdoch: L'aspetto più bello di guardare e scoprire il mondo da dietro la visiera è che si è più a contatto con le popolazioni che si incontrano lungo il proprio viaggio. Senza la barriera metallica di una macchina, è tutto più vicino a noi. Come guidando attraverso i villaggi, arrivano subito gli odori, i sapori; sarebbe diverso guidando con un camper con l'aria condizionata. In definitiva ci si immerge nel vero ambiente.

Chantal Simons: E’ una domanda alla quale faccio fatica a rispondere. Per me l'aspetto più bello di scoprire il mondo da dietro la visiera è il collegamento della persona con l'ambiente circostante. Non si è solo di passaggio attraverso la terra, ma si diventa parte di essa. È possibile sentire l'odore degli alberi o la pioggia fresca in estate. Se la strada è polverosa, se ne sarà presto ricoperti. Se fa caldo, si è caldi, se è bagnato, si è bagnati. C'è poca barriera tra noi ed il mondo. La stessa cosa accade con la gente. Soprattutto nei paesi in cui le moto sono la principale forma di trasporto. Su di una grande moto a pieno carico ci sembrerà sempre di essere come alieni. Eppure sei un alieno che è semplicemente parte del mondo che sta attraversando e la gente ti accoglierà per questo motivo.

Marco Giurin: Penso che sia un mondo fantastico, io ci sono in mezzo da pochi anni. A me piace il viaggiare lento, godermi il paesaggio e riuscire a sentire gli odori. Ricordo l'estate scorsa ero a Lione in francia, alle 6 di mattina mi metto in marcia verso casa. Siccome era Domenica non cerano auto e nell'aria cera un profumo da croissant. Potrà essere una cavolata ma per me questi sono ricordi di viaggio bellissimi. Poi avvolte mi dicono che sono matto perché viaggio in vespa perché in garage ho un'Africa Twin rd04 che uso solo per muovermi in città... di solito la gente normale viaggia in moto e si muove in città in Vespa 😉

Totò le motò: Mi stupisco lucidamente. La moto é sempre stato strumento di conoscenza e passpartout per incontrare nuove culture. Purchè si viaggi va bene in qualunque modo, ma farlo su due ruote è il modo che preferisco a tutt’oggi. E spero di poterlo fare per tanto tempo ancora.

Alessandro Wizz: Quando indosso il casco e chiudo la visiera mi trasferisco in un altro mondo dove siamo soli, io la moto e nient’altro, pronti a spostarci sulle strade del mondo per assaporarne le bellezze fino a oltre la sazietà. Il mio mondo dietro la visiera è fatto di libertà: di correre tra le curve o rallentare su di un rettilineo a strapiombo sul mare, di guidare tutta notte o campeggiare in mezzo al nulla.

Sebastiano Coco: Sicuramente il mondo è davvero migliore di quello che ci viene descritto dai giornali e dalle televisioni, la gente che si incontra ha la tua stessa umanità e per noi averla ricercata ed apprezzata è stato un qualcosa di veramente prezioso che ha arricchito le nostre esistenze e ci ha permesso a nostra volta di essere più umani e più consapevoli delle bellezze del mondo.

Marta Brambilla: È una sensazione quasi indescrivibile a parole, ma per una volta mi sono sentita al posto giusto, ho sentito come se tutto di me fosse giusto. Senza barriere, a contatto con il “dentro” e il “fuori” di me: dopo alcuni giorni di viaggio in effetti le due cose coincidono. Ricordo ancora in maniera molto vivida come avessi l’impressione che il mio Io si espandesse a perdita d’occhio una volta arrivata in Siberia. Era come se finalmente avessi trovato il mio spazio – l’infinito.

Sherri Jo Wilkins: Io non sono sicura del perché sia diverso di vedere il mondo da dietro la visiera invece che da dietro il finestrino della macchina, ma è così. La parte più bella è la libertà e l'esperienza selvaggia che solo la strada aperta ti sa dare. Non si può paragonare alla sensazione che si ha stando seduti in una macchina. Per me ci si sente più autentici e reali, come se si fosse realmente un "esploratore", pronto a scoprire il mondo con gli occhi spalancati, tutti gli odori, e tutti i momenti. Mentre in una macchina, non riesco ad avere questa sensazione.

Un ringraziamento a tutti i viaggiatori per aver condiviso la loro esperienza ed un ringraziamento a chi ha speso un po' del proprio tempo a leggere le loro parole tramite questo blog!

Cri
_________________________________________________________________________
STEFANIA GNOATO ED IL GRANDE VIAGGIO IN SOLITARIA IN SUD AMERICA. PARTE 2/2.

Stefania, donna e madre 52enne, decide di mettere alla prova sè stessa e le sue capacità partendo per un viaggio in solitaria sulla sua due ruote, in direzione Sud America, con grande incoraggiamento anche da parte dei suoi figli. Si rivelerà un'esperienza stravolgente, intensa il viaggio di una vita. Ecco come Stefania stessa ci racconta la sua avventura, durante una delle sue soste serali. Lasciatevi coinvolgere dalle parole di questa intraprendente motociclista, non vi resta che sognare ad occhi aperti e viaggiare insieme a lei..


..il mio viaggio continua, parto da Uyuni felice in direzione La Paz sempre in strada comincio a sentirmi male, vedo la strada muoversi e continuo a sentirmi peggio tengo d occhio il contachilometri e cerco di resistere fino a Oruru. Trovo subito un hotel con garage, chiedo che mi aiutino con i bagagli che mi sento male, infatti il termometro dice che ho febbre a 39,5! Mi faccio fare un the e mi addormento, mi risveglio il mattino sana come un pesce ma decido di dar tregua al mio fisico così decido di girare per la città, carina e tranquilla. Il giorno
dopo riparto direzione La Paz! Arrivo il primo pomeriggio, giro e trovo una guida che venga con me sulla caretera de la muerte, mi accordo, ma poi nel momento di partire ci sorprende un temporale con tanto di grandine che ci becca per strada però insisto con me stessa che voglio farlo! Mi fermo, rifletto e mi ritrovo a pensare nuovamente al destino, sono furiosa, il destino non vuole che lo faccia cosi! Giro la moto e decido di scendere in costa fregandomene di tutta la rabbia che sento. In questo viaggio ho imparato una cosa molto importante: la strada ti libera la mente ed accentua le sensazioni , percepisci il pericolo da semplici immotivate sensazioni, percepisci di fidarti sempre di esse e da queste alcune volte cambi rotta e il destino ti fa incontrare o vedere cose meravigliose! Sono nella strada che attraversa il deserto dell'Uyuni e trovo un motociclista fermo, senza benzina (lo aiuto io) e che cerca la strada per il Cile, gli dico perciò
di venire con me. Per ringraziarmi si toglie il casco e.. o mio Dio! Ha gli occhi tatuati (proprio il bianco degli occhi!!!) di un blu elettrico! Ride e mi mostra la lingua tagliata in due come quella di un serpente ....scoppio a ridere e dico a me stessa "non è possibile, in mezzo al deserto ho trovato  l'unico motociclista - vampiro!!!!!" Rido a crepapelle e lui con me, si chiama Gustavo e diventa il mio secondo compagno di viaggio. Arriviamo alla dogana tra Bolivia e Cile e la Bolivia non mi fa passare perchè all'altra dogana boliviana hanno sbagliato a compilarmi la carta!! Io sbotto ma Gustavo mi dice di stare tranquilla; il vampiro dal cuore grande parla con tutti e convince la dogana cilena ad accettarmi e ci riesce! Il paesaggio qui è fantastico: il vulcano con il lago sembrano disegnati. Facciamo un pezzo di strada non asfaltata, poi si comincia a correre, diamo gas alle moto fino a che non arriviamo ad Arica.
Io e Gustavo ci lasciamo due giorni dopo, io continuo il viaggio sulla costa: il rosso delle rocce con l'azzurro del mare ed il bianco spumeggiante delle onde è fantastico, una miriade di uccelli si annidano fra gli scogli, estasiata li filmo con la speranza che si senta il loro canto! La mia direzione ora è l'osservatorio astronomico nel deserto. Dopo km di deserto mi ritrovo sassi giganteschi disegnati al lato della strada. Arrivo all'ossevatorio e mi dicono che senza il permesso governativo non si entra, che delusione! Scatto qualche foto e riparto per Los Andes dove il mio amico Gustavo Oporto (1) mi mi ospita a casa sua, lì ho l'occasione di capire meglio i cileni.
Imparo quanto il volontariato sia parte della loro cultura, imparo che tutte quelle macchine e camion che sventolavano la bandiera cilena come da noi fanno quando vinciamo i mondiali di pallone, erano non un gioco, non un segno patriotico, bensì simbolo di gente comune che riempiono le loro macchine per portare aiuti! Mi commuovo quando la sera vedo arrivare i vigili del fuoco con le pompe sfigurati dalla stanchezza ed il paese fa loro festa perchè son tornati vivi. Mi avvicino ad uno di loro e mi racconta che la loro sede e stata donata da un italiano, so che vanno avanti con offerte e gli dico posso farne una pure io così gli metto i soldi in mano e scappo via. Lascio dopo qualche giorno vissuto in grande armonia la casa di Gustavo per visitare Santiago e mi fermo a casa mate (un ostello esclusivamente per motociclisti) dove c'è un'officina a disposizione. Faccio altre conoscenze con moto viaggiatori: una coppia in pensione australiani che gira il mondo con i soldi della pensione ormai da dieci anni. Non hanno una pensione astronomica ma hanno imparato come risparmiare! Sono felici ed ancora innamorati e li invidio tantissimo! Santiago è una città sorprendente; assisto ad un concerto in cattedrale di pianoforte e violino gratuito, bellissimo. Riparto presto per Val Paraiso, devo riconsegnare la moto. Ecco, questa è stata la mia esperienza, un'avventura che mi ha cambiata. Una promessa fatta di ritorno per vivere nuove sensazioni. In questo racconto ho tralasciato di moltissime conoscenze fatte molto interessanti ma non potevo scrivere di tutte! Persone belle, altre meno, persone che ti fan riflettere ed altre che ti fanno arrabbiare ...ma sei tu che decidi se vuoi sentire ed ascoltare .....nella vita di tutti i giorni non hai nemmeno il tempo di pensarci sei preso solo dalle cose futili.

Cri

_______________________________________________________________________

ALESSANDRO ED I SUOI DIARI DELL'AFRICA TWIN.

Intervista ad Alessandro Manoni, motoviaggiatore, che ci racconta della sua avventura in Marocco in solitaria e del suo rapporto speciale con la sua Honda Africa Twin.


Ciao Alessandro, cosa rappresentano per te "i diari dell'Africa Twin"?

Il progetto I diari dell’Africa Twin nasce il 15 Luglio 2016 per condividere le mie esperienze di viaggio. Vengono pubblicati quotidianamente aggiornamenti relativi sia al motoviaggio sia alla quotidianità di un motoviaggiatore. L’idea iniziale era di creare una raccolta, un diario di bordo, con tutte le mie esperienze in tema diviaggi. Con il passare dei mesi il progetto si è tramutato in una carta carbone virtuale della mia vita, un impegno a tempo pieno che richiede passione e dedizione. Pubblico materiale di ogni tipo, dalle foto ai video, dalle curiosità alle news, in questo modo riesco a dispensare consigli sulla moto e sul viaggio.

Parlami del tuo ultimo viaggio in Marocco in solitaria, che tipo di esperienza è stata per te?

E' da molto tempo che viaggio sia in compagnia che in solitaria. Ho fatto viaggi in auto stando via anche per mesi e viaggiato in moto in lungo ed in largo per l'Europa ma questa è stata senza dubbio un’esperienza nuova in quanto per la prima volta ho potuto guidare ed esplorare una parte, anche se piccolissima, di un nuovo continente: l’Africa.


La tua AT si è comportata bene? Come l'hai equipaggiata per affrontare questo viaggio?

Allestimento: 
-valigie alluminio
-sacche a rotolo impermeabili 
- gomme tassellate
-2 taniche di benzina

L'Africa si è sempre comportata bene ma vorrei raccontare un aneddoto:
Al porto di Genova, dopo una pausa sigaretta, giro la chiave e la moto non da segni di vita. Inizio ad interpellare il calendario ecclesiastico ma nessuno risponde, continuo a spinta verso la nave, porto a termine il rituale burocratico e mi fermo in uno spiazzo.
Giro e rigiro la chiave nella speranza che qualcosa cambi, nulla.
"Cavolo, ma se non da alcun segno di vita provo a controllare i morsetti della batteria".
Smonto la fiancatina e guardo la batteria come si guarda una piscina piena di vinavil (cit) : COMPLETAMENTE SECCA nonostante manutenzione minuziosa e mai segni di cedimento! Devo inventarmi qualcosa. Mi avvicino con fare disinvolto a 2 operai del porto a bordo del loro furgoncino, faccio il ruffiano e li convinco (soldi cash) a portarmi al più vicino motoricambi aperto di sabato pomeriggio.

IO: "Salve, ho la nave che parte tra 1 ora e ho bisogno assolutamente di una batteria per la mia moto!"
NEGOZIANTE: "Ho questa ma dopo aver messo l'acido devi caricarla per una decina di ore"
IO:"Al litio hai niente?"
NEGOZIANTE: "No, mi dispiace, per la tua non ho niente"
IO: "Dammene una a caso basta che sia più piccola"
NEGOZIANTE: "Sicuro?"
IO: "SI!"
Torno, monto la nuova batteria ed entro in nave.


Come descriveresti il popolo marocchino, che tipo di accoglienza ti ha riservato?

Si ha sempre un po’ paura di ciò che non si conosce ed ammetto di essere partito dall’Italia con un po’ di pregiudizi. Ho però trovato un popolo estremamente accogliente e disponibile ad aiutarti in qualsiasi modo, una terra che ha tantissimo da offrire a livello paesaggistico e umano.
Viaggiare serve anche ad aprire la mente, conoscere i popoli, capire le loro tradizioni ed arricchirsi culturalmente. 

Quali sono i pensieri che affollano la mente di un motociclista, mentre ci si ritrova nel bel mezzo di quei paesaggi infiniti africani?

Libertà, pace e felicità: questo era quello che provavo guidando nel bel mezzo del deserto roccioso del Marocco. 
Tutto il resto non conta, non conta che sei a digiuno dal giorno prima, non conta quel problema che ti angosciava a casa, ti lasci semplicemente alle spalle la vita quotidiana godendo di ciò che è intorno a te. Certo, ogni tanto mi preoccupavo guardando l'inesorabile scorrere del contachilometri senza aver ancora incrociato un benzinaio, ma avevo comunque 10 litri di benzina nelle taniche.  


Quale la località che ti ha incantato lungo la tua strada?

Il mio obiettivo principale era di oltrepassare le montagne dell’Atlante per raggiungere Merzouga ed il deserto. Sono rimasto letteralmente stregato dal primo incontro con l'Erg Chebbi e le sue maestose dune che si stagliano orgogliose ed imponenti. Ho partecipato ad un tour con i dromedari, dormito in un accampamento berbero nel deserto ed ammirato un infinito cielo stellato che è impossibile da raccontare. Un'esperienza unica!  

Hai incontrato particolari difficoltà?

No è tutto filato liscio senza particolari problemi. Un fattore che però mi ha colto impreparato è stata la neve. Si, la neve. Attraversando le montagne dell'Atlante si sale molto di quota ed inevitabilmente ci si confronta con le temperature rigide ma mai avrei pensato di guidare per un'intera giornata solo ed esclusivamente in paesaggi innevati! Ad Azrou, ai lati della strada, c'era 1 metro abbondante di neve! Ovviamente ero preparato sia al caldo che al freddo quindi non è stato un problema. 


Come ti sei organizzato per i pernottamenti?

Come al solito: tenda e fornellino. Non prenoto mai nulla e decido giorno per giorno dove dormire e se dormire in tenda o andare al caldo in un hotel. La scelta dipende dal tipo di giornata che ho affrontato: ad esempio se ho affrontato un tratto molto impegnativo, ho sudato e quindi necessito di una doccia ed un buon riposo non ci penso due volte a pernottare in un hotel o ostello. Altrimenti scelgo un posto dove piantare la tenda e cucinarmi la cena.

Viaggiare in solitaria è una limitazione o un vantaggio per te?

E’ uno dei tanti modi di viaggiare.  C’è chi viaggia in aereo, chi in auto, chi in bicicletta piedi, chi in compagnia e chi in solitaria… ci sono pro e contro. In solitaria sai che potrai contare solo ed unicamente su te stesso: guasti, malintenzionati o incidenti saranno dei problemi che dovrai risolvere da solo e contando solo sulle tue forze. L’altra faccia della medaglia è che non hai alcun genere di vincolo e non dipendi da nessuno riguardo ad esempio la scelta di dove andare, quanto restare, dove dormire o semplicemente cosa fare.   


Quale il tuo prossimo progetto di viaggio?

Vivo alla giornata, non pianifico né tanto meno progetto da ora i futuri viaggi. Sostanzialmente funziona così: Appena mi rendo conto che di lì ad 1 mese potrò partire, vado in libreria, mi piazzo avanti gli scaffali delle guide e scelgo emotivamente quella che più mi attira. Sfogliando la guida ho un’idea generale dei posti che meritano essere visitati e creo una bozza di itinerario. Non per questo lascio che l’itinerario diventi una gabbia: in viaggio mi lascio tentare da deviazioni improbabili o consigli della gente del luogo e non sono rari i casi in cui i fuori programma si rivelano talmente appaganti da meritare uno o due giorni di permanenza in più. 

Cambieresti la tua "Africona" per un'altra moto? 

Per ora no, sono un tipo sentimentale e mi affeziono facilmente. La mia Africa Twin, nonostante la veneranda età di 29 anni, durante il mio viaggio in Marocco si è comportata egregiamente, come sempre del resto. Spesso mi viene rivolta la domanda “ma non hai paura sapendo di partire partire con una moto così vecchia, che può abbandonarti da un momento all’altro?” la mia risposta è sempre la stessa “pompa benzina, regolatore di tensione e centralina di riserva sempre con me”. Sono infatti questi i punti deboli dell’Africa Twin, altro non può fermarla (sgrat sgrat!)


Alessandro, cosa  pensi del "mondo visto da dietro la visiera"?

Per come la vedo io "il mondo visto da dietro la visiera" è forse l'unica cosa che conta. Non sto parlando solamente di viaggi in moto: puoi decidere di partire per il Giappone o per un weekend in una città a pochi chilometri,  il mondo dietro la visiera è ogni volta che decidi di dare un taglio con la vita quotidiana, ogni volta che ti incammini in un nuovo percorso ed anche quando decidi di affrontare un problema da un altro punto di vista. La visiera è il tuo mezzo per raggiungere la felicità. 



Cri
_______________________________________________________________________

DANIELLE MURDOCH, UNA DONNA ALLA CONQUISTA DEL MONDO SULLE DUE RUOTE IN SOLITARIA.

Ecco l'intervista rilasciatami da Danielle, intraprendente donna che sta girando il globo terrestre in sella alla sua moto in solitaria. La passione per i viaggi, tramandatale dal padre sin da quando era piccola attraverso i suoi racconti, ha preso forma, non appena è diventata adulta, in un'esplorazione dei vari continenti nel ruolo protagonista di moto viaggiatrice.

Ciao Danielle, quando è nata la tua passione per la moto?

Nel 2007, dopo aver sperimentato un viaggio di due settimane moto attraverso Loas nel Sud Est asiatico come passeggero su di una Honda XR250, ho deciso di partire per l'Europa su di una moto piuttosto che fare la normale esperienza zaino in spalla. Così, sono andata a casa ed ho parcheggiato la mia XR250 davanti alla finestra della mia camera per incoraggiarmi a prendere la patente per la moto! Avevo 25 anni all'epoca.


Con la moto hai esplorato prima l'Australia e poi l'Africa, in solitaria. Quanti chilometri hai percorso ed in quanto tempo?

All'inizio del 2008 sono andata con la mia Honda XR 250 da Bangkok a Mosca, avevo $ 10.000 in tasca e sono riuscita a farli durare per esattamente 10 mesi! Quando ho raggiunto Mosca, non avevo più soldi ed ho venduto la moto per poter acquistare il biglietto aereo per tornare a casa!
Al ritorno ho passato due anni risparmiando soldi per la mia prossima avventura in motocicletta. Nel 2010 sono andata in sella alla mia moto (Suzuki DR 350) da Brisbane, Australia in Africa via terra attraverso il Sud-est asiatico, l'India, il Medio Oriente, in Egitto, dove io iniziato la mia circumnavigazione dell'Africa. Nel 2014 esattamente quattro anni dopo che ho iniziato io fermato la mia moto alla dogana a Victoria Falls, Zimbabwe.


La decisione di partire per questo importante viaggio, da cosa è nata in te?

Mio padre aveva viaggiato molto prima di venire a vivere insieme a noi, sono cresciuta ascoltando le sue storie sull'Africa e spulciando tra le pile enormi di sue diapositive. In famiglia trascorrevamo tutti i fine settimana esplorando la Nuova Zelanda in camper. Poi, quando avevo sei anni avevo messo da parte abbastanza soldi per comprare un biglietto aereo per Francoforte, in Germania, dove i miei genitori hanno portato un camper arancione fosforescente ed abbiamo trascorso sei mesi ad esplorare l'Europa durante l'inverno. Quindi, credo che viaggiare sia sempre stato nel mio sangue e mi è stato utilissimo crescere passando il mio tempo a fare l'esploratrice!




Come ti sei trovata a viaggiare in solitaria e la gente che hai incontrato come vedeva una donna che viaggia da sola?

Il ruolo di donna, viaggiando, può aprire tante opportunità. Sarete accolti nelle case della gente il più delle volte, o invitati fuori a cena con la popolazione locale o nel sancta sanctorum delle loro case (soprattutto nei paesi musulmani dove i viaggiatori maschi dovrebbero rimanere nella stanza di accoglienza degli ospiti senza parlare con la femmine presenti in casa). Nell'insieme mi sento che quando si viaggia da soli si riesce ad entrare in contatto molto meglio con la popolazione locale, che vorrà prendersi cura di voi come una sorella o una figlia.




Cosa non può mai mancare nel tuo bagaglio?

Ohhh, questa è una dura risposta da dare! Il mio kit di strumenti di fiducia per la riparazione della moto. Dopo di che, ho avuto un paio di articoli di lusso, come un libro, un blocco per disegnare ed una piccola scatola di colori ad acqua.


Qual è il luogo che più ti ha colpito?

Il Pakistan. E' un paese dove ci si perde completamente. Le cose che si leggono nei notiziari sono terribili, ma quando ci si trova all'interno del paese e ci si apre a nuove esperienze si scopre che i pakistani sono persone di buon cuore, accoglienti e disponibili. Poi come paese è così sorprendente, che ci si fermerà ad ogni angolo della strada per scattare sempre nuove foto! Io in realtà finito per vivere nel nord del Pakistan per sei mesi in attesa che la guerra siriana finisse. In quel momento ho esplorato le diverse zone ed ho imparato molto sulla loro cultura. A causa di questo, penso che il Pakistan rimarrà sempre nel mio cuore.


Hai incontrato un momento particolarmente difficile durante il viaggio?

Ognuno ha alti e bassi mentre si viaggia. Ho faticato molto in India, dove gli uomini decidevano di poterti toccare o di stare fuori dalla tua camera da letto ad aspettarti solo perchè eri un turista. Sono stata inseguita sulla spiaggia da un gruppo di giovani uomini. Mi sono bloccata spesso nel traffico folle e avuto diversi incidenti. Alcuni erano stati causati dalla gente del posto che guidava senza guardare la strada, ma osservando me! Dopo aver lasciato l'India ero una persona completamente diversa. Non interagivo con nessuno, mi ero chiusa in me stessa. Quando sono entrata in Pakistan ho deciso che per portare avanti questa avventura avrei dovuto dari una nuova possibilità e così ho fatto! 


Qual è secondo te l'aspetto più bello di guardare e scoprire il mondo da dietro la visiera? 

L'aspetto più bello di guardare e scoprire il mondo da dietro la visiera è che si è più a contatto con le popolazioni che si incontrano lungo il proprio viaggio. Senza la barriera metallica di una macchina, è tutto più vicino a noi. Come guidando attraverso i villaggi, arrivano subito gli odori, i sapori; sarebbe diverso guidando con un camper con l'aria condizionata. In definitiva ci si immerge nel vero ambiente.

Questo il link al sito di Danielle Moto Monkey Adventures.

Cri

______________________________________________________________________

CHANTAL SIMONS: UNA GIOVANE OLANDESE ALLA CONQUISTA IN SOLITARIA DI AUSTRALIA ED ASIA.

Chantal si innamora delle moto sin da tenera età, da quando suo padre la portava sul sellino posteriore della sua moto per fare delle gite; crescendo aumenta sempre più in lei la passione per le moto, che userà dapprima per gli spostamenti di ogni giorno, sino a sfociare poi nell'esplorazione di ben due continenti, l'Asia e l'Australia, viaggi che compirà in solitaria. Leggiamo le interessanti parole di questa intraprendente centaura olandese nell'intervista che ha rilasciato alla Cry.



Ciao Chantal, quando è nata la tua passione per la moto?

Sono stata un’appassionata di moto probabilmente dai tempi dell'asilo, ma ho iniziato a salire in sella solo a 21 anni. Mio padre ha sempre avuto moto e lui mi ha sempre portata con sé a fare giri in moto come passeggera. Quanto mi piaceva! Per me era chiaro fin da subito che sarei stata in sella alla mia moto prima o poi. E 'stata solo questione di tempo. All'età di 10 anni avevo già capito che avrei voluto un Ducati Monster 600 giallo fiammeggiante. Ho comprato quella moto quando avevo 22 anni e la amo ancora, eppure è così poco adatta per viaggiare! Sono felice di aver lasciato il mio amore per la bellezza dietro di me e di essermi impegnata per la praticità, con l’XT!

Infatti ora guidi una Yamaha XT250, "chook Chaser". E 'una moto comoda per una donna?

Si assolutamente. Sono un po' bassa per essere un pilota, sono alta infatti poco meno di 1 metro e 60 centimetri. I miei piedi non toccano terra nella maggior parte di moto da viaggio: le KTM, Suzuki DR e le BMW GS sono letteralmente oltre la mia portata. Per molte altre donne queste moto sono anche pesanti da gestire e quasi impossibili da tirare su se cadono. L'XT250 può essere presa sulla ghiaia, sabbia, fango (si sa, tutte cose divertenti per me!), consentendo di mettere i piedi a terra e prenderla in mano facilmente. Dopo 80000 chilometri percorsi con tutti i problemi del caso, posso anche dire che è una moto incredibilmente affidabile. Anche il viaggiatore meno portato per la meccanica se la cava benissimo con questa moto. L'unica cosa che trovo meno comoda è la sua sella, è un po' troppo dura quando ci stai seduto per tanti giorni. Ma credimi, è possibile abituarsi anche a questo!



Con la tua moto hai esplorato prima l'Australia e poi l’Asia, in solitaria. Quando sei partita avevi un progetto di viaggio ben definito?

Non ho mai avuto un progetto di viaggio ben definito. Prima di andare in Australia col Chook Chaser ho fatto un paio di viaggi più brevi e lentamente mi sono spinta fino a compiere un viaggio folle in tutto il continente. Due mesi dopo aver ottenuto la patente sono partita per un viaggio in Europa con un buon amico, 9 paesi in 10 giorni. Mi sono seriamente ammalata della voglia di fare viaggi in moto. Due mesi dopo sono volata in Nuova Zelanda, ho comprato un Suzuki GS550 di 31 anni ed ho viaggiato da sola girando la metà del paese in sella ad essa, fino a quando si è rotta per la quarta volta e non ho più avuto i soldi per ripararla. Nessuno di questi viaggi erano particolarmente ben pianificati o pensati. Quando sono andata in Australia per i miei studi, inizialmente pensavo che l'Australia fosse troppo grande da esplorare su di una moto. Ma quando ho imparato che a bordo di questo mezzo di trasporto si vedono le parti migliori, la decisione è stata presa facilmente. Poi a metà strada durante il mio viaggio in Australia ho dovuto pensare a quello che volevo fare nella vita. Crescere, ottenere un lavoro vero e stabilirmi in un posto, o se continuare la vita zingara ancora per un po'. Non ero mai stata in Asia e quindi ho deciso che era tempo di andare ad esplorarla. La moto permette di marciare in un modo così unico, dopo la libertà che mi ha dato durante i miei viaggi precedenti, che non potevo tornare ad essere dipendente dai bus o a dover mercanteggiare tassisti. Il Chook Chaser doveva venire con me. Una volta deciso, mi sono messa in moto per spedirla verso l'Asia ho decidendo di rendere il viaggio più lungo guidando dai Paesi Bassi (posto da dove vengo). Posso dire che sto già pensando a più di viaggio. Ma non posso ancora rivelare ulteriori dettagli, prima il mio obiettivo è quello di scrivere e pubblicare libri sui viaggi in Australia e in Asia.

Come ti sei trovata a viaggiare in solitaria e come vedeva la gente che incontravi lungo la tua strada una donna che viaggia da sola?

Per me viaggiare da sola è il modo migliore. Poter prendere le proprie decisioni, non dover tenere conto di altro, ti dà una quantità impressionante di libertà. È inoltre davvero importante imparare a fare affidamento su se stessi e scoprire che si è capaci di molte più cose di quante non immaginiamo. A volte viaggiare da soli può far sentire un po’ di solitudine. Tuttavia, è anche un ottimo modo per entrare in contatto con gli altri. L'unico vero lato negativo di viaggiare da soli è che non mi sento a mio agio nel percorrere strade sterrate pericolose in aree remote ... ma la prossima volta mi attrezzerò con un tracker GPS, allora anche questo ostacolo sarà solo un ricordo del passato.
Credo che viaggiare da sole non sia ancora la norma per le donne, ma sempre più donne si rendono conto che possono inseguire i propri sogni viaggiando in compagnia o no. Nei paesi occidentali le persone sono di solito sorprese quando prendo in mano il mio casco. Ma mi sono sempre di supporto. In tutta l'Asia sono stata piacevolmente sorpresa dal sostegno datomi dalle persone incontrate on the road. Quando ho iniziato questo viaggio mi aspettavo un po 'di risposta negativa dalle persone nei confronti del concetto di una donna che viaggia per lunghe distanze su una moto da sola. Non avrei potuto sbagliarmi di più! Persone provenienti da tutti i paesi sono state curiose di ascoltare la mia storia e disponibili ad aiutare quando potevano. L'unico problema che ho avuto è stato quando si è trattato di dover fare manutenzione alla moto. Molti meccanici in Asia hanno mai lavorato su una due ruote come la mia. Spesso, quando dicevo loro che cosa non andava o non mi credevano o semplicemente non mi ascoltavano. Perciò ho provato a fare la maggior parte delle operazioni di manutenzione io stessa. Le persone sembrano incoraggiare i piloti di sesso femminile, ma le donne che conoscono i meccanismi delle loro moto potrebbero ancora essere un concetto troppo lontano da accettare.



Cosa non può mancare mai nel tuo bagaglio?

Ottima domanda! Posso citare tre cose? Il mio coltello Swiss Army, del nastro adesivo ed un contenitore di plastica per alimenti richiudibile. Quest'ultima cosa potrebbe sembrare un po' strana, ma è stata la mia ciotola per la prima colazione, insalatiera per il pranzo, piatto per la cena, il coperchio mi è servito come un tagliere e quando avevo cibo rimasto lo conservavo là. Prima del viaggio non avrei mai potuto immaginare quanto sarebbe diventato importante questo oggetto!

Qual è il luogo che ha più ti ha colpito lungo la tua strada?

Tantissimi posti mi hanno impressionato, ciascuno con la propria bellezza e con le proprie sfide. Se proprio ne dovessi nominare uno penso citerei l'India. E 'il più versatile nel suo paesaggio, nella ricchezza, nella sua gente, nella sua lingua e nel suo cibo! L'India ha mille versioni di sé stessa. Questo è anche il paese che mi ha insegnato più sul perché pensiamo che il nostro modo di pensare e di agire, In molti aspetti, è il più lontano da quelli della civiltà occidentale. Si tratta di un continente in sé stesso e visitarla mi è servito come un vero e proprio campanello d'allarme per quanto riguarda la mia percezione del mondo.



E quale la popolazione che hai incontrato lungo la tua marcia che ti è più rimasta nel cuore?

Il popolo iraniano. Sono le persone più accoglienti e disponibili che io abbia mai incontrato. Ho avuto la possibilità di stare con le famiglie locali ed essere trattata come loro figlia dopo pochi giorni. E’ stata una bella esperienza. Poi, mentre guidavo in autostrada, una volta un camionista mi ha lanciato dal suo abitacolo 6 pannocchie di mais e un melograno. Non parlava una parola di inglese, non riuscivo nemmeno a dirgli grazie. Poi è arrivata la domanda in me: ed ora che cosa faccio con 6 pannocchie di mais crudo?? Quando più tardi ne ho date 3 ad un venditore di strada, lui a sua volta ha rifiutato di farmi pagare del succo di frutta. Poi, mentre ero in piedi a bordo della strada, un altro autista si è fermato per bere del the con me. Ha tirato fuori il suo piccolo tappeto persiano, mi si è seduto accanto ed ha cominciato a versare il the caldo per entrambi da un thermos. Abbiamo parlato in un inglese stentato e guardato il traffico che passava. E 'un peccato che l'Iran abbia una cattiva reputazione da parte media, perché è la gente rappresenta le anime più calde e cordiali che io abbia mai incontrato.

Hai incontrato momenti particolarmente difficili durante il tuo viaggio?

Ci sono sempre momenti in cui le cose non vanno nel modo che desideri. Ma ho imparato che sorridere di solito è l'opzione migliore. La situazione non è spesso così grave come sembra!



Qual è secondo te l'aspetto più bello di guardare e scoprire il mondo dietro la visiera? 

E’ una domanda alla quale faccio fatica a rispondere. Per me l'aspetto più bello di scoprire il mondo da dietro la visiera è il collegamento della persona con l'ambiente circostante. Non si è solo di passaggio attraverso la terra, ma si diventa parte di essa. È possibile sentire l'odore degli alberi o la pioggia fresca in estate. Se la strada è polverosa, se ne sarà presto ricoperti. Se fa caldo, si è caldi, se è bagnato, si è bagnati. C'è poca barriera tra noi ed il mondo. La stessa cosa accade con la gente. Soprattutto nei paesi in cui le moto sono la principale forma di trasporto. Su di una grande moto a pieno carico ci sembrerà sempre di essere come alieni. Eppure sei un alieno che è semplicemente parte del mondo che sta attraversando e la gente ti accoglierà per questo motivo.

Cri

_______________________________________________________________________

STEFANIA GNOATO ED IL GRANDE VIAGGIO IN SOLITARIA IN SUD AMERICA. PARTE 1/2.

Stefania, donna e madre 52enne, decide di mettere alla prova sè stessa e le sue capacità partendo per un viaggio in solitaria sulla sua due ruote, in direzione Sud America, con grande incoraggiamento anche da parte dei suoi figli. Si rivelerà un'esperienza stravolgente, intensa il viaggio di una vita. Ecco come Stefania stessa ci racconta la sua avventura, durante una delle sue soste serali. Lasciatevi coinvolgere dalle parole di questa intraprendente motociclista, non vi resta che sognare ad occhi aperti e viaggiare insieme a lei..



Essere donna, essere mamma, essere uno spirito libero e sentire il dovere che ti chiude nella vita di tutti i giorni. A 52 anni vedi i figli che hanno la loro vita, ti fai una domanda ....e ora ?? E ti rispondi: sono stata brava! Tocca a me! Il desiderio di avventura, di libertà, di capire se sei troppo vecchia per imparare a vivere avventure che ti sorprendono! Apri internet e vedi luoghi magici che fan sognare e pensi son tutti maschi pratici di meccanica e di sterrato.. "
beh, dai, mi aggrego!" Trovo un gruppo che fa il Sud America e mi dice di si. Non voglio pesare su di loro e faccio il primo corso con istruttore off (Stefano Sacchini che non smetterò mai di ringraziare), chiedo a Gabrielli (che oltre avermi venduto le moto, sono amici) di insegnarmi come comportarmi per eventuali forature gomme e individuare problemi che potrebbero capitarmi. Arriva luglio, dopo 3 mesi che sogno, io sono pronta ed un bel giorno ricevo una telefonata: non mi vogliono nel gruppo (credo perchè non pensano ci riesca ma mi addolciscono la pillola). La mia faccia cambia colore, mio figlio mi guarda, gli dico cosa è successo e lui: "mamma vacci da sola che tu ci riesci!" Mia figlia ha la stessa reazione!!Ok gambe in spalla e diamoci da fare! Prima cosa trovare
come portare la moto; chiamo, telefono e fra internet ed amici riesco ad aver la dritta giusta che non costa troppo! Mi aggrego a gruppi di motoviaggiatori che si raccontano i viaggi e condividono con me informazioni (Rosario Sala,  Fiorenza Mode, suo marito William e una grandiosa Miriam Orlandi ..) Passano i mesi,faccio un altro corso off ..comincio sentirmi più sicura ed esco in solitaria per esercitarmi. I miei figli mi aiutano a preparare la moto per il ritiro ..parte ... ora comincio rendermi conto che lo farò veramente! I parenti scoprono solo all'ultimo momento che andrò da sola, dandomi della pazza ..."se ti se cadi" ..."son gente pericolosa" ...i figli ridono e mi incoraggiano. Prendo Spot, un attrezzo elettronico (che mio figlio mi attiva e fa funzionare), manda segnali satellitari ogni 30 minuti, così mi vedono, sanno sempre dove sono e alla sera o quando mi fermo mando messaggi di ok, tutto a posto! Sempre mio figlio (sta vecchietta girava con le cartine!) mi scarica mappe sul TomTom, mia figlia mi aiuta a valutare il bagaglio, in modo da essere pronta per qualsiasi evenienza!

Parto, so già che mi cambierà questo viaggio...arrivo a Santiago del Cile. Un contatto datomi da un motoviaggiatore viene pure a prendermi all'aeroporto, Evangilina, meravigliosa donna con un cuore immenso che mi ospita a casa sua mi porta anche a ritirare la moto. 
Ad appena 1 km fuori dalla dogana terrore puro: hanno dimenticato di fissare le viti del freno anteriore,si toglie mentre frenavo! Riflessi pronti, evito la caduta e chiamo in Italia dove mi spiegano come fare. Sistemo alla meno peggio ed arrivo ad un concessionario Benelli dove mi montano la vite e fissano il tutto (per il caricare la moto tolgono la ruota anteriore..adesso ho imparato pure questa!). Ok comincio il viaggio! Città caotiche, auto che intasano tutto, fra me, bagagli e moto son 430 kg. Sudo a districarmi nel caos ma poco dopo sono finalmente fuori. Ora guido tranquilla! Prima tappa "la serena" ...si si "la serena": 380 km - pochi mi dico - distributori li trovi, ma quasi mai nella strada principale
,che strano mi dico ..."la serena" era 1425 km!!!! mi ero sbagliata cliccando un punto in più! Non importa, mi fermo ad un distributore e chiedo informazioni su dove far tappa ad un motociclista cileno e mi dice che pure lui va al nord mi consiglia Baia Inglese a Caldera e ci accordiamo di far la strada assieme. Comincio a vedere il deserto, il nulla per km; arriva la notte e siamo in pieno deserto, percorriamo una strada che con il freddo della notte misto alla sabbia fa scivolare la moto. Ci fermiamo, sono le 21,30, tiriamo su la moto sua ci fumiamo una sigaretta e ascoltiamo il deserto: il vento e le stelle sono così luminose che grido "wow" più volte! Lui ride, poi cala il silenzio e si assapora il piacere di esserci! Siamo entrambi stanchi ma non da fermarci e piantare la tenda. Arriviamo a Caldera e dividiamo l'unica stanza che abbiamo trovato. Tiro fuori il sacco a pelo e lo butto sul letto dopo una doccia con acqua fredda (non era nemmeno allacciato il tubo di quella calda!) e sprofondo nel  sonno. Al mattino colazione cilena: uova, pesce, cose strane che assaggio e il mio stomaco mi grida "caffè" ! Si riparte. Pieno di benzina: approfittare sempre anche se hai consumato solo una tacca, l'ho imparato da Gustavo il cileno, poi deserto.. i colori del deserto..
cimiteri che compaiono nel nulla e ti chiedi "perchè vengono a seppellirli qui?" Mi spiega che erano li che lavoravamo ad estrarre zolfo e altro materiale che son morti tutti giovani e di tumori ai polmoni. Son cimiteri alla memoria del progresso! Continuano a sorprendermi le distanze immense e per tutto questo viaggio mi accompagna l' immenso. Siamo diretti ad Antofagasta, strada asfaltata facilissima. A Gustavo si rompe la pompa del freno posteriore ..sti freni!! Rattoppiamo alla meno peggio e ripartiamo. Ed eccola la mano nel deserto, sembra mi saluti, l'avevo vista molte volte fra le foto dei motoviaggiatori, sorrido è la conferma che pure io ci arrivo! Arriviamo ad Antogafasta alle 7 di sera ed e sabato il meccanico sta chiudendo con grande delusione di Gustavo  (aveva solo 7 giorni per andare al salar dello uyuni a vedere la Dakar) si gira e mi dice destino. Il destino decide pure di bloccargli la carta di credito (scopriamo poi il lunedi che han tentato di clonarla), io gli dico che avrei fatto un giro così intanto lui avrebbe sistemato la moto!
Porca miseria, gli ho fatto pure guidare la mia moto ...da non credere ...sabato sera e domenica passati a mangiare bere e vedere la città e la magnifica scogliera della porta! Non so lo spagnolo, non so l'inglese, eppure non abbiamo mai smesso di chiacchierare e ridere! Lunedi mattina facciamo un giro infinito con il meccanico alla ricerca della pompa freno, una persona onestissima, Gustavo intanto sistema il problema con la sua carta di credito e arriva un messaggio da un suo amico: "lo uyuny è allagato, sospesa la Dakar!" ....mi guarda, ride e dice "destino"! Guardiamo la mappa e concordiamo di fare il passo Sico ...un tratto completamente sterrato. Fermandoci a San Pedro de Atacama, una delle città più belle incontrate finora, non ha strada pavimentata; è mantenuta rigorosamente originale: niente palazzi, niente cemento ed ha uno dei più bei paesaggi che io abbia mai visto ...il tramonto con la luna e il sole che si incontrano nel cielo, il rosso ed il rosa, il colore magico che creano, ti senti rapire da vortici di emozioni.... giri giri giri..... sorridi come una bambina dentro ad una giostra dai mille colori .....piccola e meravigliata ...il cuore batte cosi forte che sembra esplodere! Un turista vede la moto, si avvicina, sorride e mi dice: "da dove sito? mi so da Rossan (5km da casa mia)". Mi riporta con i piedi per terra, rido e scambiamo quattro chiacchiere! Non lo so se e stato un bene o un male, detta alla cilena "destino"! Dormiamo sotto le stelle in un campeggio con la testa fuori dalla tenda a guardare le stelle.
Ok, si riparte, prima prova di sterrato........


Cri
_____________________________________________________________________________

ANDARE A CAPO NORD IN VESPA ED AIUTARE DEI BAMBINI A SORRIDERE: OBIETTIVI RAGGIUNTI! 

Nel 2014 Marco Giurin parte dal Veneto alla volta di Capo Nord, non con una comoda moto da viaggio ma a bordo della sua amata Vespa. L'obiettivo era quello di raggiungere Caponord, si, ma il vero obiettivo, ancor più grande, era quello di scrivere al ritorno un libro che raccontasse quest'avventura, donando tutto il ricavato ad associazioni che aiutassero dei bambini in difficoltà. Sentiamo cosa racconta Marco in questa intervista rilasciata alla Cry. 



- ciao Marco, "Obiettivo Capo Nord in Vespa": obiettivo raggiunto con successo?

Certamente, obiettivo raggiunto con grande successo! Ma il vero obiettivo non è stato raggiunto il 26/7/2014, ma il 22/01/2016 dopo aver donato all’associazione famiglie e abilità onlus il ricavato della vendita del mio “diario di viaggio”

- Hai messo a dura prova la tua Vespa quindi. Si è sempre comportata bene o ti ha dato problemi?

Ho messo veramente a dura prova la Vespa, il motore restava accesso moltissime ore senza mai essere spento. La vespa è famosa soprattutto per la sua affidabilità, infatti la vespa e l’ape hanno lo stesso motore,e negli anni 60/70 la maggior parte della gente usava questi mezzi soprattutto per lavoro.
Tornando a me, fortunatamente il motore ha retto benissimo, l’unico problema che ho avuto e che ho forato ben 4 volte. Ma riparare una ruota di una Vespa ci si mette 30 minuti al massimo.



- Come l'hai preparata ed equipaggiata per affrontare una tratta di così lungo chilometraggio?

A dire il vero, alla Vespa non ho apportato nessuna importante modifica, il motore rigorosamente originale.
Le uniche modifiche sono state, sostituire la spugna della sella originale con uno strato in gel (che mi ha letteralmente salvato le chiappe!) e mi sono costruito con un trittico di bauletti Givi un portapacchi posteriore dove riporre ordinatamente tutte le mie cose. Questo portapacchi e talmente ben riuscito che tantissimi vespisti mi chiedono consigli e info su come realizzarlo.

- Che emozione hai provato all'avvistamento del famoso globo di Nordkapp?

L’emozione è stata veramente tanta, in quel momento mi sono veramente sentito appagato, sia come vespista viaggiatore che ancor di più come uomo. In quel momento avevo tutto ciò che mi serviva veramente!!!
Mi ricordo ancora chiaramente come fosse ieri il momento in cui ho visto il “globo”. Sono arrivato in cima all’Europa con un vento gelido e una nebbia fissa che la si poteva tagliare col coltello. Mi sono detto da solo: “Bravo Marco, ti sei conquistato la meta!” 



- Da questo viaggio ne è nato un libro intitolato "Obiettivo Capo Nord in Vespa" i cui proventi sono devoluti totalmente alla fondazione Marco Simoncelli onlus ed all'associazione Famiglie & Abilità onlus. Mi vuoi parlare di quest'iniziativa?

Il libro “Obiettivo capo nord in Vespa” è stata una grandissima soddisfazione, soprattutto personale, perché scrivere un libro non è da tutti i giorni. Il libro l’ho scritto, pubblicato e pubblicizzato tutto interamente a mie spese senza sponsor o casa editrice a sostenermi. Senza minimamente nessun guadagno, ma solo la volontà di aiutare due associazioni. Una è quella di Marco Simoncelli, e l’altra è Famiglie & Abilità onlus. Con quest’ultima essendo un’associazione del mio territorio si è creato un legame speciale. Attualmente il mio libro ha dato la possibilità d’essere aiutati 5 bambini con difficoltà motorie e non solo con 10 terapie. E spero di riuscire a vendere molti altri libri per aiutare ancor di più queste associazioni.

- Quello a Capo Nord è stato un viaggio in solitaria; so che ne sono seguiti altri, sempre con lo stesso mezzo, ma in due. Come ha vissuto queste avventure la tua "zavorrina"?

A Capo Nord ci sono stato nel 2014, mentre l’anno scorso sono stato con la mia zavorrina Ylenia in Irlanda. Anche questo è stato un viaggio spettacolare, che ci ha legato ancor di più e ci ha fatto capire i nostri limiti. E’ stato un viaggio all’insegna della risata, viaggiavamo per tantissime ore e con gli auricolari ci facevamo certe risate… Ylenia tornati a casa mi ha detto; esperienza fantastica, ma non farei più un altro viaggio. D’altronde la capisco, viaggiare in Vespa in 2 montati a una velocità massima di 80km/h non è facile.



- Come vi organizzate a viaggiare in coppia a bordo di una Vespa, per quanto riguarda il bagaglio?

Lo spazio in una Vespa è veramente limitato, tenendo conto che il portapacchi anteriore è occupato da tutto il materiale da campeggio (tenda, sacchi a pelo e materassini), ci restavano a disposizione solo i tre bauletti da 20 litri cada uno. Io non ho problemi, una maglietta, una paio di mutande e di calzini, uno spazzolino e via… inizialmente è stato più duro per Ylenia doversi accontentare di cosi poco spazio. Ma alla fine anche lei ha capito che in viaggio minimo il 50% delle cose comuni che usiamo tutti i giorni sono superflue.

- Progetti futuri di viaggio? 

Si, tanti, forse anche troppi. Comunque il prossimo viaggio sicuramente sarà l’Africa, sarà lei  la mia prossima meta. Ho voglia di sabbia. Mi piacerebbe fare la costa ovest, Marocco, Mauritania e Senegal. Ma non vorrei sbilanciarmi troppo nel raccontare un viaggio che attualmente è concreto solo nella mia testa. Comunque potete seguirmi sulla mia pagina Facebook “Il mondo in Vespa – Marco Giurin”.



- Cosa ne pensi del mondo visto da dietro la visiera?

Penso che sia un mondo fantastico, io ci sono in mezzo da pochi anni. A me piace il viaggiare lento, godermi il paesaggio e riuscire a sentire gli odori. Ricordo l'estate scorsa ero a Lione in francia, alle 6 di mattina mi metto in marcia verso casa. Siccome era Domenica non cerano auto e nell'aria cera un profumo da croissant. Potrà essere una cavolata ma per me questi sono ricordi di viaggio bellissimi. Poi avvolte mi dicono che sono matto perché viaggio in vespa perché in garage ho un'Africa Twin rd04 che uso solo per muovermi in città... di solito la gente normale viaggia in moto e si muove in città in Vespa 😉





Cri

_____________________________________________________________________


TOTO' LE MOTO': AVANTI TUTTA IN DIREZIONE EST (ma non solo..)!!!

Totò le Motò - al secolo Antonio Femia - scopre la sua passione per le due ruote dopo i 30 anni. Da questo momento in poi è un crescendo che, km dopo km, lo porterà anche a girare il mondo insieme a sua moglie in un viaggio durato un anno e durante il quale hanno toccato tre continenti. Ed oltre a questo, molti altri viaggi, prevalentemente verso est, mosso da quella spinta che Totò definisce "zingaritudine". .. perchè, come dice lui: "il Viaggio è cosa trovi per strada". 




Antonio, hai scoperto la moto dopo i 30 anni. Qualcuno ti ha fatto avvicinare a questo mondo o è stata una casualità?

È stato il traffico infernale di Roma e la sua annosa carenza di mezzi pubblici. Ci arrivai con un Pandino euro 0 che giá ai tempi era illegale dal punto di vista delle emissioni. Nei primi tre mesi collezionai un bel pacchetto di multe per parcheggio sulle strisce blu e, a prescindere da questo, spostarsi su quattro ruote era impossibile. Appena trovato un lavoro vero comprai uno scooter e, una volta capito che non ero ancora vecchio, lo vendetti per una moto vera.

La passione per i grandi viaggi invece risale a prima di quel dì?

Dipende da cosa intendiamo per grandi viaggi. Ogni volta che ci si spinge un po’ piú in lá si fa un’esperienza nuova che cambia i tuoi punti di vista. E non è una questione di distanza, quanto di cose che si vivono durante l’esperienza. Il primo viaggio fuori dall’Italia l’ho fatto a trent’anni: Portogallo zaino in spalla insieme alla fidanzata di allora. Ma ancora non mi era presa ‘sta smania maledetta. Peró non ti ho dato ancora una risposta. Credo sia nata sull’espresso notturno Reggio Calabria-Roma quando, una volta al mese, andavamo a trovare mio fratello a Napoli. Mia madre e mia sorella dormivano sui sedili allungati a mo’ di letto, mio padre vegliava e io dal finestrino assaporavo i paesini addormentati che scorrevano via, chiedendomi sempre chi ci abitasse, che vita potessero mai condurre.




Hai cominciato a fare viaggi in moto che ti hanno portato spesso verso est, sentivi il richiamo di quelle terre?

Ho iniziato a girare da quelle parti nel pieno della campagna xenofoba della Lega Nord contro i rumeni,  che nelle notizie di cronaca nera avevano da poco surclassato gli albanesi in quanto a presunte efferatezze. Non mi convinceva la discrepanza tra il sentire comune e gli immigrati che conoscevo casualmente e la realtà che volevo vedere con i miei occhi, convinto del fatto che l’essenza di un popolo la si possa trovare nel suo paese e non all’estero in condizioni difficili e con un pregiudizio che chiude ogni porta. Ero anche molto incuriosito da cosa fossero diventati i Balcani, devastati da una guerra sanguinosa della quale ci siamo mediamente disinteressati. C’era un po’ di senso di colpa, forse, ma mi sono anche detto che se c’era stato un conflitto allora dev’essere un altro mondo davvero. Col tempo mi sono accorto che il territorio che va dall’Adriatico al mar giallo è stata terra di battaglie e migrazioni che hanno mescolato culture e genti e volevo vedere fin dove arriva il mediterraneo. Ho scoperto che a sud dell’Himalaya finisce sull’Indo.

Nel 2012 la decisione di fare un viaggio a Samarcanda da solo, che racconti anche nel tuo e-book "Questa non è una guida". Talvolta parli di questo viaggio come di un "viaggio interiore": che tipo di esperienza è stata questa per te?

E che ti devo dire? Credo che se adesso siamo qui a parlare di queste cose, sia anche per quello che mi è passato per la testa durante quel viaggio. Non era il primo in solitaria su lunga distanza: l’anno prima ero stato nel Caucaso attraversando la Turchia che, per quanto vasta, è abbastanza popolata. Cado anch’io nella trappola dell’identificare un viaggio con la destinazione finale, ed è per questo che parliamo del viaggio  a Samarcanda. Peró Prima di arrivarci ci sono stati gli incontri in Romania, la sbronza Ucraina, I russi dalla scorza dura e dal cuore d’oro, il nulla popoloso del Kazakhstan. C’è stata la fiducia riposta negli sconosciuti, il comportamento illogico di chi mi ha aiutato contrariamente alle apparenze, il senso d’onnipotenza e l’autostima ai minimi storici. E dopo c’è il ritorno, il secondo round da affrontare con la metá delle forze e controvoglia. Sono stati solo trentacinque giorni ma è come aver vissuto un’altra vita durante la quale, fiaccato nel fisico  e sereno nell’animo, ho preso consapevolezza di quanto mi sentissi a mio agio nell’incertezza del momento. La molla per il giro lungo di due anni dopo è stata quella.




Spesso però non viaggi in solitaria, ma con la tua compagna, Peppina. Con lei hai intrapreso il viaggio di un anno che vi ha fatto attraversare tre continenti. Come definiresti a posteriori questa avventura?

Non so se la definirla avventura. Ne abbiamo parlato a lungo ma la possibilità si è concretizzata solo all’ultimo momento. Se per avventura intendiamo non sapere cosa succederá l’indomani o tra due ore allora lo è stata. Tenderei peró a chiamarla zingarata, piú che avventura.

Viaggiare per così tanto tempo insieme al proprio partner, è anche un test di coppia, un testarsi in situazioni particolari e talvolta "estreme".  E' così?

Sí, era la scommessa di partenza: se superavamo un anno insieme cosí allora potevamo superare la monotonia della vita di coppia in una casetta nel nebbioso nord. Finora pare che ha funzionato. La nostra forza è stata quella di rimanere calmi e lucidi quando le difficoltà si presentavano, lasciando battibecchi e scazzi a quando tutto era tranquillo. Una delle situazioni piú difficili é stata il malore da altitudine che colse Peppina sul Kunjerab Pass a 4700m sul confine cinese. Sono stati una ventina di minuti abbastanza difficili, ma un camionista cinese l’ha presa a bordo riportandola a valle molto lentamente e tutto è andato bene.




E poi godersi insieme i momenti più belli che un viaggio sa regalare, è stata sicuramente un'esperienza unica che avete vissuto insieme. Quale il momento più bello che avete condiviso?

Sono stati tanti senza dubbio, anche se non necessariamente c’era sincronia nell’apprezzare la bellezza delle cose. Ad esempio la lunga giornata di guadi nel Bolaven Plateau in Laos per me è stato come attraversare un immenso luna park, per lei un incubo interminabile. Peró due giorni dopo a Si Phang Dong, le quattromila isole, lo spettacolo dei pescatori all’alba è stato per entrambi qualcosa di magnifico almeno quanto percorrere, sempre all’alba, il deserto del Balochistan, nel sud del Pakistan.

Le maggiori difficoltà che avete incontrato? Avete mai pensato di abbandonare?

Sicuramente il poco tempo in alcune situazioni. Per me in alcuni momenti è stato impegnativo tenere a bada il carattere fumantino della mia signora. Per lei la maggiore difficoltà è stata il caldo e la stanchezza che hanno cominciato a farsi sentire in Cambogia, che hanno cominciato a fiaccarla anche nello spirito. Alla fine dei giorni insieme, in Patagonia, non riusciva piú a salire in sella. Peró l’idea di abbandonare non è mai stata contemplata.




E quale, chiudendo gli occhi, il posto più bello incontrato on the road che ti torna in mente?

Eh, piú di uno. Se proprio devo dire, forse la giungla thailandese o uno dei fiumi in Laos dove abbiamo passato una notte di wild camping.


Le differenze culturali incontrate nei vari angoli del globo hanno mai costituito un ostacolo o per la maggior parte sono state un arricchimento personale?

L’arricchimento culturale c’è se quando sei disposto ad aprirti e lasciare da parte il tuo bagaglio personale che deriva dall’educazione e dall’ambiente in cui hai sempre vissuto. La cosa ci è sempre venuta bene tranne in un paio di occasioni. Peppina ha avuto grosse difficoltà a digerire l’imposizione del velo in Iran, mettendoci un po’ ad elaborare la complessità della cultura islamica. Entrambi abbiamo avuto grandi difficoltà in India del Nord, dove la cultura diffusa è lontana anni luce dalla nostra. L’induismo poggia su basi etiche completamente diverse dal monoteismo cristiano o islamico e l’India è tutt’altra cosa rispetto all’immaginario che ne abbiamo in occidente. Diciamo che ci ho messo due anni a fare pace con l’esperienza indiana.




Affrontare un viaggio così importante in due, comporta anche la divisione degli spazi e dei bagagli. Come eravate organizzati da questo punto di vista?

Se mai riuscirò a tirare fuori il libro di questo viaggio, quello dei bagagli sará un capitolo sostanzioso. L’appalto dei bagagli era suo, senza se e senza ma, cosí come quello della gestione della cucina, ovvero un fornello a benzina e un set di stoviglie Quechua. A me spettava la manutenzione della moto e tutte le cose tecniche.

Il fatto di viaggiare col passeggero ti ha limitato nella percorrenza di tratti sterrati? Hai deciso di fare tratti diversi rispetto che se fossi stato da solo?

Piú o meno. DI fatto siamo riusciti ad andare un po’ ovunque e Peppina è stata una passeggera eccezionale: attenta a come collocare il suo peso, attiva nel fare foto e video, nel tenere d’occhio la strada. Non chiamatela zavorrina nel modo piú assoluto.  L’unico punto in cui mi sono dovuto arrendere e stato in Nepal, sulla strada per Jomsom costellata di pietroni e speroni di roccia dura e viscida. Sarebbe stato un grosso problema essere in due in Bolivia, nella riserva Avaroa con i suoi sentieri di sabbia sciolta.




Hai consigli da dare a chi volesse intraprendere un viaggio di questo genere?

Boh? Se sei in buona salute e hai spirito d’adattamento parti anche se non hai molti soldi. Non ti serve una moto pesante e con 150 cavalli, se ce l’hai vendila e con i soldi che ricavi compri un monocilindrico e stai in giro un anno. Non credere a chi ti parla di imprese eroiche: di eroico non c’è proprio nulla in tutto questo. Considera che il costo vero di un viaggio cosí non è il denaro che impieghi ma le cose che scegli di lasciare con il rischio di non trovare piú al tuo ritorno. Ogni stile di vita ha il suo perché e non credo ai guru del “viaggiare è fico, il posto fisso non è vita degna”, ché ognuno sa i cazzi suoi e cosa vuole dalla vita. Peró se proprio non ci dormi la notte allora vai e vedi cosa succede.

Quale il tuo prossimo progetto on the road?

Sto cercando di far diventare questa cosa un lavoro. Ho da poco presentato un paio di tour guidati che condurrò tra Romania, Balcani e Turchia, e altri ne arriveranno. Sono tour ben strutturati grazie alla collaborazione con Off Road Passion che da anni porta gente in giro su due ruote e con la direzione tecnica di Moto Rendez Vous, tour operator specializzato nei viaggi in moto. Poi c’è sempre il chiodo fisso dell’est in solitaria ma quello richiede ancora un po’ di impegno prima di vedere luce.




Antonio, com'è il tuo modo di vedere il mondo da dietro la visiera?

Mi stupisco lucidamente.
La moto é sempre stato strumento di conoscenza e passpartout per incontrare nuove culture. Purchè si viaggi  va bene in qualunque modo, ma farlo su due ruote è il modo che preferisco a tutt’oggi. E spero di poterlo fare per tanto tempo ancora.

Cri

________________________________________________________________________

CAPODANNO A CAPONORD (IN MOTO) - WIZZ ED IL SUO FREDDO ED EMOZIONANTE VIAGGIO.

Un viaggio a Caponord, sogno di molti motociclisti, anche di Alessandrosoprannome "Wizz", che decide di avventurarsi verso la mitica meta nordica. Nulla di strano fin qui, se non fosse che Wizz fissa come data di partenza il giorno 4 dicembre 2015, inoltrandosi verso il nord estremo dell'Europa nella stagione più fredda, ritrovandosi a viaggiare su strade innevate, circondato da bellissimi scenari, ma con temperature anche di - 20°.
Leggiamo in questa intervista cosa racconta a proposito di questo emozionante viaggio, il suo protagonista. 


Wizz, perchè Capodanno a Caponord (in moto)?

Perché ero stato in Norvegia e a Capo Nord già nel 2013, ma a Luglio. Appena giunto sulla rupe dove trova posto il celebre monumento del globo d’acciaio mi chiesi quanto avrebbero dovuto esser belli quei posti, visti nella stagione invernale. Il pensiero iniziale non prevedeva di tornarci in moto a dicembre… Ma in breve tempo le cose si sono evolute così, iniziando dal Capodanno a Mosca di dicembre dello stesso anno.

Il freddo non ti spaventa quindi.

Ho sempre usato la moto tutto l’anno, da quando, a 16 anni, era l’unico mezzo a disposizione per andare ad agli allenamenti di atletica leggera nel pomeriggio dopo scuola. Anche quando ho iniziato a lavorare e quindi acquistato un’automobile, non mi sono mai privato dei giri in moto nemmeno in inverno, seppur inizialmente fosse “doloroso” girare con guanti da sci, scarpe da ginnastica e abbigliamento multistrato economico. Col passare del tempo mi sono equipaggiato sempre meglio, e ora posso dirti che è vero, il freddo non mi spaventa.



Come hai equipaggiato la moto per affrontare neve e strade ghiacciate?

Nei primi giri più estremi, usavo delle catene da macchina modificate. Poi ho costruito, con l’aiuto di amici, degli sci retrattili, integrati alla mia Honda CBF 600 S, che mi aiutassero a stare in piedi anche nelle condizioni peggiori. Per il viaggio a Capo Nord, dove prevedevo avrei incontrato condizioni pesanti per diverse migliaia di chilometri, ho equipaggiato le mie gomme con dei chiodi Best Grip, prodotti in Italia, che si sono rivelati la miglior soluzione applicabile, dimostrato dal fatto che non sono mai caduto nonostante viaggiassi anche a più di centro chilometri all’ora sulle strade ghiacciate, con la moto carica. I video presenti sul mio canale youtube riportano su schermo l’esperienza che ho vissuto.

Ed il tuo equipaggiamento personale per resistere alle basse temperature?

Sinceramente, dopo questo viaggio, ho capito di non essere ancora equipaggiato alla perfezione per temperature così basse: per quanto utilizzi un completo quattro stagioni di ottima qualità, credo di dover migliorare la sotto-vestizione, ovvero pantacalze e maglie. Al momento uso per lo più abbigliamento da corsa, visto il mio passato da atleta, unito ad alcuni capi riscaldabili elettronicamente, ovvero calze e gilet, che però non sono stati sufficienti ad avere una buona protezione quando la temperatura è scesa oltre i venti gradi sottozero.


Cosa si prova una volta avvistato il famoso globo a Capo Nord?

Quello che più mi affascinò la prima volta non fu tanto la vista del globo, ma la bellissima strada che divide i trenta chilometri dall’ultima città fino in cima alla rupe. In quei trenta chilometri di pieghe, accentuato dal vento spinto dal mare, si concentrano i pensieri di tutte le migliaia di chilometri percorsi per giungere fin lì. Infatti, il racconto di questo passaggio apre il mio libro come prefazione, perché è grazie alle emozioni provate in quel momento che ho deciso avrei dovuto raccogliere il tutto in qualcosa di scritto, disponibile per chiunque.

Parlami dei tuoi pernottamenti, hai optato per la tenda o altre soluzioni?

Sono un amante del campeggio, soprattutto quando posso preparare il mio bivacco libero da chiunque in free camping, ma in questo caso non era la miglior soluzione attuabile, a causa del freddo (a parte nella prima parte del viaggio, fino a Bergen) ma soprattutto a causa dell’ingombro dell’attrezzatura da campeggio, che si sarebbe aggiunto a quello delle gomme chiodate che trasportavo insieme ai bagagli. Questo mi ha permesso di conoscere una nuova soluzione di pernottamento, ovvero essere ospitato da gente del luogo. È stata un’esperienza bellissima perché ogni giorno conoscevo persone nuove, e invece di stare in albergo e cenare da solo potevo fare tante belle chiacchierate con gente dalla mentalità molto aperta, come me! Da queste persone ho anche ricevuto spesso grandi aiuti o forti incoraggiamenti!



Qual'è il luogo più bello che hai incontrato lungo il tuo percorso?

Durante l’esperienza estiva, i paesaggi più belli li avevo visti sulle isole Lofoten, che questa volta ho dovuto saltare. Questa volta invece, potrà sembrare scontato, ma ho goduto delle viste più suggestive proprio negli ultimi chilometri, perché le strade erano completamente ghiacciate e ricoperte di neve. Complice la luna piena, nonostante il buio il terreno era illuminato di una luce incredibile, come se la notte si animasse di una vita diversa, a tratti tetra ma affascinante.

C'è stato un momento particolarmente difficile durante questo viaggio?

Sì, in Russia, sulla strada del rientro: le temperature si sono abbassate drasticamente, e ho percorso più di 1.000 chilometri anche a meno di venti gradi sottozero. Per fortuna avevo realizzato una visiera riscaldabile, così che riuscivo a sciogliere il ghiaccio generato dall’appannamento interno della condensa sulla visiera del casco, così da riuscire a guidare con un problema in meno.


Hai sempre viaggiato in solitaria? 

Mi c’è voluto un po’ per “lanciarmi” nei viaggi da solo, che ormai erano l’abitudine per quanto riguarda il mio lavoro, fin quando mi sono chiesto “Perché non farlo anche in moto?” – Non è facile trovare compagni di viaggio per mete insolite e lontane, anche per questo a me sembra più semplice viaggiare da solo che organizzare un gruppo.

E' un viaggio che ti ha cambiato? 

Credo che qualsiasi viaggio ti cambi: ma questo ha cambiato in maniera radicale il mio modo di percepire le mie abitudini quotidiane e il rapporto con le persone. Non tanto per l’avventura glaciale o per il viaggio in se, ma per le relazioni che sono riuscito a stringere con persone sconosciute nel giro di poche ore, e che non dimenticherò mai.



Consigli a chi volesse cimentarsi con un viaggio simile al tuo nello stesso periodo?

La cosa più importante è non avere fretta, se possibile bisognerebbe partire senza aver stabilito una data di arrivo, né una di rientro. Così, se nevica troppo, ci si può fermare in un’area di servizio per qualche ora; se non smette, allora si può dormire nei dintorni. Se si trova un posto o una persona speciale, ci si può passare insieme qualche giorno invece di ripartire con frenesia, presi dall’ansia della propria “prestazione di viaggio”. Allo stesso modo, se inizia a fare troppo freddo, ci si può prendere il viaggio con più calma, senza rischiare per la propria incolumità. Godetevi ogni momento.

Qual'è il tuo prossimo progetto di viaggio?

È da quando sono stato in Turchia e Armenia a giugno 2014 che sogno di spingermi ancora più a Est: verso l’Iran, l’Uzbekistan, la Pamir Highway. Posti stupendi, di cui ho letto molto, ma dei quali mi rifiuto di guardare fotografie, perché voglio godermeli con gli occhi appena riuscirò ad arrivarci, spero presto.



Che idea associ al tuo modo di vedere "il mondo dietro la visiera"? 

Quando indosso il casco e chiudo la visiera mi trasferisco in un altro mondo dove siamo soli, io la moto e nient’altro, pronti a spostarci sulle strade del mondo per assaporarne le bellezze fino a oltre la sazietà. Il mio mondo dietro la visiera è fatto di libertà: di correre tra le curve o rallentare su di un rettilineo a strapiombo sul mare, di guidare tutta notte o campeggiare in mezzo al nulla.



A questo link potete trovare il libro scritto da Wizz a proposito di questo viaggio: Capodanno a Caponord (in moto).

Cri

_________________________________________________________________________

UNA MOTO GUZZI CALIFORNIA, UN PELUCHE ED UNA MACCHINA FOTOGRAFICA: CLAUDIO GIOVENZANA E LA SUA VITA NOMADE ALLA SCOPERTA DELLE AMERICHE.

Claudio Giovenzana parte nel 2008 alla volta delle Americhe ed è tuttora in giro per il continente in un'esplorazione che ancora non vede fine. Attualmente ha percorso 92.000 Km, ha trasformato durante questi anni la sua passione per la fotografia in una professione, ha scritto un libro intitolato "Quante strade", ha incontrato l'amore, Olga. Il tutto senza mai abbandonare la sua Moto Guzzi California di terza mano ed il suo inseparabile amico, un orso di peluche.



Quando sei partito dall'Italia alla volta delle Americhe, avevi ben chiaro in mente dove saresti voluto andare in sella alla tua California, e per quanto tempo, oppure ti sei lasciato guidare dall'istinto e dagli avvenimenti?
L’unica cosa che avevo in testa era fare le tre Americhe in moto, ma presto ho capito che il vero obiettivo era raggiungere uno stile di vita più che una meta. Quindi ho iniziato a fare meno ore in moto e molte di più a costruirmi una professione che mi permettesse di vivere la strada, raccontare il mondo, guadagnare soldi e continuare a viaggiare sino a quanto ne avevo voglia. Quindi l’istinto e molti avvenimenti hanno ridato forma al viaggio togliendomi ogni premura di arrivare a un destino geografico.
Esiste per te una linea che separa l'essere fotografo globetrotter per pura passione, dal praticarlo per professione?
Nessuna, mi piaceva la foto prima che diventasse un lavoro e questo secondo me determina un successo sul lungo termine. Il ritorno economico è stata soltanto un’ulteriore spinta a migliorarmi. Per altri invece il ritorno economico è la prima motivazione per avvicinarsi alla fotografia e spesso il motivo del fallimento.



Ti definisci un motociclista che viaggia in modo "lento". Quindi alle grandi cavalcate macina - Km, preferisci gustare a fondo i posti che incontri lungo il tuo percorso?
Certamente, sono un motoviaggiatore molto più “viaggiatore” e molto meno “moto”. Preferisco un sano mototurista che usa il mezzo “moto” per conoscere il mondo invece che un “motocentrista” che usa il mondo come pista per fare andare la moto. Quindi viaggio lento, assaporo, mi fermo, torno indietro, parcheggio la moto anche per un mese e scrivo, conosco, cammino, fotografo. La lentezza, se hai il lusso di permettertela, è un tempo migliore per vivere e conoscere.
Che compagna di viaggio si è rivelata essere la tua Moto Guzzi California?
È stata proprio come me: ingenua, inadatta, nata forse per altro, un po’ sovrappeso, un po’ antieroica. Eppure ha fatto 9 anni senza un meccanico, con tutti i suoi limiti di pneumatici, sospensioni e peso ci ha portato da 0 metri e 40 gradi a 5000 e meno 10 gradi passando per giungla steppa deserto montagna foresta. Che posso dire, un domani sicuramente sceglierò un veicolo più leggero e multi-proposito ma sarò sempre felice di aver fatto un viaggio “DonChiciottiano” con una moto vecchia, strausata e forse l’unica Guzzi che ha viaggiato così a lungo nella storia del marchio. È stata una scelta anti-razionale, spettacolarmente naif, totalmente fuori dai criteri eppure ha funzionato, è come una di quelle vincite contro ogni pronostico, come una guarigione impossibile o una rivincita di perdenti conclamati.



Quali sono gli oggetti dei quali, nei 160 litri massimi di bagaglio che puoi portarti dietro, reputi indispensabili? E di quali invece ti sei reso conto, con l'esperienza, che puoi fare a meno?
Gli strumenti di lavoro sono stati cambiati un milione di volte, non entro nel dettaglio ma ho imparato quanto realmente mi serve per fare foto/video di un certo livello e con un certo stile. Il vestiario è stato ridotto a pochi litri, molte cose sono sostituibili in viaggio tranne forse certi tessuti tecnici che vanno dal semplice Dry Fit della Nike a indumenti termorsicaldati di un mio sponsor, la Ravean. Ho qualche maglietta, intimo, calzini, due pile un piumino comprimibile un girocollo che tengo quasi sempre addosso e la notte uso per bendarmi gli occhi. Anche tenda e sacco a pelo sono abbastanza tecnici e leggeri, difficili da reperire nel terzo mondo. Ci portiamo dietro anche condimenti, foglie di stevia, sale e olio d’oliva, due gavette di plastica collassabili e due tazze di alluminio con una utilissima resistenza elettrica che ci permette di scaldare l’acqua ovunque ci sia una presa. Circa i pezzi di ricambio della moto ne portavo dietro parecchi all’inizio, poi la notte di natale del 2008 qualcuno ha pensato di alleggerirmi fottendoseli. Da allora ho qualche pastiglia dei freni, qualche vite, il classico regolatore di tensione, un filtro olio, qualche guarnizione e fascetta e un set di chiavi a bussola, qualche fusibile e relé, un cavo frizione e qualche altro dettagliuccio. Posso fare ancora di meglio ma un buon guzzista è sempre preoccupato da quello che può succedere al mezzo…sopratutto quando ha 20 anni.Che posso dire… il trend è sicuramente tagliare e ridurre, alleggerire e rinunciare. Trovare pochi oggetti tecnici che veramente riducono spazio e peso.Non potrei fare a meno di certi capi tecnici, degli strumenti di lavoro ridotti all’osso, della resistenza per cucinare, del girocollo, di una buona prolunga, di un efficiente e piccolo caricatore usb, dei cubi che uso per tenere dentro i vestiti, della crema solare protezione 50 e di un grande asciugamano in microfilma che uso anche per fare alcuni esercizi a corpo libero.Potrei fare a meno di qualche vestito ancora, forse e in extremis anche di uno dei due pile, magari potrei togliere un pannello led per le riprese video che sto usando poco.



Come ti hanno cambiato interiormente questi anni trascorsi on the road?
Bella domanda. Sono una persona felice, ho imparato a dichiararlo senza aggiungere “ma” o “però”. Ho imparato anche a sorridere molto ma fidarmi poco. Sono più sicuro delle mie capacità imprenditoriali e anche se mi avvicino ai 40 continuo ad avere sogni e desideri in abbondanza. Ho ristretto così tanto il mondo materiale da diventare un pessimo consumista ma ho trovato nelle esperienze, nelle storie altrui, nelle relazioni, nel mio mestiere, nello sport e nella lettura tutto quello che mi serve per essere felice. Questi anni on the road mi hanno reso un “minimalista” molto focalizzato sulla libertà e l’intraprendenza. Entro molto in sintonia con persone che hanno veramente deciso di cambiare vita e non vuol dire prendere la moto e andar lontano. Intendo dire rifondare il proprio stile di vita sulla libertà, non soltanto sulla “liberazione”, mi spiego: persone che realmente stanno usando il loro cuore e il loro cervello per costruire un’esistenza che metta al vertice la libertà e l’esperienza, la formazione continua e la progettualità, le relazioni umane e la qualità di vita. Forse questi anni on the road mi hanno avvicinato a questo stile di vita, mi sento molto diverso dai miei genitori e da molti amici che si sono imborghesiti (e impoveriti ultimamente) seguendo le solite tracce consumistiche, imparando la rassegnazione di chi tanto non crede più che si possa cambiare. Nel 2008, quando sono partito, ero decisamente un coglione agli occhi di molti. Oggi i “molti” che in questi anni hanno perso libertà mentre io la conquistavo, soldi mentre io imparavo a farli, soddisfazioni mentre io pian piano crescevo… hanno imparato a ridimensionare certi preconcetti e rivalutare la mia “pazzia”.
Cosa cerchi, in fondo, col tuo continuo viaggiare: qualcosa al di fuori o all'interno di te? 
Non andavo molto bene in geografia da piccolo, girare il mondo mi aiuta in questo senso :-) Il “di fuori” e il “di dentro” sono due strade che devo percorrere allo stesso tempo durante il viaggio. Altrimenti sono perduto oppure divento incazzoso, annoiato, insoddisfatto, lamentoso. Un viaggio solo interiore prima o poi mi da asfissia, ho bisogno di sentire spazi aperti, il mio corpo che si muove, un mondo esterno che mi prende e mi scuote. Viceversa un viaggio solo esterno, tutto costruito su teatrini per visitanti, confort per gente “bene” e tour che vendono emozionanti falsità… dopo un po’ diventa vuoto, una giostra di roba che non m’interessa più. Se non riesco ad emozionarmi, a toccare l’anima di qualcosa o farmi toccare la mia…non me ne frega più niente di nulla, mi chiudo a riccio sul mio computer e scrivo o faccio foto. Non ho più interesse per il mondo esterno. Recentemente ho scritto un post “la stanchezza di viaggiare, voglio tornare a casa!” in cui, fermo per alcuni giorni in una cloaca turistica, ho perso proprio la curiosità e il desiderio di esplorare.



Viaggiare significa anche fare nuovi incontri, nuove conoscenze: qualcuna di queste ti ha particolarmente segnato ed arricchito?
Molte, sopratutto chi mi ha accolto inaspettatamente nella sua casa e mi ha proiettato in stili di vita lontanissimi dai nostri “metropolitani”. Ho incontrato gente nelle riserve indiane del canada, nel deserto del “peyote” del messico, nelle foreste di panama. Contadini, rivoluzionari, eremiti. Ci sono stati incontri che rimarranno per sempre nel mio cuore e che mi hanno fatto strappare una promessa di ritorno…
Senti mai la mancanza dell'Italia e della persona che eri prima di partire per quest'avventura?
La persona che ero è partita con me e si è trasformata, se devo parlare di un “Claudio di prima” e di un “Claudio di dopo” lo faccio solo per ragioni letterarie quando scrivo. In realtà c’è stata una trasformazione, non una rottura. Nessuno può far finte di diventare Altro da sé quando semplicemente cambia terra o stile di vita. Si trasforma.Parlando dell’Italia invece, a parte qualche luogo di memorie antiche e gli affetti non ho proprio nessuna nostalgia. Anzi più sono passati gli anni, più ho conosciuto il mondo e più sono diventato un detrattore dell’Italia.Un paese con una favolosa storia, un presente di merda e futuro che non oso immaginare se andiamo avanti così… mi deprime ogni volta che cerco di farci qualcosa, dall’esperienza con Feltrinelli, alle collaborazioni con riviste a certe modalità di pensiero antidiluviane. Ho recentemente redatto una proposta a due redazioni offrendo gratis 10 anni di esperienza, articoli, libri e foto che vendo in tutto il mondo, il tutto corredato da lettere di raccomandazione di NatGeo, Shutterstock (la agenzia di immagini più grande del mondo), due governi e la croce rossa del Messico. Sai quale è stata la risposta? Nessuna. Esattamente come nel 2008 quando non ero capaci di fare un cazzo. Non è cambiato niente, la gente si evolve, cresce in entusiasmo e qualifiche, intraprendenza e professionalità e il risultato è sempre lo stesso: NIENTE.È proprio “il Niente” il motore del cambiamento nel nostro paese. E veramente rimpiango di non essere nato madre lingua inglese per separare anche la mia scrittura, come è successo per fotografia e video, dal mercato umiliante di questa terra. Come rimpiango chi non ha avuto il coraggio o le condizioni per andarsene, costruire qualcosa di meraviglioso e poi tornare indietro per condividere e arricchire gli altri. Quasi tutti quelli che sono cresciuti insieme a me sono fermi in un’impasse creativa, economica e professionale. Uno stallo generale dove quantomeno hanno re-imparato a gustarsi il tempo libero, gli hobby, le relazioni e hanno imparato, anche e purtroppo, che su questa terra secca non cresce nient’altro. Sono molto pessimista e non m’importa, le statistiche e i numeri parlano da soli, senza bisogno delle mie lamentele. Magari cambierò idea quando vedrò più sorrisi e più persone intorno che riescono a combinare qualcosa di stupendo oltre che fare un figlio e trascinarsi alla pensione.Per ora lo vedo come un paese per farci vacanze o forse per impiantare qualcosa di buono, come atto d’amore, di resistenza e di volontariato.



Ci sono similitudini nel tuo modo di vedere il mondo da dietro una visiera e dal vederlo da dietro la lente di una macchina fotografica?
No, purtroppo la visione fotografica ha preso il sopravvento su tutto, sulla mia normale da essere umano e su quella da motociclista che guarda da dietro la visiera. Vedo il mondo per inquadrature! Anche quando vado in moto. Mi piace molto andare piano, come se la moto fosse un’estensione del mio corpo che privandomi della fatica muscolare mi lascia abbandonare solo all’atto di osservare. In passato avevo la macchina al collo mentre guidavo e avevo imparato a cambiare i settaggi e scattare con la sinistra… oggi Olga è dietro e con un cenno capisce subito dove puntare la macchina. Spesso quando andiamo in moto stiamo facendo un raccolto d’immagini e bellezza.
Dove ti trovi attualmente e che progetti di viaggio hai, a breve termine?

Sono in Bolivia, prima o poi mi prendo un paio di mesi per stare in Italia con la mia famiglia, poi riprenderò dall’Argentina per finire quest’Odissea di 10 anni. Ho bisogno di stare più vicino ai miei che invecchiano e di dedicarmi, stando un po’ più fermo, ad alcuni progetti tra cui probabilmente aprire un nuovo Blog, scrivere un altro libro, tradurre il mio in inglese, forse un documentario… etc..




Se volete seguire Claudio tramite il suo sito internet, questo è il link: Longwalk.it - La vita è un viaggio.


Cri

______________________________________________________________



DA MILANO A SAIGON A BORDO DI UNA STELLA? SI PUO' FARE!!

Un progetto coraggioso ed ambizioso quello di due ragazzi, Pietro ed Andrea: quello di affrontare un lungo percorso, da Milano sino in Vietnam, sulle orme del viaggio in Vespa compiuto tempi addietro da Giorgio Bettinelli in Vespa, non a bordo di comodi mezzi a due ruote studiati per affrontare tratte simili, bensì cavalcando due Star! Scopriamo di più a proposito di questa meravigliosa avventura, ancora nel pieno del suo compiersi giorno dopo giorno, da parte di Pietro, intervistato dalla Cry.



ciao Pietro, da dov'è nata in te ed in Andrea l'idea di affrontare questa grande impresa?

L'idea è nata una notte di fine estate 20016 nella località di Montaretto in Liguria dopo un breve tour in moto. Bevendo vino e parlando del futuro imminente, la quotidianità che da li a poco sarebbe reiniziata con i suoi soliti riti, il lavoro, insomma la “solita vita”.. si sentiva la necessità di cambiare qualcosa. In tasca il libro in Vespa da Roma a Saigon di Giorgio Bettinelli.. questa è stata l'ispirazione per iniziare a fantasticare su un viaggio verso est in Star..
Di solito questo tipo di discorsi viene archiviato dopo poche ore.. quando si rientra, quando si recupera la lucidità..quella volta invece fu diverso..ci prendemmo sul serio e qualche giorno dopo stavamo mettendo nero su bianco un progetto di viaggio. Poi è stato un passo dopo passo fino al 17 luglio..giorno della nostra partenza.

Come mai la scelta delle Star come mezzo di trasporto?

Semplicemente perchè quelli erano i nostri mezzi. Avevamo passato l'estate girovagando appena possibile in scooter ed è venuto naturale pensare ad un viaggio con le Star. Credo inoltre che viaggiare con una moto cosi piccola ti tenga vicino alla trada e quello che ci sta attorno.. chi si muove con i classici enduroni da viaggio..quando si ferma in un villaggio, sembra un atterraggio di astronave e quelle armature trasformano i piloti in veri e propri alieni..il viaggio in scooter diciamo che è “più umano”...se me lo concedete.



Attualmente stai viaggiando da solo, da cos'è derivata questa scissione?

Questa scissione è nata da una volontà di Andrea, che ha deciso di non proseguire con me questo viaggio per motivi personali che ha spiegato bene in un post sulla nostra pagina. È stata una scissione graduale, ponderata e condivisa, quindi senza una rottura violenta.. una decisione difficile, ma che ha preservato i buoni rapporti. Quello che posso dire è che viaggiare con altra persona a stretto contatto 24 ore su 24 per mesi è complesso, sopratutto se si hanno ritmi diversi. Due caratteri differenti possono essere complementari e quindi bilanciarsi perfettamente, come all'opposto non riuscire ad allinearsi e diventare conflittuali. Non è stato questo l'unico motivo della scissione, ma sicuramente ha contribuito. Credo che quando si viaggia assieme a qualcuno è importante avere delle affinità riguardo alla capacità di emozionarsi per ciò che si incontra sulla strada.. se si perde questo, non c'è condivisione e diventano viaggi paralleli, diversi.

Parlami della tua star. Come l'hai equipaggiata per affrontare un viaggio
del genere?

La Star è entrata in officina alla Scooteria di Milano è l'ho ribaltata per bene nelle lezioni pratiche di meccanica di maestro Gino. Ho cambiato il gruppo termico montando un Pinasco 177cc per avere più potenza, ma anche affidabilità. un portapacchi posteriore e uno anteriore da Bicasbia..c'è da dire che durante il viaggio, per sostenere il peso del bagaglio posteriore, che era pronto a portare 4 kg e sottoposto ad un peso di quasi 10 volte tanto, ha dovuto subire parecchi interventi di saldatura e rinforzo.. studiando anche le vecchie foto di Bettinelli e le sue vespe disponibili in rete. Una presa accendisigari x ricarica usb nel vano portaoggetti e un faro basso a led per illuminare l'ombra prodotta da bagaglio anteriore nel fascio del faro principale. Ed infine una sella nuova regalatami dagli amici qualche giorno prima del viaggio al mio compleanno...una sella vecchio stile Vespa, con molle di metallo e spazio per qualche straccio nel sotto sella.. niente di più.. un check up generale e ricambi di piccole parti di consumo. Ah, un porta borraccia che si è rotto il primo mese..



E per quanto riguarda il bagaglio come sei organizzato?

Ho una borsa anteriore di 40 litri semi impermeabile con laptop, sacco a pelo, materassino gonfiabile, documenti ecc...
sul posteriore una sacca impermeabile Touratech da 89 litri dove all'interno c'è uno zaino da trekking da 36 l con i vestiti, una borsa con attrezzatura varia, una tenda da un paio di kg un fornelletto a benzina e appeso fuori dalla sacca un cavalletto per foto avvolto in un materassino in neoprene. Attrezzi vari. Appesa alla sella la mia inseparabile Nikon.

Quale, fino ad ora, la maggior difficoltà incontrata on the road?

La maggiore difficoltà è in questo periodo organizzare il viaggio per attraversare Myanmar e Thailandia.
Per attraversare il Myanmar con un proprio mezzo registrato all'estero è necessario partecipare ad un tour organizzato spendendo circa 100 usd al giorno. Non è possibile prevedere la traversata in Italia per una questione di tempistiche. Trovare un'agenzia che formi un gruppo esattamente nel periodo in cui si è scelto di attraversare la Birmania non è semplice..questo è necessario per abbattere i costi. Se si aggiunge il fatto che la Thailandia dopo la mia partenza ha deciso di chiudere anch'essa le frontiere per i free riders come me..diventa una corsa contro il tempo.. da febbraio 2017 la Thailandia come il Myanmar accetterà solo ingressi con guida.. e questo vuol dire innalzamento esponenziale dei costi e quindi potrebbe portare anche alla rinuncia del viaggio. In questo momento ho chiesto un permesso speciale per attraversare la Thailandia senza guida entrando il 28 di febbraio e nel frattempo cercare una agenzia che mi faccia attraversare il Myanmar entro quella data senza un costo proibitivo.. spesso arrivano le brutte notizie e ci si fa prendere dallo sconforto, po si riparte.
Cercare di risolvere tutto questo durante il viaggio può essere molto difficile e demoralizzante, ma anche questa è la sfida.
Altri momenti difficili sono stati legati ad alcuni periodi dove la Star dava continui problemi, risolto un problema se ne presentava un altro come in Iran o in Pakistan...o nel momento più delicato..attraversando il Baluchistan in Pakistan con la scorta armata ho dovuto anche caricare la moto per decine di km sui pickup della polizia..



Che cosa ti sta regalando questo viaggio? Ti senti la stessa persona che
è partita dall'Italia o senti che qualcosa sta cambiando in te, km dopo km?

È sempre più netta la sensazione di poter ripartire da 0 con un'altra vita e sopratutto ovunque.. sotto la visiera tutti i giorni immagino una mia vita futura...diversa ogni giorno che ci penso. Vari punti di partenza.

Qual'è la popolazione incontrata fino ad ora che più ti ha affascinato?

Gli  Iraniani e i pakistani due popoli di un calore e ospitalità incredibile.



Ed il posto che ti è rimasto nel cuore?

Credo sempre l'Iran per il medesimo motivo. La città invece che mi ha emozionato di più per interesse e bellezza è stata Hassankeyf in Kurdistan \Turchia..una bellissima città ricca di storia che verrà sommersa dal governo turco per costruire una diga. Mangiando sulle palafitte su Tigri mi sono emozionato veramente, pensando a quel luogo magico che stava per morire.

Come ti organizzi nel trovare i luoghi nei quali fermarti ad alloggiare la notte?

Non ho mai prenotato un hotel nè un ostello. Di solito arrivo e cerco cercando la sistemazione più economica senza preoccuparmi della qualità. Talvolta trovo ospitalità a casa di famiglie. In Iran era facilissimo! Credo che spesso basti un letto, un bagno nei dintorni..una volta spenta la luce cambia poco ad essere in grande hotel o in una stamberga o nella mia tenda. Anzi credo che dormire negli hotel di un certo livello ti allontani troppo dal contesto ..preferisco dormire in posti che non tolgono la prossimità con il luogo che mi circonda.



Qual'è lo scopo di questo tuo viaggio?

Lo scopo è staccare gli ormeggi e permettermi di reiniziare una vita diversa imprevedibile adesso..ambizioso eh?
Mi piacerebbe raccontare il mio viaggio un giorno dando omaggio alle realtà e alle persone incontrate su questa lunga strada. L'obiettivo pre partenza di raccontare il lavoro di associazioni, ong , persone..questo lavoro purtroppo è stato un po' in stand by per dei problemi tecnici al sito..ora rimane la volontà, ma è difficile lavorare su questo aspetto con tutte le difficoltà e la fatica del viaggio, ma non voglio abbandonare, mi piacerebbe riuscire a recuperarlo.
Inoltre mi piace seguire le orme di Bettinelli e ogni tanto sentirmi nei suoi panni negli stessi luoghi 24 anni dopo.

Consigli pratici e tecnici da dare a chi volesse cimentarsi in un'impresa simile alla tua?

Armatevi di pazienza, coraggio perchè tutti i giorni potrebbe esserci un bastone tra le ruote e quando lo avrete tolto, ne entrerà un altro.. quindi partite solo se siete fortemente motivati..altrimenti vi perderete per strada..altri consigli non sento di darli..ad ognuno il suo viaggio.


Nessuno ferma le stelle.. quindi la tua star non si fermerà dopo questo viaggio. E' troppo presto per parlare di progetti futuri?

Mi piacerebbe ritornare in Italia seguendo le orme di un altro scrittore..ci sto pensando..la moto seguirebbe un altro percorse e ci rincontreremo a ovest.

Quando tornerai a casa pensi sarà semplice riprendere la vita di ogni giorno o ti mancherà il mondo visto da dietro la visiera?

Non credo riprenderò la mia vita di tutti i giorni...magari un'altra , magari altrove.. ma la vita da dietro la visiera non la abbandonerò presto..

Cri


_______________________________________________________________________________


UNA COPPIA DI SICILIANI ALLA CONQUISTA DEL MONDO, SULLE DUE RUOTE.

"Tra pochi mesi avrò compiuto 57 anni e mi accorgo che il tempo passa inesorabilmente senza aspettare nessuno. I giorni si sommano ai mesi e questi agli anni.
Ed io sono stanco. Stanco di avere un milione di impegni da portare a termine, stanco di dover assolvere a tutti i compiti che mi sono imposto, pensando sempre di avere molto tempo a disposizione, stanco di dover rimandare. Lo studio, il lavoro, la famiglia vengono sempre prima di tutto e di tutti, anche di sé stessi, e si pensa sempre che ci sia la possibilità di poter fare quello che si desidera in un altro momento, il mese successivo o l’anno che verrà…
A 56 anni ho girato la clessidra e ho deciso di riprendermi il mio tempo...

Voglio evitare che i giorni diventino maledettamente tutti uguali e noiosi, non voglio cercare più un motivo bugiardo per svegliarmi la mattina alla ricerca di obblighi ed impegni.." Così Sebastiano Coco inizia a spiegare il perchè della sua decisione di girare in sella ad un Bmw GS il mondo intero, per gran parte insieme alla sua compagna di vita, oltre che di viaggi. Sentiamo dalle sue parole, qualche aneddoto e curiosità riguardo questa grande impresa ed avventura. 


Ciao Sebastiano, parlami del tuo progetto di giro del mondo in moto. Da cosa è nata questa idea?

Il progetto del mio giro del mondo in moto è diviso in tre fasi. La prima fase, che si è conclusa da poco ha visto l'attraversamento di tutta l'Asia, dal porto di Igoumenitza a quello di Vladivostok e successivamente la visita della Korea del Sud e della parte orientale dell'Australia, per un totale di 31.000 Km. La seconda fase prevede un viaggio in Africa ed infine l'ultima fase l'attraversamento del continente Americano da Ushuaia a New York. Questi ultimi due viaggi sono in fase di studio. L'idea parte dalla necessità di vivere la propria vita in un modo diverso, riappropriandomi del mio tempo e soprattutto di dare importanza semplicemente al grado di felicità che le azioni della propria esistenza possono procurare a sè o agli altri. Il tempo quindi diventa davvero prezioso soprattutto alla mia età.  A 57 anni ho deciso di girare la clessidra del mio tempo e far scorrere la sabbia che mi resta seguendo i miei sogni.



Viaggi con tua moglie. È facile organizzare un viaggio del genere per due persone? Siete sempre stati concordi su questo progetto?

Ho sempre viaggiato con mia moglie, ma in questo viaggio non è stato  sempre possibile per via dei suoi impegni lavorativi. Lei mi ha accompagnato  per tutta la via della seta, fino a Taskhent, da dove è tornata in Italia, mentre io ho proseguito il viaggio in Kazakistan e poi in Russia, Mongolia, Korea ed Australia.In Australia sono stato di nuovo raggiunto da mia moglie con cui abbiamo condiviso l'esperienza australiana. Organizzare un viaggio di queste dimensioni e di tale durata non è certo cosa facile. Prevedere il tempo di permanenza in ogni paese in modo da far coincidere l'inizio e la fine dei relativi visti di ingresso già da solo implica un notevole impegno. E ancora tutta la logistica relativa all'attraversamento delle diverse parti del mondo, quindi con diverse condizioni climatiche, ambientali e culturali. Gli aspetti tecnici legati alla moto, quali cambio gomme, servizi ed eventuali guasti. Il viaggio è stato e sarà condotto in assoluta autonomia, in solitaria e senza nessuna assistenza esterna. In linea di massima mi occupo io di tutto ciò che riguarda itinerari, tempistica e quant'altro, ma sempre con il conforto e l'assistenza di mia moglie.   

  

Con che moto viaggi e come l'hai attrezzata per questa grande avventura?

La moto impiegata in questo primo tratto è stata una BMW GS 1200 adventure del 2013, di mia proprietà. La moto è praticamente di serie e non ho voluto apportare nessuna modifica perchè penso che si tratti di uno dei migliori modelli usciti dalle fabbriche BMW. E' stata attrezzata con le valigie laterali in alluminio BMW e un bauletto centrale da 52 litri (GIVI) e una borsa serbatoio (sempre GIVI) molto piccola. Inoltre è dotata delle due borsette laterali montate sui tubi di protezione del serbatoio. Infine ho aggiunto al telaio, e all'altezza del bauletto centrale, una specie di prolunga che mi ha permesso di portare al seguito i pneumatici di ricambio senza far gravare il loro peso sul bauletto stesso. 



Per quanto riguarda il bagaglio, come vi siete divisi gli spazi tu e tua moglie?

Da quando andiamo in moto la divisione degli spazi è sempre stata la stessa. Il bauletto posteriore per tutto ciò che riguarda la moto (utensili, chiavi, oli ed eventuali ricambi) con l'aggiunta nello spazio rimante di oggetti non di uso comune, come ad esempio il sacco a pelo, teli da bagno, zainetto per le escursioni, cappellini, ecc. La valigia più grande è destinata agli effetti personali di mia moglie, mentre io mi sono sempre organizzato con la valigia più piccola, che tra l'altro contiene il computer portatile e tutte le attrezzature elettriche ed elettroniche di supporto ai telefoni, telecamere, macchine fotografiche e navigatore. La borsa serbatoio è destinata a contenere le attrezzature fotografiche, il navigatore ed ancora guide e cartine, nonchè creme solari e per le punture di insetti e qualche cerotto per il pronto intervento in caso di piccole ferite. Infine nelle due borsette laterali ho stivato le due tute anti pioggia e qualche cinghia o "ragno" che in moto sono sempre utilizzati. 

Per ora avete percorso la prima metà di giro del mondo. Quale il posto incontrato on the road che vi ha lasciato a bocca aperta?

Durante questa prima fase del viaggio il posto che letteralmente ci ha lasciato senza parole è stato sicuramente la città di Khiva in Uzbekistan perchè è rimasta esattamente com'è da secoli, la case, i vicoli, le moschee e le madrase sono perfettamente conservate e sembra proprio di essere stati catapultati nel passato. La migliore visione della città è certamente la sera quando i vari monumenti sono illuminati e riescono ad emanare un fascino davvero coinvolgente. 



E quale il popolo che più vi è rimasto nel cuore?

Certamente gli iraniani. In Iran mi hanno invitato nelle loro case offrendomi pranzo e cena, mi chiamavano  “fratello”. È il posto più bello che esista al mondo per l’affetto, la cordialità e la gioia nel mettere a proprio agio lo <<straniero>>. Una terra in cui non esistono differenze date dal colore della pelle o dalla religione professata, e dove lo straniero è un uomo da rispettare e accudire. 

La più grande difficoltà che avete incontrato in questa avventura?

Le più grandi difficoltà che si affrontano in un viaggio del genere, al di là delle difficoltà proprie del viaggio, strade dissestate o inesistenti, difficoltà di comunicare, cambio di alimentazione, ecc sono di certo legate alle spedizioni della moto da un continente all'altro ed alla burocrazia legata al trasporto. Le spese per un volo aereo o per un passaggio nave per la moto sono a volte notevoli ed ancora occorre smontare e rimontare la moto, toglierne i liquidi ed altro.



Che peso hanno gli sponsor quando si decide di cimentarsi in un'impresa del genere?

Avere chi in qualche modo supporta la tua iniziativa fa davvero piacere, perchè il solo sapere che qualcuno crede in te e in quello che hai immaginato di fare ti aiuta molto nella realizzazione del tuo progetto. Purtroppo gli "sponsor"  si limitano ad offrire solo materiali e quindi di scarso peso nella gestione finanziaria del viaggio. I miei sponsor, a parte molte ditte di moto della mia città che hanno contribuito ciascuna con qualcosa, sono stati MOTOAIRBAG, che mi ha fornito i gilet gonfiabili in caso di caduta e la MTECH, che mi ha fornito l'abbigliamento tecnico per me e mia moglie. In particolare i responsabili  MTECH sono stati davvero straordinari riuscendo a recapitarmi a Taskhent un completo invernale che mi ha permesso di superare agevolmente le rigide temperature della Siberia o dell' Est Russo. 



Un consiglio per chi volesse affrontare un viaggio del genere?

Non so esattamente cosa consiglierei, se non la precisa volontà di dare seguito ai propri sogni e di liberarsi di tutte le paure del "partire". Prendere il proprio mezzo, qualunque mezzo, e andare. Ho sempre detto che non è il "ferro" che ti porta lontano, ma il cuore. Gettare il cuore oltre ogni possibile ostacolo è l'unico consiglio che possa dare, per qualsisi cosa si intraprenda.

Cosa pensano le vostre figlie dei loro genitori in veste di grandi viaggiatori?

Le mie figlie sono sempre state entusiaste dei viaggi che abbiamo intrapreso e in particolare in quest'ultimo hanno avuto un ruolo importantissimo nel gestire la pagina FB (https://www.facebook.com/cocoontheroad/)  e il sito che ci riguarda (www.cocoontheroad.it) e non ultimo sono state, con il loro contributo e supporto, condizione essenziale per la buona riuscita del viaggio, incoraggiandomi e sostenendomi nelle fasi più difficili del percorso-

Cosa pensate entrambi del mondo visto da dietro la visiera?

Sicuramente il mondo è davvero migliore di quello che ci viene descritto dai giornali e dalle televisioni, la gente che si incontra ha la tua stessa umanità e per noi averla ricercata ed apprezzata è stato un qualcosa di veramente prezioso che ha arricchito le nostre esistenze e ci ha permesso a nostra volta di essere più umani e più consapevoli delle bellezze del mondo


Cri

_____________________________________________________________________

MARCELLO CARUCCI, L'INSEGNANTE DI EDUCAZIONE FISICA CHE GIRA IL MONDO PORTANDO SORRISI.

Marcello Carucci è un insegnante di educazione fisica con una grande passione, i viaggi in moto. Negli ultimi 33 anni ha percorso oltre 1.400.000 km a cavallo delle sue moto, esplorando l'intera Europa, il Medio Oriente, Nord Africa, Asia.
Il continuo apprezzamento delle prestazioni delle moto ed il desiderio di conoscere le potenzialità di impiego nelle situazioni più difficili, lo spingono ad affrontare ogni anno viaggi più avventurosi. Tutto ciò anche con uno scopo benefico: portare giocattoli e sorrisi ai bambini bisognosi.



Ciao Marcello, com'è nata la tua passione per i viaggi in moto?

Già all'età di 14 anni avevo una grande passione per le moto, volevo fare il pilota in pista, a 23 anni ho preso finalmente la prima moto e con questa ho fatto un viaggio in Jugoslavia Spagna Turchia e avevo il sogno di fare un viaggio in Russia che all'epoca mi sembrava una cosa impossibile poi invece la attraversai tutta in una sola volta. Ho cercato di abbinare la mia passione tra la geografia e la moto facendo dei grandi viaggi. Poi viaggiando ho cominciato a conoscere le differenti culture, ho incontrato fame, povertà e da qui l'idea di fare delle piccole azioni umanitarie. Anche quest'anno sono andato in Tunisia ed ho portato diversi oggetti ai bambini nelle scuole, si cerca di fare quello che si può per portare qualche sorriso nei bambini che ne hanno bisogno. 

Hai mai incontrato delle difficoltà durante questi tuoi grandi viaggi?

Si, in particolar modo ricordo due episodi: il primo durante il quale viaggiavo di notte da solo in Georgia e sono stato aggredito per ben due volte, poi nel 2005 quando viaggiavo con una Suzuki Hayabusa e sono rimasto senza benzina nel Sahara, con una temperatura di 60° e soli 3 litri d'acqua al seguito. Nelle volte successive mi sono attrezzato meglio, portandomi al seguito delle taniche di benzina in più, ma quella volta è stata drammatica.



Come scegli le tue destinazioni di viaggio?

Guardo il mappamondo... e scelgo! L'Europa l'ho visitata in lungo ed in largo, l'Asia l'ho esplorata per gran parte e l'Africa la sto visitando a tappe. Quest'anno ad esempio sarei dovuto andare in Nigeria ma poi ho trovavo bruttissimo tempo, quindi ho cambiato programma. Poi bisogna tenere anche presente della situazione mondiale che è in continua evoluzione, bisogna valutare di volta in volta anche se ci sono posti considerati poco sicuri o meno. Proprio pochi giorni fa hanno ucciso un motociclista italiano in Brasile, si è ritrovato per sbaglio in una zona che era considerata off-limits, bisogna prestare molta attenzione a certe situazioni che purtroppo sono risapute. Inoltre bisogna sempre rispettare le varie popolazioni e le varie culture che si incontrano. Ad esempio nel mondo islamico è sempre meglio chiedere se si possono scattare foto. Quest'anno in Tunisia ho scoperto solo dopo di essere passato molto vicino a zone dove poi sono nate delle rivolte e dove si sparava ad altezza uomo, insomma in questa occasione sono stato fortunato, anche quando si viaggia si è nelle mani di Dio.



C'è un posto che hai incontrato viaggiando del quale ti sei innamorato?

Io ho pianto quando ho lasciato l'Iran, lì ho incontrato e conosciuto delle persone splendide. Anche la Siria e la Giordania mi sono rimaste nel cuore. In Kazakistan ho incontrato delle bellissime persone veramente umili, che mi hanno offerto da mangiare, che mi hanno ospitato. Anche in Russia ho trovato grandissima ospitalità, addirittura mi salutavano alla loro maniera, col pugno in alto e se lo portavano sul cuore.

Insomma, viaggiando si impara ad essere cittadini del mondo.

Io penso proprio di si, anche se questo dipende anche dal proprio carattere. Io, come si dice a Roma, "non ho la puzza sotto al naso", quindi questo aiuta molto nello spirito di adattamento che ci vuole se si vuole viaggiare per il mondo. Inoltre mi fa molto piacere essere un'ispirazione e dare consigli a tanti altri motociclisti che vogliono intraprendere dei viaggi sulle orme dei miei, questa è una grande soddisfazione. 



Ti pesa il fatto di viaggiare da solo?

No perchè da solo riesco a gestire meglio i miei ritmi e le mie esigenze. Poi andando in giro conosco tantissima gente quindi in realtà non sono mai davvero solo! Molti mi hanno chiesto anche di fare loro da guida e di organizzare dei gruppi di moto che vadano in tour, ma io amo avere la mia libertà ed ho ancora molto da vedere, cose che magari ad altri possono non interessare o magari loro vorrebbero visitare luoghi che io ho già visto. Insomma per ora preferisco viaggiare così nel modo in cui lo faccio ora. In ogni caso ho moltissime persone che mi seguono, con le quali intrattengo rapporti grazie ai viaggi in moto e questa è una delle più grandi soddisfazioni del mio viaggiare.

Il tuo prossimo viaggio?

E' una sorpresa, ho in mente un grande progetto per luglio - agosto, state connessi e lo scoprirete!



Cri

_______________________________________________________________________________

MARTA BRAMBILLA, UNA DONNA E LA SUA YAMAHA TENERE' DALLA SVIZZERA AL GIAPPONE, CON TENACIA.

Marta Brambilla, di professione traduttrice, grande appassionata di viaggi, si ritrova nel 2013 alle prese con grandi e profondi cambiamenti nella sua vita. Molte domande dentro di sè, la voglia di riscoprirsi e di mettersi in gioco la portano alla decisione di affrontare un grande viaggio la cui meta sarebbe stata il Giappone, terra che da sempre ha esercitato un grande fascino su di lei. Viaggio che ha affrontato a bordo della sua inseparabile Yamaha Ténéré 660XTZ. Scopriamo di più a proposito di questa avventura leggendo le parole della sua protagonista.



- Marta, da cosa è scaturita in te l'idea di voler affrontare il viaggio Svizzera - Giappone in moto?

Questo genere di viaggi non nasce dall’oggi al domani, e io non faccio eccezione. Ovviamente, con il senno di poi mi è molto più semplice mettere insieme i pezzi del puzzle che mi hanno portato a partire. Ce ne sono alcuni fondamentali: mio padre e la sua contagiosa curiosità, il suo amore per il viaggio su strada e la passione per le moto; input vari ricevuti nel corso della mia vita che mi hanno portato ad amare il Giappone e la sua cultura e non da ultimo altre viaggiatrici, in particolare Doris Wiedmann e il suo libro-resoconto sul suo viaggio dalla Germania al Giappone in moto in solitaria. Diciamo che questi sono i capisaldi su cui poggia l’idea. Ma non sono sufficienti: la vera spinta a partire è arrivata dal fatto che tra il 2012 e il 2013, nel giro di pochi mesi, ho lasciato il mio compagno e a un mio carissimo amico hanno diagnosticato un cancro allo stadio terminale. In questa fase mi sono posta un sacco di domande sulla mia vita e su quanto ne fossi o meno soddisfatta. Le risposte non mi sono sempre piaciute: da qui la decisione di partire.

- Hai viaggiato in solitaria, ti è mai pesata questa condizione?

No, non posso dire che mi sia mai veramente pesata la condizione di viaggiatrice solitaria. Naturalmente, in due o più persone sarebbe stato tutto molto diverso. A volte sono stata, e sono ancora, curiosa: mi piacerebbe fare un viaggio del genere con qualcuno, ma è davvero difficile trovare la persona giusta. 




- Come eri vista dalle persone che hai incontrato lungo il tuo cammino in quanto donna che viaggiava da sola?

Dipende. Le reazioni sono state molto varie. Dalla più totale ammirazione e grande entusiasmo fino all’esatto opposto: addirittura c’è stato chi ha negato il fatto che io avessi davvero fatto il viaggio. In Giappone, una collega di lavoro di un amico a cui lui aveva raccontato il mio viaggio ha risposto che appunto non era possibile che io avessi fatto un viaggio del genere. E non c’è stato verso di farle cambiare idea.

- Come hai attrezzato la tua moto? Che tipo di bagaglio avevi?

Per quanto riguarda la moto, avevo fendinebbia, paramotore e cavalletto centrale. Questi gli accessori montati dopo l’acquisto (prima e in previsione del viaggio). Per quanto riguarda il bagaglio: sapendo di non avere esperienza in merito (o davvero molto poca), ho cercato di usare il buon senso prevedendo che le cose sarebbero cambiate per strada. E così fu! In ogni caso, ho sempre tenuto bene a mente uno dei consigli datomi da un amico francese esperto di viaggi in moto: ricorda che, se non sei in pieno deserto, di solito abbigliamento di base lo trovi ovunque a prezzi anche stracciati (dipende ovviamente da che Paesi attraversi). Quindi mi sono ritrovata ad abbandonare cose inutili lungo il percorso e a comprarne altre. Ovviamente, dovessi partire ora sarebbe tutto un po’ diverso.



- La tua è stata una cavalcata per raggiungere quanto prima la meta che ti eri prefissata o hai dedicato tempo a visitare i luoghi incontrati lungo il tuo cammino?

Ho cercato una buona via di mezzo. Alla fine, per non ridurmi alla sola cavalcata per raggiungere la meta e, quindi, a mio modesto avviso per non perdermi la parte migliore del viaggio, sono giunta alla decisione di spedire la moto e continuare con altri mezzi. Ma questa è una storia lunga e complicata, che per altro sto cercando di raccontare nel mio secondo libro.

- Qual è il luogo più bello incontrato on the road?

Potrei banalmente rispondere tutti, o nessuno. Sicuramente, il Lago Bajkal resta uno dei punti centrali del mio viaggio – anche per la bellezza incontaminata del luogo. Ma di cose bellissime in viaggio ne ho viste tantissime.



- Hai mai pensato di abbandonare il tuo progetto e di tornare indietro prima del tempo?

No. Tornare indietro non è mai stata un’opzione che ho considerato, anche perché avevo già pagato in anticipo 3 mesi di affitto in Giappone! Infatti, verso metà Russia decido di spedire la moto e proseguire con mezzi alternativi: a dimostrazione del fatto che di tornare indietro non se ne è parlato mai.

- Qual'è stata la sensazione una volta arrivata al tuo traguardo, in Giappone?

Strana. Stranissima. Grande confusione, mi ci sono volute alcune ore prima di decidermi a credere davvero di essere arrivata in Giappone. È stato uno dei due o tre momenti più intensi di tutto il viaggio.



- Poi la decisione di vivere per un po' di tempo on the road. Che tipo di esperienza è stata per te?

In realtà non ho proprio vissuto on the road. Io sono traduttrice freelance di professione e ho ripreso la mia attività da Fukuoka, in Giappone, dove ho vissuto per 6 mesi. Dopo di che, per ragioni di visto, mi sono trasferita a vivere in un tempio Zen nei pressi di Oita. Per cui vagabondavo solo ogni tanto nei fine settimana. Per il resto, i miei 9 mesi in Giappone sono stati piuttosto stanziali.

- Come ti ha accolto il popolo giapponese? Hai apprezzato le differenze culturali che hai incontrato?

Il popolo giapponese mi ha accolto praticamente sempre bene, per questioni culturali sono quasi obbligati in realtà ad essere gentili con gli stranieri – pur non apprezzandoli particolarmente. Per quanto riguarda le differenze culturali, sì mi sono trovata molto bene e ne apprezzo ancora oggi la maggior parte. Complessivamente, posso dire di essere stata davvero bene in quei 9 mesi.



- Ed ora il ritorno in Svizzera. Hai sentito il richiamo di casa?

In realtà no, avevo un’operazione chirurgica in sospeso e sono dovuta rientrare. Sinceramente, ne avrei fatto a meno. Per il momento sono ancora qui, ma conto di ripartire nel 2017.

- Progetti futuri di viaggio?

Come detto, nel 2017. Probabilmente questa volta verso nord: Irlanda e Islanda sono in programma. Ma non ho ancora progetti precisi e devo ammettere che l’Oriente continua a chiamarmi. Mi piacerebbe tornare verso Est, magari passando da un’altra parte. Ci sono ancora un sacco di cose che non ho visto in quella direzione. E poi mi piace viaggiare col sole in faccia al mattino!



- Cosa si prova a vedere il mondo da dietro la visiera?

È una sensazione quasi indescrivibile a parole, ma per una volta mi sono sentita al posto giusto, ho sentito come se tutto di me fosse giusto. Senza barriere, a contatto con il “dentro” e il “fuori” di me: dopo alcuni giorni di viaggio in effetti le due cose coincidono. Ricordo ancora in maniera molto vivida come avessi l’impressione che il mio Io si espandesse a perdita d’occhio una volta arrivata in Siberia. Era come se finalmente avessi trovato il mio spazio – l’infinito.

Se volete saperne di più su Marta Brambilla, questo è il suo blog Parole On The Road, qui invece la potete trovare su Facebook Parole On The Road Facebook Page ed a questo link potete comprare il suo libro Chilometri diVersi.




Cri

_________________________________________________________________________

INTERVISTA A SHERRI JO WILKINS. IL SUO GIRO INTORNO AL MONDO CON IL "BECAUSE I CAN WORLD TOUR": UN MOTTO, UN CREDO, UNO STILE DI VITA!

La decisione di voler fare qualcosa, ad un certo punto della sua vita, che l'avrebbe completamente cambiata. Da questa idea prende forma in pochi mesi il Viaggio con la V maiuscola: il giro del mondo in moto che lei ha chiamato "Because I can world tour". Perchè Sherri Jo poteva farcela. Perchè Sherri Jo era in grado di farlo. E Sherri Jo l'ha fatto.



Come ti ha cambiato, come donna, l'esperienza del "Because I can World Tour"? 

Ha cambiato il mio modo di vedere il mondo. Come donna ero molto impaurita di andare fuori da sola, di dormire in tenda durante la notte magari in un posto strano, conoscendo tutte le cose brutte che accadono nel mondo. Tuttavia, ho imparato che la gente è molto più attenta di quanto immaginassi. Non importava che noi non parlassimo la stessa lingua, ci si capiva l'un l'altro. E come donna, ho sentito che le persone si preoccupavano per me quando ero in giro da sola. Mi ha insegnato ad essere più compassionevole verso gli altri, ora che sono tornata a casa.

Come hai preso la decisione di fare questo tipo di avventura? 

Sono tornata a casa da una giornata di lavoro ed ho deciso che dovevo fare un cambiamento nella mia vita. Stavo iniziando una mia attività e non sono riuscita a prendere subito una decisione. Così ci ho meditato un po' su ed  è nata questa idea nella mia testa di voler viaggiare in tutto il mondo su una moto. Non volevo navigare, non volevo avere zaini in spalla, ma sapevo come guidare una moto, anche se non ne avevo mai posseduto una. L'idea è nata ed in sei mesi sono partita!



C'è mai stato un momento in cui hai pensato di rinunciare? 

Sì, mi sono sentita così all'inizio, in Russia, quando ho percorso la "strada delle ossa" e il Vilhuisky Trakt. Era così difficile, e mi è stato molto utile per imparare a guidare "fuori strada". Ho fatto allenamento di off road ogni mattina per i primi 30 minuti, ma una volta che mi sono abituata alle difficoltà ed alle sfide, ho iniziato a godermele e così mi divertivo per il resto della giornata. Uno di quei giorni ho sofferti di ipotermia. Ho faticato moltissimo, avevo i brividi, facevo fatica a respirare. Ma proprio quando stavo rinunciando, una famiglia in Russia mi ha portato nella loro casa alle 11 di sera, mi ha dato da mangiare, del tè caldo e il ragazzo ha dato il suo letto con 5 coperte per scaldarmi .. E 'stato il giorno più duro di questo viaggio, ma il più incoraggiante nel momento in cui ho incontrato questi "angeli russi".

Il miglior ricordo di questo grande viaggio? 

Le persone che ho incontrato! ;-) Credo che tutti i miei paesi preferiti sono diventati i miei preferiti proprio a causa delle esperienze particolari che ho avuto con la gente del posto.



Ora vivi in Australia e hai una nuova moto, una Triumph Tiger 800XC. Hai progetti, nuove imprese da realizzare? 

Non nel mondo motociclistico. Ora lavoro nel campo immobiliare, quindi spero di poter riprendere il discorso di un "World Tour n°2" in futuro.

Come vivi il viaggio? Pensi a percorrere più strada possibile, durante le giornate on the road, o ti godi anche il paesaggio che ti circonda e ti prendi un po 'di tempo per visitare i luoghi che incontri durante il viaggio? 

Entrambe le cose. A volte mi concentro sulla strada da fare per raggiungere un obiettivo lontano. Ma ricordo che la mia sosta preferita fu a Quito, in Ecuador. Le nostre borse erano imballate sulle moto, pronti per andare. Però ero così vicino alle isole Galapagos, era il mio sogno di tutta la vita poter visitare questo luogo. Così siamo andati a chiedere i prezzi per vedere se era possibile allungarci fin lì. Abbiamo ottenuto uno sconto del 50% per il giorno successivo così li abbiamo presi! Ed ho avuto modo di trascorrere una settimana alle Galapagos circondata dalle creature più incredibili e da tantissima bellezza, per un costo minimo. Perfetto! ;-)



Se chiudi gli occhi, qual'è il posto più bello che ti viene in mente e che hai incontrato durante i tuoi viaggi? E la strada più bella sulla quale hai mai viaggiato?

La cima delle montagne Machu Picchu.. sono davvero maestose ed accattivanti. La maggior parte delle strade più belle sono quelle in Islanda. Strade di sabbia nera con muschio verde brillante e il ghiacciaio blu e bianco con la neve tutto intorno. Bellissimi colori contrastanti, come non ne ho mai visti altrove.

Qual è secondo te l'aspetto più bello di guardare e scoprire il mondo dietro la visiera? 

Io non sono sicura del perché sia diverso di vedere il mondo da dietro la visiera invece che da dietro il finestrino della macchina, ma è così. La parte più bella è la libertà e l'esperienza selvaggia che solo la strada aperta ti sa dare. Non si può paragonare alla sensazione che si ha stando seduti in una macchina. Per me ci si sente più autentici e reali, come se si fosse realmente un "esploratore", pronto a scoprire il mondo con gli occhi spalancati, tutti gli odori, e tutti i momenti. Mentre in una macchina, non riesco ad avere questa sensazione.



Cri

_______________________________________________________________________

INTERVISTA A MIRIAM ORLANDI, LA DONNA CHE HA PERCORSO 52000 KM IN SOLITARIA DALL'ARGENTINA ALL'ALASKA. 

Dottoressa osteopata e fisioterapista, Miriam, dal 10 Ottobre 2008 inizia un viaggio incredibile, in 10 mesi attraverserà le Americhe da Buenos Aires all’Alaska, 36.000 Km in sella alla sua BMW R1000 GS del 1992 offrendo cure gratuite ai bambini orfani ospitati nei centri delle Suore Dorotee, delle Suore Benedettine della provvidenza e dai Frati dell’Abbazzia di Chiaravalle. La Cry l'ha intervistata per voi.



- Miriam, qual'è stata la scintilla che ha fatto accendere in te la decisione di affrontare un viaggio così importante ed impegnativo?

Non c'è stata una scintilla ..se non la consapevolezza che il tempo scorre ..ed avevo ed ho il bisogno di realizzare i miei sogni.

- Com'è stato per te vedere il mondo per 23 mesi da dietro una visiera?

La conferma che è meglio visto da dietro una visiera che da dinnanzi ad uno schermo tv .. che il mondo è meravigliosamente bello.


- Se chiudi gli occhi, qual'è il luogo più bello che hai incontrato lungo il tuo percorso che ti torna in mente?

La strada polverosa, circondata da deserto ..e poi da montagne .. poi serpeggiante attorno ad un lago ..e poi persa nel fitto di un bosco .. bhe ..non c'è un luogo ..anzi si .. l'intero pianeta!

- E l'incontro più bello, che più ti ha arricchita?

Gli indios, la gente con cui non potevo nemmeno parlare una lingua comune ..ma comunicavo a gesti: il desiderio di conoscersi era immenso.



- Ci sono stati invece momenti difficili durante i quali hai pensato di abbandonare la tua impresa?

Non l'ho mai vissuta come un'impresa ...ma si .. quando ho perso delle persone care in Italia ..li ho pensato di tornare.

- Ha mai pesato per te il fatto di viaggiare in solitaria?

No..non lo vivevo come un peso, a volte una limitazione ..quando magari avrei desiderato infilarmi in qualche stradina laterale, ma consapevole del peso della mia cocca ho dovuto limitarmi.



- Com'è vista, nei luoghi che hai visitato, una donna che viaggia in moto da sola?

Ho incontrato sempre molta stima e rispetto.

- Consiglieresti un viaggio di questo tipo alle altre donne che volessero cimentarsi in qualcosa di simile?

Qualsiasi viaggio è un buon viaggio, anche perchè ognuno di noi lo trasforma nella propria esperienza.

- Questo viaggio ti ha cambiata? In cosa?

Non sono più una disadattata sociale, e se lo sono , in realtà ormai mi sono adattata a me stessa.


- Durante le tappe che facevi, dedicavi del tempo alla visita dei luoghi che incontravi o eri più dedita a "macinare Km" con la tua moto?

Ho percorso 52.000 km in 23 mesi (circa 690 giorni) quindi una media di 75 km al giorno .. .. secondo te?

- Progetti di viaggio futuri?

Ho sempre voglia di fare un giro!!!

- "Io parto" è il titolo del tuo libro. Oltre a questo, cosa altro rappresenta per te? Un motto, uno stile di vita?

Quel che sono ... prendo una decisione e la porto fino in fondo ... io prendo ed io parto ... io faccio .. io SONO



Cri

___________________________________________________________________

UN VIAGGIO IN HARLEY CHE CAMBIA LA VITA: LA STORIA DI FRANCO ED ANDREA.

Un'Harley Davidson rossa. Le strade dritte ed interminabili che si perdono nell'orizzonte infinito che fa da sfondo alla Route 66. Un padre ed un figlio a bordo, capelli lunghi spettinati dal vento e grandi, grandissimi sorrisi. Potrebbe sembrare un fotogramma tratto da un viaggio qualsiasi, che alcuni hanno già intrapreso nella propria vita. Ma questo viaggio, tanto qualunque non lo è stato. Questo padre, Franco Antonello, ha deciso di portare con sè in questa esperienza suo figlio Andrea, un bel ragazzo diciottenne affetto da autismo. Un viaggio nato come una fuga dal grande stress e dagli schemi quotidiani dettati dalla malattia, che si è trasformata strada facendo in una scommessa, vinta giorno dopo giorno, avventura dopo avventura, che li ha portati a viaggiare lungo tutte le americhe.
Ho intervistato Franco per scoprire qualcosa di più a proposito di questa grandissima esperienza vissuta nel 2010, una bellissima cavalcata in sella ad una moto, da Miami fino a Los Angeles, 123 giorni di vita vissuta on the road, e proseguita successivamente verso centro e sud America, su di un'auto presa a noleggio. Scopriamo attraverso le sue parole, com'è stato vivere questa esperienza, durante la quale lui ed Andrea hanno visto il mondo dietro la visiera. E molto altro.

Franco ed Andrea

Franco, a quando risale il tuo primo approccio con una moto?

Il primo approccio con un motorino l'ho avuto a 12 anni, con un Ciao, poi sono passato ad uno Scarabeo Aprilia 50 con cui facevo cross; successivamente ho avuto una Vespa che mi ha accompagnato per una decina d'anni e poi ho preso un Yamaha Tenerè 600 con il quale però ho fatto un brutto incidente che mi ha tenuto lontano dalle due ruote per diversi anni, fino a che un giorno sono entrato in un locale dove ho visto esposta un'Harley Davidson V Road, sono rimasto folgorato e la mattina dopo l'ho comprata. Da quel momento non mi sono più staccato da questo mondo ed attualmente ho due Harley Davidson.

Com'è maturata in te l'idea di affrontare con Andrea un viaggio in moto così importante?

Il viaggio con Andrea, contrariamente da quel che tanti pensano, è stata una fuga. Una fuga perchè quando
si ha un ragazzo in famiglia con il problema dell'autismo è un terremoto devastante, quindi la prima cosa che ho pensato di fare per liberare un po' la mamma ed il fratello di Andrea è stata quella di prendere mio figlio e di andare via, lontano da casa per tre mesi. Mi son chiesto: cosa faccio in questi tre mesi? Dove vado? Beh la risposta è stata semplice. Faccio la cosa più bella che esista al mondo: il coast to coast in Harley Davidson, Miami - Los Angeles! D'altronde avevamo in casa questa situazione grave, negativa, pesante e non sapevamo più come gestirla; allora mi son detto, perchè non affiancare alla cosa peggiore del mondo, la cosa più bella del mondo? Il mix che ne è scaturito è stato straordinario.
Siamo partiti senza sapere se saremmo stati via tre giorni, una settimana, un mese.. ed alla fine siamo tornati tre mesi dopo!

Quindi, in previsione di un'eventuale coast to coast da affrontare, hai preparato Andrea per vivere un viaggio di lungo chilometraggio o quell'Harley rossa ha rappresentato la sua prima volta?

Andrea è sempre venuto in moto con me da quando l'ho ripresa dopo quel famoso
incidente, quindi sapevo che lui non avrebbe avuto problemi nello stare sulla moto, in quanto al resto, volutamente non ho preparato niente, proprio perchè potevo pensare che anche dopo un giorno sarei potuto tornare a casa. Dall'Italia ho prenotato solo un hotel a Miami per una notte ed ho noleggiato l'Harley, il resto è stata tutta una meravigliosa sorpresa, arrivata giorno dopo giorno.

Cosa ha simboleggiato per te "la moto" in questa avventura? Il mezzo che vi avrebbe aiutato a rompere gli schemi imposti da questa malattia? A raggiungere una sorta di libertà?

Userei le parole di Andrea: "mi sentivo un uccello in volo". E questa è la stessa sensazione che ho avuto io. Ed insieme abbiamo volato praticamente sopra tutte le Americhe.

E quindi Andrea credi che abbia vissuto il suo "mondo dietro la visiera" proprio con queste parole che mi hai citato?

Si, assolutamente, ed è una sensazione della quale ancora parla
(Andrea comunica scrivendo attraverso un computer, NDR), e che ha anche raccontato nel suo libro "Baci a tutti". Ormai c'è un Andrea "prima del viaggio", ed un Andrea "dopo il viaggio". Non faceva altro che comunicare delle belle cose vissute nella nostra avventura.

Quindi questo viaggio ha cambiato Andrea.

Si, completamente, quando siamo tornati indietro era un altro Andrea. Prima era un ragazzo che probabilmente vedeva la sua vita come un "non posso fare niente", la sua vita era andare al centro e giocare con i colori, credo sentisse forte il fatto di non poter fare quel che facevano gli altri ragazzi. Poi di colpo si è trovato sopra di una moto a percorrere 22.000 Km, ad attraversare 17 paesi, in mezzo a sciamani, indiani, a persone di ogni razza ed etnìa, a sentir parlare in tre lingue diverse (perchè abbiamo parlato inglese, spagnolo e portoghese), quindi secondo me lui è tornato indietro con la consapevolezza che se vuole, questa partita se la può giocare anche lui. E questo gli ha cambiato la stima e la fiducia in
sè stesso e da lì sono iniziati tutti i suoi progressi. Andrea era un ragazzo ingestibile, adesso viene a lavorare con me. 

Quindi è un'esperienza che ti sentiresti di consigliare a chi ha un familiare autistico?

Io la proporrei come esperienza obbligatoria, ma purtroppo non per tutti è possibile, prima di tutto per una questione fisica, alcuni ragazzi non possono fare delle cose del genere a causa della loro malattia, e secondo per una questione economica. Però consiglierei come esperienza obbligatoria quella di prendere questi ragazzi, tirarli fuori dalla bruttura dove li stiamo tenendo. Tieni presente che Andrea ha girato il mondo mentre chissà quanti altri sono chiusi dentro una stanza, come possono migliorare in questo modo? Quindi il viaggio in moto è stato
un simbolo, poi è diventato un libro (Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas, NDR), adesso diventerà un film (il grande regista Gabriele Salvatores inizierà le riprese nel 2017, NDR). Ma quel che dico io è: prendiamoli questi ragazzi, portiamoli fuori! Almeno un giorno al mese prendiamoli e portiamoli a fare una passeggiata al parco! Gli cambiamo la vita. Andrea è completamente trasformato. 

Quindi tu concordi nel dire che il viaggio può essere una forma di terapia.

Il viaggio è una grande terapia. Solo chi non può permettersi di farlo, purtroppo, può non capire. Siamo abituati a fare viaggi di una settimana, di quindici giorni, io invece credo che dopo le tre settimane, dopo il mese, inizi un altro tipo di viaggio, un viaggio di tipo interiore. Io ed Andrea abbiamo fatto questa estate il cammino di Santiago, in due mesi, sempre camminando con lo zaino sulle spalle e anche questo è un viaggio che paragonerei a quello fatto in moto. 

Quale sarà il vostro prossimo viaggio insieme, hai dei progetti in mente?

Ho due progetti in mente ma sono ancora delle idee. Il primo sarebbe
quello di percorrere sempre in moto tutta l'Australia, compresa anche la parte più arida e più impenetrabile, l'altro sarebbe un giro partendo da casa (Castelfranco Veneto NDR) e percorrere tutto l'est Europa arrivando sino in Grecia e Turchia, risalire percorrendo Estonia, Lituania, fino ad arrivare nei paesi nordici della penisola scandinava, ridiscendere attraverso Danimarca, Olanda, Francia, Spagna fino ad arrivare in Africa e ritornare in Italia attraverso lo stretto di Gibilterra. Ma sono ancora dei progetti, dei sogni, si vedrà.

Mi vuoi parlare dell'associazione "I bambini delle fate"?

Si, premettendo che il sociale che esiste tutt'oggi in Italia è a livelli preistorici e si può riassumere in due sole parole: elemosina e carità. I volontari per fortuna esistono, ma arrivano
fin dove possono. Le donazioni un anno ci sono, l'anno successivo chi lo sa. Io, che sono un imprenditore, ho portato gli stessi meccanismi che esistono in un'impresa nel mondo del sociale. Per cui ho creato un'associazione dove non esistono volontari, non esistono donazioni, ma esistono manager, persone che prendono uno stipendio, budget, risultati ed obiettivi.  Non accettiamo donazioni ma facciamo dei veri e propri contratti che si rinnovano di anno e ad oggi sono 700 le aziende che ci sostengono in questo modo. La stessa cosa la facciamo con più di 2500 privati. Grazie a questo stiamo finanziando con importi molto importanti delle realtà. Stiamo distribuendo infatti più di 100.000 euro all'anno ad ognuna delle 50 associazioni che stiamo seguendo. I bambini delle fate vuole essere un'associazione ben organizzata, preparata, che guarda avanti, che si occupa di questi ragazzi. Mentre in Italia solitamente le varie realtà dipendono purtroppo da un volontario, sperando che questo arrivi, e da soldi che ormai non arrivano più da nessuna parte, nè da stato, nè da regione, nè dai comuni. Da nessuno.

Per chi volesse approfondire questo tema, il sito ufficiale dell'associazione I bambini delle fate lo trovate a questo link: I bambini delle fate mentre nella pagina Facebook chiamata "Franco e Andrea" potete seguire la parte più divertente, ironica e ludica di questa attività.



Grazie Franco, di averci fatti entrare nella vostra bella realtà e di averci fatto intravedere il vostro mondo..dietro la visiera.


Cri

_________________________________________________________________________

IN MOTO DA FOGGIA ALLA GUINEA BISSAU PER UN SORRISO!

Si fanno chiamare "Bikers for life - in moto per un sorriso".
Ed il sorriso è quello che questi motociclisti cercano di donare a chi è meno fortunato di loro, durante i loro viaggi.
Il logo del loro gruppo non a caso è raffigurato da un disegno dell’Africa come palmo di una mano, da cui partono dita protese verso il nostro mondo; e poi la figura di un motociclista, insieme al motto Bikers for Life: basta solo uno sguardo al logo per capire quanto forte sia l’impegno e l’attenzione verso il continente africano. In questo articolo vi parlerò in particolar modo del loro progetto svolto durante il 2014, il "Progetto Guinea Bissau",
ossia un viaggio da Foggia a Livorno, con conseguente sbarco a Tangeri in Marocco, attraverso Marrakech, Bojodou, Dajla, nel deserto del Sahara. Cinquemila chilometri attraverso Mauritania e Senegal sino alla Guinea Bissau, con lo scopo di portare di persona alle popolazioni di quei territori i fondi raccolti per la costruzione di un asilo all’interno della casa di accoglienza Bambaran. «L’idea è nata per caso – racconta Giulio Loporchio, anima del progetto -: alcuni amici, rientrati dalla Guinea Bissau, ci hanno mostrato delle fotografie dell’orfanotrofio di Bambaran.
I volti di quei bambini, la loro realtà così distante dal nostro frenetico quotidiano hanno suscitato in noi il pensiero di unire la passione per i viaggi in moto alla solidarietà. Abbiamo così immaginato un viaggio con tanti chilometri, capace di aprire una strada e portare una speranza, sostenendo quell'orfanotrofio».
Uno sforzo durato qualche mese, che ha raggiunto l’obiettivo prefissato di 15.000 euro grazie al coinvolgimento della community BMW, sostenuto dai gruppi del Meridione: infatti ai quattro foggiani (Giulio Loporchio, Paolo Ranieri, Giannicola Caione e Cristian D’Emilio) si aggiunge il salernitano Mario De Luca; insieme hanno viaggiato verso l’Africa su quattro BMW ed una Ducati Multistrada. 
Dopo il trasferimento in nave dall'Italia hanno percorso così circa 5.000 km per raggiungere in tre settimane Bambaran dove i caparbi motociclisti hanno portato a termine con successo il loro obiettivo ossia quello di portare in maniera diretta, i fondi raccolti per la costruzione dell’asilo all'interno della casa di accoglienza e con esso sicuramente tanti, tanti sorrisi.
 Al ritorno raccontano infatti che è stata per loro una grandissima esperienza e che sono soddisfatti di quanto sono riusciti a fare durante questa missione.
„“Uno dei medici che svolge la sua attività di volontariato in quei luoghi - sottolinea Cristian - ci ha raccontato alcune delle storie di quei bambini. Molti sono disabili, abbandonati dalle famiglie proprio per le loro patologie. Altri hanno perso entrambi i genitori o sono stati recuperati per strada dagli stessi volontari, che li hanno sottratti a un triste destino. Questo ha reso la nostra missione ancora più forte. Sono stati pochi giorni ma intensi, ricchi di emozioni”.“
L'avventura dei "Bikers for life" continua con numerosi altri nuovi progetti, se ne volete sapere di più, ecco il link al loro sito ufficiale: Bikers For Life.
.. perchè, come amano dire questo gruppo di amici centauri: «Nel corpo di un motociclista, non scorre sangue, ma solidarietà».



Cri

________________________________________________________________________

CHANTAL COURNOYER E LA TRAVERSATA DELLE TRE AMERICHE.  

Chantal studiò per diventare una cuoca e lavorò per quindici anni in grandi cucine industriali. Dopo di che, passò a lavorare per dieci anni nel settore motociclistico. 
Il suo primo ricordo a proposito di moto risale a quando da studentessa si trovava in Svizzera. Stava facendo uno stage presso una scuola di cucina e conobbe la fidanzata di un suo amico svizzero che guidava una moto sportiva e si ricorda di essere stata molto colpita dal vedere una donna che si destreggiava nella guida di un bolide a due ruote. 
Cinque anni dopo comprò la sua prima moto, una Harley-Davidson Sportster che guidò per dieci anni. Poi passò ad un Harley grand touring e un anno dopo iniziò a lavorare per il più grande concessionario Harley e BMW in Quebec. Ebbe l'occasione di essere a Milwaukee per il 100 ° anniversario di Harley-Davidson e fu per lei qualcosa di enorme il fatto di essere testimone di un evento del genere. L'amicizia e l'atmosfera che si respiravano nell'aria erano incredibili, ricorda Chantal.
Dopodichè passò a guidare diverse altre moto - una Yamaha FJR1300 ed un 1200 GS al quale ha fatto fare 175.000 Km, forse questa la sua preferita. 
L'idea di base di partire per un viaggio lungo le Americhe le venne dopo aver visto Long Way Round (una serie televisiva inglese, riportata anche in DVD e da cui è stato anche ricavato un libro, che parla di un viaggio di circa 31.000 km fatto dall'attore Ewan McGregor, dall'amico Charley Boorman e dal cameraman Claudio Von Planta da Londra a New York su tre maxi-enduro BMW, NDR); prima di ciò non immaginava che fosse possibile fare un viaggio del genere. Si rese così conto che questo era ciò che voleva fare. Così iniziò a sognare e dire a tutti che un giorno avrebbe lasciato tutto per fare questo viaggio, da sola o no. Pochi anni dopo, incontrò il suo attuale ragazzo, un pilota enduro.
Quando gli parlò dei suoi piani, lui subito si mostrò disposto ad unirsi a lei. Il giorno dopo, Chantal si licenziò. Dal momento che stava lavorando per un concessionario BMW ed il suo capo era stato anche un pilota, ha capito cosa l'avesse spinta a fare quella scelta così drastica.
Ci vollero circa cinque mesi per preparare il viaggio. Decisero di attraversare le Americhe - Nord, Centro e Sud. Lei su una 1200GS e il suo ragazzo su un 1200GSA. Partirono il ​​3 luglio 2012. Quel giorno Chantal era felice e triste allo stesso tempo. Ma alla fine partire fu per lei una sensazione incredibile, stava realizzando finalmente il suo sogno, accarezzato e coltivato per così tanti anni. 
Partirono così da Vaudreuil-Dorion, una città a 40 km a ovest di Montreal, diretti a nord fino in Canada verso la Yukon, poi a Inuvik, la città più settentrionale del Canada. Si diressero poi verso l'Alaska e successivamente verso sud lungo la costa occidentale degli Stati Uniti, entrando in Messico attraverso San Diego, Baja California, per poi visitare il Centro America.
A Panama, imbarcarono le moto su una barca a vela per Cartagena, Colombia.
Il loro viaggio continuò poi attraverso l'Ecuador, Perù, Cile, Bolivia e poi in Argentina. Arrivando a Ushuaia - la meta del loro viaggio pianse come una bambina.
Un aneddoto divertente che Chantal ricorda di questo viaggio risale a quando lei ed il suo ragazzo erano accampati in Alaska prima di dirigersi a nord verso Inuvik sulla Dempster Highway, tracciato di ben 736 km di strada sterrata. Era mattina presto e Jean la svegliò e disse: - "Chantal, penso che ci siano alcuni orsi intorno alla tenda."
Sentivano che c'era qualcosa/qualcuno che annusava la tenda e che camminava intorno a loro. Intanto le scappava fortissimo la pipì, ma aveva paura di andare fuori. Sono rimasti per un tempo infinito con il fiato sospeso all'interno della tenda e senza muoversi. Infine, hanno sentito i passi che si allontanavano così Jean guardò fuori dalla tenda: erano solo due cani che vagavano nel campeggio. Fu così che finalmente lei potè uscire dalla tenda e corse per andare in bagno più veloce poteva!
La parte che preferì del suo viaggio fu incontrare e confondersi con la gente locale e conoscere i loro usi e le differenti culture. 
Un altro grandissimo viaggio fatto da un'intrepida donna, all'insegna del "volere è potere"!


Cri



____________________________________________________________________

LAIA SANZ, LA STELLA DELLA DAKAR.

Laia ha iniziato molto presto ad andare in moto, quando aveva solo 2 anni. A quell'età suo padre la portava sopra il serbatoio della sua moto e lei poi cavalcava la sella di una bicicletta cercando di imitarlo. 


A casa tutti avevano qualcosa a che fare con le due ruote, ed anche suo fratello Joan non poteva essere da meno: da piccolo aveva una Cota 25, una moto per i bambini, ed un giorno, mentre si riposava, la prese senza che nessuno se ne accorgesse: aveva solo 4 anni ed era già chiaro ciò che le piaceva.

Imparò ad andare in moto velocemente e nel 1992 fece la sua prima gara approfittando di una prova del Campionato Catalunya bambini nel suo villaggio, Corbera de Llobregat. Sua madre la incoraggiò a partecipare; arrivò ottava ed ultima, ma fu molto felice e desiderosa di tornare a ripetere quell'esperienza. 


L'anno successivo fece fatto tutto il campionato, ma la prima vittoria nelle categorie maschili non sarebbe arrivata fino al 1997. Nello stesso anno partecipò alla sua prima prova femminile contro ragazze di tutto il mondo, un'esperienza che da lì in poi si sarebbe ripetuta più volte.

Anno dopo anno, diventò sempre più brava nelle gare  femminili e nel 1998 diventò la prima campionessa europea (non ufficiale). E 'stato in questo momento che, essendo l'unica ragazza nel campionato di Spagna, cominciò a prendere forma l'idea di fare di questo sport una professione. 


Nel 2000 visse una delle sue migliori stagioni: contro ogni previsione, vinse il campionato spagnolo nella categoria cadetta maschile. Anche in questo caso era l'unica ragazza e dato che tutti i partecipanti avevano già vinto titoli mondiali più prestigiosi, questo fu uno dei trionfi che le diede più soddisfazione.

Sempre nel 2000 corse nel campionato del mondo e nel campionato europeo femminile, dove arrivò rispettivamente prima e seconda. Nel 2001 riuscì a ripetere il risultato, ma nel tra il 2002 e il 2006 ottenne un quarto, quinto e sesto posto nel mondo juniores maschile. 


 A 24 anni aveva già vinto 10 titoli mondiali, 9 europei e 4 vittorie per le squadre Trial nazionali. A quell'età fece il suo debutto nel mondo dell'enduro femminile dove non aveva sino ad allora quasi nessuna esperienza ed arrivò terza. Questo fu uno dei requisiti che le permise di preparare la Dakar, il suo sogno d'infanzia che diventò realtà nel 2011 e non solo partecipò, ma vinse il Trofeo femminile e si posizionò 39 ° nella classifica generale assoluta.

Nella quarta tappa della Dakar 2016 Laia Sanz è stata autrice di un gesto da vera campionessa che non tutti,
al suo posto, avrebbero compiuto. La spagnola, infatti, sebbene stesse correndo un tratto cronometrato spettacolare, tra l'undicesimo e il quattordicesimo posto, non ha avuto dubbi sul da farsi quando, all'altezza del chilometro 402, si è trovata davanti il pilota Pela Renet (Husqvarna) vittima di un incidente. Laia ha sacrificato il risultato della sua tappa ed è rimasta al suo fianco fino all'arrivo dei soccorsi: “Mi sono spaventata molto quando ho visto Pela inerme. Non era cosciente e subito ho pensato al peggio.
Non reagiva e ce n'è voluto di tempo perché riprendesse conoscenza. Ho provato ad avvisare l'organizzazione ma non riuscivo, dopo vari tentativi ho chiamato il mio capo del team Alex Doringer con il mio telefono, affinché avvisasse e da lì a poco è poi arrivato l'elicottero medico, ma in tutto questo era già passata mezz'ora”. Successivamente l'organizzazione ha comunicato che il francese aveva un trauma cranico oltre ad alcune lesioni e non era in gravi condizioni. La Sanz ha continuato: “All'inizio della tappa Pela mi ha superata e mi è andata bene perché l'ho seguito, questo mi ha permesso di essere più veloce. Ho superato David Casteu e Ivan Cervantes,
ed ero sempre a un minuto o mezzo minuto da Pela, fino a quando non l'ho trovato steso per terra. Quando ho ripreso la mia gara sono stata più lenta, perché quando trovi un incidente di questo tipo rimani un po' provata”. 

La 37esima edizione della Dakar si concluse con un ottimo risultato per lei: prima tra le donne e nona nella classifica assoluta, la migliore donna motociclista di sempre in questa massacrante gara. 

E da qui in poi, siamo curiosi di vedere come e quanto si amplierà il palmares di questa grande donna che non ha di certo paura di sporcarsi di fango!!


Cri

_________________________________________________________________________

MELUSINE MALLENDER ED I SUOI VIAGGI, MIX TRA GRANDE AVVENTURA E FINE SOCIALE.

Viaggiatrice esperta, Mélusine Mallender con i suoi raid ha sempre cercato di coniugare l'avventura con il fine sociale. 


Nel suo ultimo viaggio, il filo conduttore è stato quello inerente la libertà nei paesi attraversati. 

Ma in un precedente viaggio fatto in paesi musulmani, il tema era stato l'uguaglianza dei diritti fra uomo e donna. Allora guidò per 25.000 km attraverso 19 paesi, con il suo compagno, l'esploratore Christian Clot, che dovette raggiungerla alla frontiera con l'Iran per mettersi alla guida della moto, perché in quel paese le donne non possono guidare.

La sua passione per i viaggi viene da lontano. Iniziò a cavalcare una due ruote appena diventò maggiorenne, con una Honda Varadero 125 con la quale fece il giro della Francia. Poi alcuni viaggi fece alcuni viaggi durante i quali lavorò come volontaria: 2 mesi in Togo per insegnare inglese, 2 mesi in Thailandia. Quindi Vietnam e Cambogia. E un'avventura di 6 mesi in Patagonia, a piedi ed in kayak insieme a Clot, sulle tracce di antiche tribù scomparse.

Il suo vero interesse però era la moto. Nel 2010 attraversò l'Asia Centrale, da Parigi a Vladivostok, in sella alla sua Varadero 125, che al momento della partenza aveva già 110.000 km. Dorme in tenda o presso famiglie che la ospitano, e a fine avventura il budget impegnato sarà di soli 5000 euro! 


È in questa occasione che girò il suo primo documentario: "un giorno, bisogna partire...". Poi, l'anno dopo, il già citato viaggio "Le strade persiane", che la porta fino in Kirghizistan su una Varadero 800. E qui nacque il secondo documentario. 

Il primo viaggio in solitaria lo fece proprio in sella alla Varadero (alla faccia di chi le diceva che la 125 non sarebbe stata adatta a grandi viaggi), partendo da Parigi. Destinazione? Tokio. 


A questo viaggio ne sono succeduti diversi altri, l'ultimo dei quali "I grandi laghi d'Africa", un viaggio attraverso zone tanto splendide a livello di scenari naturali e paesaggistici, tanto difficili per quanto riguarda la situazione sociale e politica. 

La sua Varadero 125 è per lei "ben più che un semplice mezzo, questa moto rappresenta l'idea semplice che posso partire quando voglio, andare dove mi piace, vivere una indipendenza che si traduce in una semplice parola: libertà".

"Difendo l'idea che ogni persona deve avere accesso alla libertà, sia di agire che d'espressione. Intendo il mio viaggio come un'ode alla libertà rappresentata da una donna sola in viaggio con una moto".

Per ulteriori informazioni, foto e documenti sui grandi viaggi effettuati da questa donna, vi rimando al suo sito internet www.melusinemallender.fr (in francese NDR).


Cri

_________________________________________________________________________

SHERRI JO WILKINS ED IL SUO GIRO INTORNO AL MONDO CON IL "BECAUSE I CAN" TOUR! UN MOTTO, UN CREDO, UNO STILE DI VITA!

Nata ad Indianapolis, nel Midwest degli Stati Uniti, Sherri Jo è da sempre vissuta in periferia; dopo aver frequentato il college ha cominciato lavorare per la sua azienda di famiglia. Ma durante tutta la sua vita l'ha accompagnata sempre un forte desiderio di avventura che non sarebbe mai andato via. 
Sherri avrebbe da sempre voluto viaggiare per il mondo e voleva ad ogni costo trovare un modo per poterlo fare. Ha sempre creduto fortemente nel destino. Fu così che quando meno se lo sarebbe aspettato, il fato le offrì la prima opportunità di realizzare in parte questo sogno, facendole incontrare un uomo che le chiese di unirsi a lui, a bordo di uno yatch, con l'obiettivo di salpare verso le isole del Pacifico, per un periodo non specificato di tempo.
Così Sherri mise in vendita la sua casa in Indiana e con grande stupore della sua famiglia fece le valigie e fu così che iniziò la sua nuova enorme avventura da viaggiatrice. Questa decisione fatidica la portò in un viaggio intorno alle isole con una troupe cinematografica per girare un documentario ed ebbe così l'occasione di vivere quella che in molti definirebbero "il sogno di una vita".
In questo periodo si innamorò dell'Australia, in particolare delle zone del sud, e così decise di andare a vivere lì e di diventare cittadina australiana. Dopo questa lunga avventura per mari ed oceani, Sherri Jo riprese col godersi la vita personale ed i frutti del suo lavoro, quando presto tornò a chiedersi se il tran tran di ogni giorno, la solita routine insomma, fosse tutto quello che c'era da vivere o se fosse possibile per lei spingersi oltre. Dopo diversi mesi di ricerche per provare ad avviare una nuova attività, ebbe una felice intuizione: dimenticò presto le idee di business e pensò "perché non girare tutto il mondo alla guida di una moto?" Notare che Sherri ai tempi non possedeva nemmeno una moto! Piccoli dettagli. Così, nel 2010, il "because I can World Tour" prese vita. Questa grande avventura ha portato Sherri Jo in un tour in solitaria attraverso 49 paesi, 138.000 km per una durata di 3 anni e mezzo, su di una KTM 1190 Adventure R. 
Perchè cimentarsi nel viaggiare il mondo da sola su una moto?
Bene, la sua risposta a questa domanda è sempre stata: "perchè io posso"! (because I can, nome del suo tour  NDR).
Ogni volta che nella sua vita è stato il momento di voltare pagina è scattata in lei la grande voglia di cimentarsi in una nuova impresa e da lì il pensiero di come avrebbe potuto abbinare la sua passione per i viaggi con una grande nuova avventura, che sarebbe poi combaciata con un nuovo scopo di vita. 
Quando viveva negli Stati Uniti aveva posseduto e guidato una Harley per un paio di anni, ha lavorato come copilota di aerei leggeri, poi il viaggio sullo yacht badando a schivare i pirati attraverso le isole del Pacifico - sicuramente il giro del mondo su di una moto è stato per lei il successivo passo logico da fare, avrà pensato questa intraprendente donna.
Le sfide sul piatto sono state grandi: quale moto scegliere, dover pianificare i visti necessari da ottenere, oltre che scegliere e prenotare il trasporto per sè stessa, oltre che per la moto; tutte queste pratiche burocratiche l'hanno impegnata per moltissime ore sin da prima della partenza. Tuttavia, fa anche questo parte dell'avventura e sicuramente ne sarà valsa la pena. E ne è valsa davvero la pena visto che questa donna è tornata da questo viaggio arricchita, soprattutto nell'animo, come lei ama dire, e forte del suo motto "che lei può", ora più che mai, dopo aver testato le sue capacità, la sua resistenza, fisica ed emotiva, e le sue doti di centaura/avventuriera!! 
La prossima sfida che Sherri Jo sta per intraprendere è il "because I can Australia" tour, in quanto ora ha una nuova moto, una Triumph Tiger 800 XC, e dice di aver voglia di esplorare per bene il proprio paese d'adozione, del paese che l'ha fatta innamorare perdutamente di sè, questo è il suo prossimo obiettivo, il suo prossimo scopo di vita.

Una storia per chi come me la pensa "chi si ferma, è perduto!".

Per chi volesse leggere di più a proposito di questi tre anni pazzeschi in giro per il mondo, questo è il link al suo blog personale http://sherrijosbecauseicanworldtour.blogspot.it/.


Cri

___________________________________________________________________________


MIRIAM ORLANDI DUE ANNI IN MOTO LUNGO LE AMERICHE PER RISCOPRIRE SE STESSA E IL SENSO DELLA VITA.

Un viaggio durato due anni, stracolmo di avventure, belle e brutte, all'insegna del motto: «Io parto». E così ha fatto Miriam Orlandi, osteopata 38enne di Torbole che l'11 ottobre del 2008 è partita dalla sua cittadina natale per affrontare «il grande viaggio con me stessa in sella alla mia Cocca». La «Cocca» è una Bmw R 100 Gs serbatoio Parigi-Dakar che Miriam ha voluto «umanizzare», da vera compagna di viaggio. Brescia - America Latina e ritorno.
Da dove è nata in questa donna tutta questa voglia di affrontare un viaggio così lungo ed impegnativo?
Dice di essersi resa conto che, dopo dieci anni di lavoro sistemando le ossa e la vita degli altri, aveva bisogno di dedicare un po' di tempo a sè stessa. Il sogno di visitare l'America del Sud la accompagnava sin da piccola, così senza starci tanto a pensare è partita.
Dopo aver cercato uno spedizioniere che traghettasse la Cocca al di là dell'Atlantico, a Buenos Aires, Miriam ha fatto i bagagli ed è partita. Grazie al passa parola di amici e parenti, molte ditte bresciane si sono offerte di regalarle abbigliamento e accessori da viaggio. A quel punto non restava che acquistare un volo di sola andata e iniziare l'avventura. 
Dopo dieci giorni trascorsi in Argentina è partita alla volta dell'Uruguay dove ad attenderla c'erano le suore Benedettine di Cemmo che per una settimana  l'hanno ospitata in cambio di qualche ora di lavoro all'interno del loro piccolo ambulatorio medico. Da lì, la discesa verso il Brasile e le cascate di Iguazù. Dopo pochi giorni ripartite per l'Argentina, in direzione della penisola Valdez dove ha ammirato la riproduzione delle balene e lo svezzamento dei loro cuccioli.
LÌ Miriam incontra Miguel, un viaggiatore argentino, e Beto Bubas, l'uomo che sussurava alle orche selvatiche, da cui impara «che la potenza fisica può racchiudere una grande dolcezza d'animo». Il tempo di ricaricare il «karma»
e Miriam è di nuovo in sella alla Cocca per scendere verso sud, in direzione Usuaia, nella Terra del fuoco ricoperta di neve, dove festeggia il Natale in compagnia di un gruppo di viaggiatori tedeschi. Giusto il tempo di raccogliere le proprie cose e il giorno dopo, il 26 dicembre, Miriam riparte alla volta di Rio Gallego per incontrare una coppia di amici di Singapore che aveva conosciuto un mese prima a Porto Madryn. Un giorno di sosta e via verso il Cile, dove per tre giorni ha alloggiato nel giardino di Andres, un viaggiatore argentino. 
Poi lo zig zag tra Cile e Argentina per giungere a Santiago del Cile dove Miriam alloggia per una settimana a casa di Carla, una vecchia compagna di facoltà che si è trasferita lì da cinque anni. Ma Miriam ha sete d'avventura e in sella alla Cocca decide di attraversare le Ande e il loro paesaggio surreale, fatto di miniere abbandonate ed edifici decadenti per raggiungere Mendoza. Lì conosce Camilla, una 70enne di Parma che si è trasferita lì quattro anni prima per sfuggire al caro vita italiano che l'aveva messa in ginocchio. Dopo 15 giorni di «calore italiano» la motociclista bresciana decide di ripartire alla volta di Lima. Da lì il ritorno in Cile per giungere in Bolivia.
L'altitudine, 4000 metri, inizia a crearle qualche problema fisico e dopo aver attraversato quattro fiumi, la Cocca la abbandona per un guasto agli ammortizzatori che le costa una sosta forzata di tre mesi in Bolivia, in attesa del pezzo di ricambio dalla Germania. Qui le prime difficoltà nel trovare alloggio e alimentari. Ma la provvidenza, terza compagnia del suo viaggio, le fa conoscere Johnny, un medico boliviano che la ospita nella sua reggia e le offre una stanza con tanto di vasca Jacuzzi!

Ad aprile, Miriam riesce a ripartire e raggiunge il Perù. L'ospitalità degli indios di Vilcabamba, le missioni Mato Grosso e gli abiti sgargianti dei peruviani le ridanno la carica per continuare il viaggio. Per racimolare il soldi necessari a riparare la moto lavora in un hotel insegnando alla cuoca la cucina italiana. Poi un altro stop in Colombia in attesa del veliero che la accompagni a Panama, dove resta per un mese a lavorare in un ostello dipingendo ante e lavando lenzuola.  
Da lì, via verso il Costa Rica, dove un nuovo guasto ferma la Cocca per tre mesi. Sistemata la moto, Miriam riparte per il Nicaragua dove incontra un bresciano che, riconosciuta la targa, la invita a trascorrere qualche giorno di vacanza insieme alla sua famiglia. Poi arrivano l'Honduras, tre giorni, El Salvador in 24 ore, Guatemala, un mese, e Messico dove Miriam lavora come volontaria per impedire il furto delle uova di tartaruga. 
Siamo al giugno 2010 quando Miriam raggiunge gli Stati Uniti. Prima tappa: San Diego. Poi Los Angeles, San Francisco e la sfida culinaria con Jean Luc, un amico francese. Dopo 21 mesi di sole e temperature tropicali, arriva nello stato di Washington dove ad aspettarla c'era l'inverno, ma non si scoraggia e prosegue per il Canada e si addentra nel suo clima gelido. Gli alberghi erano troppo cari, così decide di alloggiare in tenda, ma una volpe le ruba il cibo durante la notte e per due giorni rimane digiuna. Da lì, la tirata verso l'Alaska e il Circolo Polare Artico, dove Miriam raggiunge il luogo limite della terra, e del suo viaggio. 
Due giorni dopo Miriam e la Cocca sono di nuovo in Europa, a Monaco. Il tempo di riposare e dopo sei ore Miriam è a Torbole, a casa, dove la mamma, il papà e il fratello la accolgono con le lacrime agli occhi e le braccia spalancate. In due anni dice di essere cresciuta come persona, di aver fatto chiarezza in sè stessa e di aver definito bene ciò che vuole da ciò che non vuole. Ora dice di essere pronta per tornare alla quotidianità, per innamorarsi e magari anche per aprire uno studio indipendente di osteopatia. Quindi un'esperienza che ha fortificato questa donna, donandole chiarezza di vedute e rigenerandola. Viaggiare è anche questo e quando lo si fa facendo affidamento esclusivamente sulle proprie forze, sulle proprie capacità, arrivare al traguardo ed a ciò che ci si era prefissati dà sensazioni immense e dona la consapevolezza che al mondo non esistono limiti, se non quelli mentali e sociali che ci diamo noi stessi o che talvolta ci vengono imposti. Un "grazie" anche a quest'altra grande donna viaggiatrice dalla quale tutte noi donne (e non solo!) possiamo trarre ispirazione.



Cri

1 commento:

  1. Praticamente sono rimasto felicemente colpito da tutti questi viaggiatori...e complimenti per tutte le interviste veramente ben fatte e interessanti.

    RispondiElimina